Omelia (03-06-2013)
Riccardo Ripoli
La diede in affitto a dei vignaioli e se ne andò lontano

Spesso ci dimentichiamo cosa sia la fiducia. Diamo per scontato che le persone l'abbiano nei nostri confronti, ma siamo i primi ad essere sospettosi verso tutti gli altri e, spesso ci sono tanti che si approfittano di chi dia loro credito.
Quante volte avete tradito la fiducia del vostro prossimo? Quante volte vi siete approfittati di colui che vi ha dato un mano o vi ha permesso di fare qualcosa? Nell'adolescenza questo accade spesso con i ragazzi che dicono di andare a scuola e non ci vanno, di comportarsi bene e frequentano cattive compagnie, si essere onesti e cedono alla tentazione di rubare qualcosa. La vita in famiglia è, o dovrebbe essere, una palestra per i nostri ragazzi, un momento in cui dovrebbero allenarsi per la vita futura, con buoni allenatori che li preparino ad affrontarla nel migliore dei modi e diano loro la possibilità di vincere una partita dove chiunque arrivi al traguardo, prima o dopo, è un vincitore e sarà premiato.
Purtroppo molti genitori non hanno avuto la fortuna di essere stati educati al sacrificio, alla conquista di obiettivi giorno dopo giorno e non possono, con tutto l'amore e la buona volontà, insegnare ai propri ragazzi ciò che loro per primi purtroppo ignorano.
Spesso si guarda all'affido come ad una misura coercitiva verso genitori abusanti, allo stato che strappa bambini alle famiglie, e talvolta è così per la necessità di tutelare un bambino che vive quotidianamente una situazione di pericolo, ma nella maggior parte dei casi l'affido è un rapporto di fiducia che si deve creare tra la famiglia naturale e quella che accoglierà il bambino, dove la seconda ha, quando sia possibile, il dovere di tranquillizzare la famiglia di origine e far loro capire che nessuno vuole portar via il figlio, ma che si tratta di un aiuto, un momento in cui la famiglia affidataria da una parte dia degli insegnamenti al bambino, ed i servizi sociali dall'altra insegnino ai genitori ciò che a loro sfugge nell'educazione del proprio figlio. E' un patto di grande fiducia che si stipula a tre mani, servizi sociali, famiglia naturale e famiglia affidataria. Quando non si riesce a creare questa fiducia, oppure in un secondo tempo si rompe, ecco che arrivano i problemi, le lotte, i sotterfugi, le polemiche, le critiche, le bugie.
Non è facile mettere insieme tante teste perché spesso si parlano lingue diverse per cultura, esperienza e maturità, ma quando si dovesse usare la lingua del cuore tutti possono capire. Ecco che gli affidamenti che vanno bene sono quelli in cui gli affidatari nutrono amore per il bambino che viene loro dato come fosse un figlio, ma pronti a restituirlo ai genitori allorquando si saranno verificate le condizioni per un suo buon rientro in famiglia, e siano collaborativi con i servizi ascoltando i loro consigli, non giudicando la famiglia di origine, incentivando il miglioramento di un rapporto tra quest'ultima e loro figlio. Per andare bene un affidamento necessita però che ognuno faccia la sua parte, così anche i servizi sociali non si ritaglino un ruolo dittatoriale, ma cerchino il dialogo, vero e costruttivo, con la famiglia affidataria, siano pronti ad ascoltare le loro lamentele, i dubbi, le paure e non la abbandonino dinanzi alle difficoltà quotidiane. La famiglia naturale dovrà avere coraggio nell'accettare l'allontanamento del figlio, coraggio nell'ascoltare chi vorrà darle una mano per aumentare le proprie capacità educative, coraggio nel sopportare che il proprio figlio si affezioni alla famiglia affidataria, coraggio nel faticare per riconquistare la piena funzione genitoriale, coraggio nel non cedere rinunciando al figlio.
Basta un granello di polvere per far arenare un bel progetto di amore e di crescita, basta la perdita di fiducia per alimentare i sospetti e provocare scollamenti e dolori a tutti quanti.
Dio ha fiducia nel genere umano, ce lo dimostra ogni giorno facendo sorgere il sole, lasciando che un bambino nasca, alternando le stagioni e le cose nella nostra vita andranno bene fin tanto che non tradiremo questa fiducia che il Signore ci ha concesso.
Gesù ci elargisce tanti doni a piene mani, costruisce per noi una bellissima vigna, la fortifica e la protegge, ma arriva un giorno in cui ci chiede qualcosa, non per sé, ma per i suoi figli, qualcosa che tornerà utile anche a noi, qualcosa però che ci chiederà un qualche sacrificio. Ebbene a questo punto della vita, al momento della prova, quando ci è richiesto un ritorno, siamo spesso bravi a dire "no grazie". Vogliamo tutto, vogliamo sempre di più, ma non vogliamo dare nulla in cambio. Non un'ora del nostro tempo a chi ha bisogno di noi, non l'accoglienza di un bambino, non la rinuncia a qualcosa di nostro. Il Signore ci chiama più volte, ci chiede di pagare una piccola quota di affitto della vigna che è sua, perché la nostra vita gli appartiene, è da Lui che veniamo ed è a Lui che andrà la nostra anima, una quota che è solo simbolica, solo una piccola cifra per arrivare un giorno a godere del grande tesoro che ci ha preparato accanto a sé.
Una bambina che è arrivata da noi a cinque anni, oggi più che maggiorenne, se ne è andata di casa da poco, senza preavviso, dalla sera alla mattina e dopo un mese manda sia a me che a Roberta un messaggio dove ha scritto "ho sempre detto di essere una stupida, voi mi avete detto che non era vero, ed io, facendo la cavolata di andarmene, vi ho dimostrato quanto avevo ragione". L'adolescenza porta anche a questi paradossi, a non avere fiducia in chi ti ama e ti sostiene e lotta per te anche davanti alle mille difficoltà della vita. Noi siamo come adolescenti nei confronti del Signore. Egli ci da fiducia, ci dice che possiamo farcela, ci indica un cammino, ci è vicino e ci sostiene ad ogni passo, parla per noi, ma stupidamente vogliamo continuamente dimostrargli che si sbaglia, che siamo degli incapaci, dei buoni a nulla dei falliti, o, viceversa, che siamo talmente bravi da poter fare a meno di Lui, in gamba al punto da poter decidere della nostra vita, della nostra salute e magari anche della nostra morte. Così come ci è chiaro che gli adolescenti dovrebbero ascoltare maggiormente i genitori, così dovrebbe esserci chiaro che anche noi dovremmo ascoltare maggiormente i richiami di Gesù e seguirlo sulla strada che ci indica, anche se questo volesse dire sacrificio e fatica, ma è attraverso le difficoltà che si matura, che si capisce il senso della vita e la via da percorrere.