Omelia (22-05-2013) |
Monaci Benedettini Silvestrini |
Nel nome di Gesù Molto spesso essere credenti può significare essere settari. Capita, con una certa frequenza di creare intorno alla nostra fede, mal compresa e mal vissuta, dei profondi fossati o delle alte mura praticamente invalicabili. Significa interpretare l'ovile come una fortezza da difendere da ogni possibile intromissione. Anche gli apostoli rischiano di restare vittime di tali errori. Hanno visto un tale che scacciava i demoni nel nome di Gesù Cristo e glie lo hanno proibito: «Perché non era dei nostri». Gesù da una risposta piena di sapienza: «Non glielo proibite, perché non c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito dopo possa parlare male di me. Chi non è contro di noi è per noi». Ecco una sana apertura al vero ecumenismo, ecco il compito della chiesa: non fare proselitismo, ma portare e diffondere ovunque la luce di Cristo. Il bene non si può ne colorare né frantumare; se è autentico, ha un'unica fonte. Tutto quello poi che si fa nel nome del Signore Gesù non può non avere le doti del vero bene: Egli è il nostro avvocato presso il Padre e ci ha solennemente promesso che tutto quello che chiederemo al Padre nel suo nome ci verrà concesso. La chiesa nella liturgia ha fatto suo questo monito e termina tutte le sue orazioni nel nome del nostro Signore Gesù Cristo. Anche nelle nostre preghiere personali, noi tutti, segnandoci con il segno della croce vogliamo dire che tutto, preghiere ed azioni volgiamo compierle nel suo nome, per la sua gloria. Risuona come logica conclusione la frase seguente: «Chiunque vi darà da bere un bicchiere d'acqua nel mio nome perché siete di Cristo, vi dico in verità che non perderà la sua ricompensa». |