Omelia (28-06-2013)
Riccardo Ripoli
Signore, se vuoi, tu puoi sanarmi

Se dico a mio figlio di tre anni di buttarsi da una scala e apro le braccia come a fargli intendere che lo prenderò e non lo lascerò cadere, si butterà tanta è la fiducia che ha in me. Se dico a mio figliol di dieci anni di fare una cosa che a lui sembra pericolosa, come andare prendere una cosa fuori casa al buio, devo insistere perché lo faccia e poi, per niente convinto, ma abbastanza fiducioso in me lo fa. Verso i sedici, diciassette anni qualunque cosa noi genitori possiamo chiedere a nostro figlio, generalmente la risposta è un no secco e deciso. Verso i diciannove, vent'anni, dopo le prime delusioni, i primi tradimenti delle persone che per i figli erano importanti, tanto da essere pronti a lasciare la propria famiglia per loro, cominciano a guardare con un certo interesse l'adulto, capiscono che quella persona che avevano denigrato fino al giorno prima è l'unico che non li abbia mai traditi, e valutano con maggior attenzione i consigli elargiti da quella mamma e da quel papà nei quali da piccoli riponevano una fiducia infinita.
Il rapporto con Dio segue lo stesso schema. Appena ci imbattiamo nella Fede, solitamente da piccoli, accettiamo tutto ciò che ci viene insegnato al catechismo come inconfutabile. A dieci anni cominciamo a porci i primi interrogativi, ma poi accettiamo di lasciarci guidare. A sedici anni c'è in tanti ragazzi il rifiuto di Dio, l'impossibilità a capire, la difficoltà ad aprire il cuore e lasciarsi andare, la polemica su tutto. Sono queste le basi della Fede, come fossimo piccole piante che sacerdoti e genitori debbano sapientemente potare, concimare, trapiantare, ma se anche una sola di queste operazioni dovesse essere mal eseguita e non prontamente corretta c'è il rischio di perdere quel ragazzo. Arriva poi un momento, la prima fase dell'essere adulto, il momento in cui si ha bisogno di avere la sicurezza di qualcuno, che si guarda a chi possa darci delle risposte. Inizialmente le cerchiamo in terra, ma ben presto ci accorgiamo che non c'è una spiegazione a ogni cosa, non possiamo capire tutto e pian piano ci lasciamo andare, prendiamo singoli pezzetti della nostra vita e concediamo a Dio di gestirceli. Questo è uno dei percorsi possibili, non certo l'unico e, al pari dei figli, alcuni dei quali si allontanano comunque dalla famiglia e con essa non vogliono più avere nessun rapporto, mentre altri, la maggior parte, mantengono una relazione significativa con i propri genitori perché gli unici che vorranno loro bene per sempre, disposti a starci vicino anche quando sbagliamo, sveltissimi a condannare un nostro atto sbagliato, ma mai disposti a condannarci, a giudicarci cattivi per quanti errori possiamo aver fatto. Così è con Dio. Qualcuno si allontana, ma molti mantengono, magari nascostamente per vergogna, un rapporto con Lui e si rivolgono al Signore quando hanno bisogno. Molti lo potrebbero definire opportunismo, ma al Signore non importa, Lui sa aspettare e quando arriverà il momento in cui saremo disponibili a riconoscerlo, a chiedergli aiuto, Lui ci sarà, sarà vicino a noi come un buon padre, come colui pronto a perdonare, a dimenticare il passato, gli insulti, l'egoismo di un figlio, felice che, dopo lunga attesa, sia tornato da lui, sia venuto a chiedere aiuto riconoscendo di fatto i propri limiti e confidando sinceramente in un porto sicuro ove rifugiarsi e trovare aiuto per la sua vita