Omelia (25-04-2004) |
don Fulvio Bertellini |
Il segreto per ricominciare Il doppio finale Dopo la scena del mandato missionario e della professione di fede di Tommaso (che abbiamo ascoltato domenica scorsa) ci aspetteremmo la conclusione del Vangelo di Giovanni. Le ultime parole del capitolo 20 suonano appunto come un classico "finale" di un libro: "Molti altri segni fece Gesù... questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome". E' dunque piuttosto sorprendente vedere come nel capitolo 21 troviamo una nuova apparizione del Risorto, e una nuova conclusione del Vangelo. E' discusso tra gli esperti se questo capitolo 21 sia un "doppio finale" consapevolmente scelto, o un'aggiunta dell'evangelista stesso, o un'aggiunta di un suo discepolo: in questo brano si parla di Pietro, e della "morte con cui avrebbe glorificato Dio", e del "discepolo amato", e delle voci che lo riguardavano ("che quel discepolo non sarebbe morto..."). E' questo l'indizio più consistente che fa pensare che il capitolo 21 sia stato scritto dopo la morte di Pietro e del "discepolo amato", per chiarire il significato della loro missione. Una storia mai finita Non ci addentreremo oltre nelle questioni affascinanti dell'origine dei Vangeli e delle loro possibili stratificazioni letterarie, e chiediamoci invece che significato viene ad avere un libro con un secondo finale. Come già abbiamo detto più volte, nessuno dei Vangeli ha una vera conclusione: tutti si aprono verso una storia successiva, una storia che continua. Gesù risorto continua a guidare la sua Chiesa, la sua Parola e la sua salvezza continuano nelle parole e nei gesti di salvezza della Chiesa. L'opera di Luca porta alle estreme conseguenze questa convinzione, scrivendo accanto al Vangelo gli Atti degli Apostoli. La tentazione dello strappo Tuttavia il legame tra Gesù e la sua Chiesa non è scontato e non è indiscusso: una tentazione o un rischio costante è di insinuare una frattura, uno stacco insormontabile tra il Risorto e la sua comunità. Che è come dire: mettere la parola "fine" al Vangelo. Nella prima comunità cristiana, una prima crisi di questo tipo fu probabilmente segnata dalla morte degli Apostoli, i primi testimoni della risurrezione, coloro che avevano seguito il Risorto. Nella storia della chiesa, a diverse riprese si è riproposto il problema della fedeltà al Vangelo nel mutare dei tempi. E lo stesso problema si manifesta oggi in molte delle nostre comunità e gruppi: la sensazione di essere arrivati al capolinea, al termine di belle esperienze individuali e comunitarie, la sensazione di aver concluso un ciclo... per molti catechisti ed educatori dei giovani ad esempio diventa difficile ad un certo punto continuare, ritrovare motivazioni - paradossalmente, proprio quando l'età e l'esperienza consentirebbero un impegno autentico e consapevole. La domanda che ci facciamo è dunque: come è possibile "continuare"? come è possibile "ricominciare"? La tentazione del riflusso Il Vangelo di Giovanni dà la sua risposta con questo secondo finale, che ripercorre più da vicino l'esperienza degli apostoli dopo la risurrezione. Mentre il capitolo 20 è più centrato sulla missione, che appare indiscutibile e vittoriosa ("come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi..."), il vangelo di questa domenica apre lo sguardo sullo smarrimento degli apostoli e sulla tentazione di ricominciare un'esistenza ordinaria: "Vado a pescare" - "Veniamo anche noi con te". Pietro ritorna a fare quello che faceva prima, e gli altri lo seguono. Da pescatori di uomini, ritornano pescatori di bestie acquatiche. Ma non prendono nulla. Anche per noi può essere forte la tentazione di "accontentarsi", come parrrocchie, come gruppi, come singoli (e magari anche come Diocesi): meglio pochi ma buoni, puntiamo sul piccolo gruppo, non faccio più il catechista ma resto una brava persona, faccio bene le cose ordinarie, evitiamo trionfalismi inutili... le frasi del riflusso. "Vado a pescare": la frase giusta per un buon padre di famiglia, per un buon amico che si ritrova con i vecchi compagni. Ma Pietro non è più solo un buon padre di famiglia, dopo aver condiviso