Omelia (14-08-2013) |
Riccardo Ripoli |
Se il tuo fratello commette una colpa Non siamo chiamati a giudicare le persone, ma siamo tenuti a criticare le azioni che secondo noi non vanno bene. Una critica costruttiva, fatta con amore, ma una critica che sia come una goccia che possa scavare la roccia. Una critica fatta innanzitutto in un dialogo a due dando la possibilità all'altro di spiegarsi. Se poi ognuno resta delle proprie posizioni è bene cercare aiuto da altri che ci conoscano bene e possano dire la loro. Se anche così non si addiviene ad un accordo è opportuno parlarne alla comunità cui si appartiene, sia essa la famiglia allargata, piuttosto che una serie di volontari più assidui in un'associazione, oppure nel contesto parrocchiale o altri gruppi dove alla base si presume debba esserci amore e dialogo. Se davanti alla stessa critica ripetuta da più persone, il nostro fratello non si convince dell'errore dobbiamo trattarlo come uno che sbaglia perché evidentemente le nostre parole non sono servite a molto. Questo non significa abbandonarlo a se stesso, ma cercare una strada nuova per aiutarlo, una strada che abbini al dialogo qualche altro strumento. Con i ragazzi che non vogliono capire la critica fatta con amore da un genitore, che non ascoltino nemmeno gli amici, che non accettino il rimprovero nemmeno dagli altri parenti, scattano le punizioni perché per noi sanare l'errore di un nostro fratello, di un nostro figlio, deve essere fondamentale e, come Gesù non perde mai la speranza nei nostri confronti, nemmeno noi possiamo lasciar perdere un nostro fratello, amico, figlio fin tanto che non abbia capito dove stia sbagliando |