Omelia (09-05-2004) |
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Il comandamento dell'amore Niente è più scandaloso agli occhi degli uomini, che vedere dei cristiani rifiutare la testimonianza del loro amore vicendevole. È necessario però che questa testimonianza non sia puramente esteriore: essa deve esprimere una vera e profonda unità di fede e di amore. Ricrearla, mantenerla è uno dei nostri doveri essenziali, se vogliamo adempiere la nostra missione evangelica davanti agli uomini divisi. - Amare: è la cosa essenziale. Tutto il valore della nostra vita cristiana dipende dall'amore che la ispira. La vita di Cristo non è stata che un atto d'amore, dal momento del suo ingresso nel mondo fino alla morte di croce. Non c'è quindi da meravigliarsi che l'ultima raccomandazione fatta ai discepoli sia stata quella dell'amore vicendevole: "Amatevi come io vi ho amato". - Amare: è cosa difficile. Amare non è solo dare, è molto di più: è donarsi! Comprendere gli altri, capire le loro difficoltà e le loro necessità, perdonare con tutto il cuore, servire senza speranza di essere ricambiati. Amare significa giungere, se è necessario, fino a dare la vita, sull'esempio di Cristo. Amare vuol dire rinunciare a se stessi per pensare agli altri. - Amare: è testimonianza. Il cristiano, discepolo di Cristo, ha la missione di essere suo testimonio. "Voi siete il sale della terra! Voi siete la luce del mondo!". Solo l'amore, vissuto fino al dono di sé, sarà una testimonianza valida, quella che gli uomini non potranno rifiutare. "Vedete come si amano! " - dicevano i pagani, meravigliati di fronte al modo di vivere delle prime comunità cristiane. È questa la testimonianza che noi diamo anche oggi? |