Omelia (02-06-2013)
Giovani Missioitalia
Corpus Domini

Ci troviamo in una cittadina nel sud dell'Etiopia per una breve visita ad alcune realtà missionarie. Ieri sera il predicatore di una setta protestante aveva radunato un folto gruppo di giovani accorsi al richiamo delle sue invocazioni, sbraitate con l'ausilio di potenti altoparlanti accesi al massimo del volume. Alle prime ore del nuovo giorno, quando ancora fuori è buio pesto e la iena si aggira per qualche strada secondaria scorata dall'abbaiare di un branco di cani randagi, dalla chiesa posta sulla collina il prete ortodosso ha appena iniziato il suo consueto, lungo canto di preghiera. C'è da scommetterci che in molte case e capanne dei dintorni uomini e donne e magari anche qualche bambini staranno seguendo assonnati il rauco salmodiare sprigionato dai megafoni di quella chiesa colorata verde, giallo e rosso come i colori della bandiere nazionale. Quasi senza soluzione di continuità, al primo albeggiare sarà il muezzin, con voce distorta dall'eccesso di decibel che escono dal cono sonoro posto in cima al minareto della moschea, a ricordare alla gente della città la grandezza e la misericordia di Dio.
La notte l'abbiamo trascorsa presso la comunità delle suore di Madre Teresa, composta da religiose provenienti da vari paesi dell'Asia e dell'Africa. Il loro umile e silenzioso servizio di carità, dedicato a centinaia e in alcuni giorni persino migliaia di poveri tra i più poveri dell'intero Paese, provoca un sano disturbo alle nostre coscienze, così orientate a soluzioni miracolistiche dei problemi della vita, che non implicano l'impegno attivo personale nella consapevolezza che l'amore di Dio si manifesta attraverso l'azione degli uomini. Che ne sarebbe stato della testimonianza di quell'amore se Gesù avesse congedato la folla radunata ad ascoltare la sua parola guaritrice, dicendo "tornatevene alle vostre case a mangiare il vostro pasto" e non avesse chiesto ad ognuno, come invece ha fatto, di rendersi segno di condivisione? Hanno iniziato gli apostoli, increduli nella forza miracolosa della condivisione, mettendo a disposizione degli altri ciò che avevano: solo cinque pani e due pesci, quanto è bastato, però, a dar da mangiare a cinquemila persone.
Questo segno eucaristico è il "miracolo" che, spesso nel più impenetrabile nascondimento, si ripete in ogni ora del giorno qui, come in innumerevoli angoli di sofferenza del mondo, tra le persone che neppure i cani randagi vogliono accanto a sé, dove il sorriso, la carezza e la preghiera di una "madre" vestita di bianco e venuta da lontano, sono la testimonianza della carità cristiana, manifestata nell'accoglienza del malato senza speranza, di chi è solo e abbandonato, degli ultimi. Dei poveri.
E' una realtà fastidiosa, che vorremmo poter nascondere sotto il vellutato manto delle buone intenzioni che con difficoltà ci portano oltre qualche modesta elemosina e sbrigativa orazione.
Nel racconto del Vangelo di Luca, perché tutta la folla di cinquemila uomini potessero mangiare a sazietà è stato necessario che qualcuno offrisse agli altri quanto aveva a disposizione, senza preoccuparsi dell'evidente sproporzione tra risorse disponibili e bisogni da soddisfare.
Se vogliamo essere davvero discepoli di Gesù non dobbiamo fare altro che distribuire a chi è nel bisogno i pani e i pesci spezzati che la grazia di Dio mette nelle nostre mani.



Anita e Beppe Magri