l'esperienza di Gesù. E anche le nostre parrocchie, i nostri gruppi, la nostra Diocesi non possono accontentarsi della mediocrità. La presenza del Risorto Il risorto si manifesta a poco a poco, riportando i discepoli alla loro identità. A noi il compito di ripercorrere il loro itinerario di fede. La prima esperienza-chiave è il fidarsi di una parola. L'interesse biblico è sempre più diffuso nelle nostre comunità. Ma non è la conoscenza della Bibbia il vero punto di partenza. Né lo studio attento. E direi, neppure la autentica meditazione e contemplazione, che arriva alla preghiera più pura. Il vero punto di partenza è quando l'ascolto diventa fiducia, obbedienza, rischio: come i discepoli gettano le reti. E' un gesto semplice, ma è un gesto. La parola è divenuta azione - non per il gusto di fare, ma perché di quella Parola ci si fida. La pesca è abbondante e imprevedibile. Come l'esistenza di chi sa affidarsi alla Parola e rischiare per essa. La condivisione eucaristica Il risorto offre da mangiare ai discepoli, e chiede a loro di portare il pesce. Il fuoco è già acceso, il cibo è pronto, ma essi devono contribuire. La ricchezza simbolica di questa scena è enorme: si allude all'Eucaristia, si allude alla missione, si allude alla necessità di creare una "tavola aperta", a cui chiunque si possa sedere, per trovare ospitalità e accoglienza. Non un'accoglienza generica però: il Risorto riparte dai suoi intimi, da quelli che conosce. L'invito è aperto a tutti, ma solo passando attraverso il riconoscimento, la relazione, la creazione di legami profondi. La domanda sull'amore Proprio il legame che lo lega a Gesù è l'oggetto del dialogo con Pietro. Per tre volte Pietro è interrogato sull'amore che lo lega a Gesù. Per due volte riceve una missione, un incarico: "pasci le mie pecorelle". L'amore per il Maestro deve manifestarsi nel servizio ai fratelli. L'insistenza di Gesù su questo punto è dolorosa per Pietro, come è dolorosa per noi, sempre tentati di vivere un amore che non diventa servizio, o un servizio che non è espressione di amore. All'ultima risposta, Pietro riceve un invito: "Seguimi". Solo il duro apprendistato dell'amore ai fratelli ci consente di diventare alla fine autentici discepoli, amici del Salvatore, capaci di seguirlo, donandogli tutta la vita. Questa è dunque la via per ripartire: ricominciare a fidarsi della Parola, non nelle buone intenzioni, ma nei fatti, ricominciare a vivere autenticamente la condivisione eucaristica, e soprattutto accettare di approfondire la nostra amicizia con Cristo. Flash sulla I lettura "Volete far ricadere su di noi il sangue di quell'uomo": il recente film sulla passione ha riacceso polemiche su una presunta interpretazione antisemita, che vede gli Ebrei come colpevoli. Gli Atti, nelle parole dei sacerdoti e degli anziani, mostrano che si tratta di una polemica antica. La risposta di Pietro: "Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avevate ucciso appendendolo alla croce" mostra i termini esatti della questione: quella che potrebbe sembrare un'accusa ("voi avete ucciso") è sempre inserita e accompagnata dall'annuncio pasquale: "il Dio dei Padri ha risuscitato Gesù", "per dare a Israele la grazia della conversione e il perdono dei peccati". Non è un'accusa fine a se stessa, ma è in connessione con l'annuncio pasquale, che inevitabilmente diviene denuncia della condizione di peccato in cui ogni persona umana si trova: anche noi oggi siamo i crocifissori di Gesù. E nel momento in cui riconosciamo questo, ci si apre la possibilità della conversione e del perdono. Flash sulla II lettura "L'Agnello che fu immolato è degno di ricevere...onore, gloria e benedizione". Una pagina di pura contemplazione e adorazione. Difficile da capire per noi, troppo abituati a ricercare l'utile e il pratico, l'orrido e il sensuale - e ormai dimentichi del bello. Ma la meta ultima della nostra vita di fede è proprio la contemplazione della bellezza di Dio. Qualndo le parole e le azioni cedono posto al silenzio, al canto, alla lode, alla danza, in unione a "tutte le creature del cielo e della terra, sotto la terra e nel mare e tutte le cose ivi contenute". |