Omelia (08-06-2013) |
Riccardo Ripoli |
Tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo Quando perdiamo di vista un figlio, una persona cara, quando non sappiamo cosa stia facendo i un determinato momento, se piange, se ride, cosa prova, se sarà promosso o bocciato, se la sua relazione amorosa è in salute, se ha un lavoro. Allontanarsi senza lasciare una traccia è doloroso per coloro che vogliono bene a quella persona. Non discuto le motivazioni di un allontanamento, ognuno ha le sue motivazioni e segue le proprie idee, ma dovrebbe pensare allo stato d'animo di coloro che si lascia dietro le spalle. Rapporti conflittuali ce ne sono tanti e le litigate sono sempre in agguato, ma chiudere un rapporto autonomamente, sprangare la porta al dialogo, evitare l'incontro specie con le persone che ti hanno cresciuto e non ti hanno fatto mai mancare nulla non è iniziare la vita con il piede giusto. I rimorsi arrivano, ed ogni giorno che passa si crea sempre più divario e la possibilità di un riavvicinamento si fa via via più difficoltosa. L'adolescente che sbatte la porta di casa per andare incontro al proprio futuro lo fa con l'egoismo tipico dell'adolescienza. Un po' di egoismo in un giovane è giusto, è normale guardare avanti e non assecondare in toto i sogni che i genitori hanno fatto su di lui, ma quando questo egoismo è così forte da non vedere la scia di sofferenza che si lascia dietro le spalle, tale da portare l'egoismo al massimo livello dove esiste solo lui al mondo, allora non è un comportamento tanto sano. Quando ho iniziato il mio percorso verso l'affido, verso quella che sarebbe poi stata la mia scelta di vita, ho avuto parecchi scontri con mio padre che ha cercato di ostacolarmi in diversi modi perché mi voleva commercialista come lei, secondo il sogno che tanti anni accarezzava. Ho provato a ragionarci e fargli vedere le mie ragioni, siamo arrivati alla lite, anche a due brevi periodi fuori casa, ma abbiamo sempre cercato di ricomporre la discussione, ci siamo chiesti scusa, perché l'amore e la riconoscenza andavano al di là della mia, seppur legittima volontà, di autonomia nel decidere della mia vita. Ho avuto la gioia, pochi mesi prima che morisse, di ricevere un suo abbraccio emozionato dopo averlo sentito parlare con orgoglio, per la prima volta, del suo unico figlio che aveva fatto una così bella scelta. E credetemi, detto da lui ha voluto dire tantissimo per me, ho ricevuto il suo placet in extremis. E' stata una dura battaglia, ma ne è valsa la pena. Certo, sarebbe stato molto più facile abbandonarlo alla sua vecchiaia, ma con tutto quello che aveva fatto per me non potevo assolutamente farlo. |