Omelia (02-11-2004) |
padre Gian Franco Scarpitta |
La comunione con loro Questa è la giornata nella quale i nostri cimiteri pulluleranno come non mai di gente che si avventurerà presso i sarcofaghi, mazzi di fiori alla mano, per deporre rose, gigli, orchidee e altri fiori sulle apposite foriere delle tombe, osservando un insolito silenzio. Anche chi abitualmente non si reca al cimitero, oggi lo presenzierà con una devozione del tutto speciale e quello che maggiormente ci accomunerà saranno appunto i fiori che deporremo per i nostri cari defunti e i lumini che accenderemo sulle loro tombe. E sarebbe davvero assurdo se noi volessimo riprovare o condannare una tradizione così bella e foriera di sensibilità e umanità verso chi è scomparso: recare i fiori sulle tombe dei nostri cari è un gesto apprezzabile che non deve mai essere trascurato ed è anzi molto triste osservare come siano parecchi i loculi esteriormente spogli di fiori e lasciati in stato di abbandono... Ciò allude alla triste certezza che nessuno si ricorda di questi defunti, a volte (Ahimè) scomparsi anche di recente. Ma mentre ci avvicendiamo al cimitero e ne percorriamo i viali siamo invitati anche a fare ulteriori riflessioni sul mistero stesso della morte e sul "come" noi si possa ancora coltivare relazioni con i nostri cari trapassati ed è per questo che la Chiesa, mentre ci invita a prendere le distanze dallo spiritismo, dalla divinazione e da altre forme di comunicazione con l'Aldilà che non fanno che illudere tanta gente con presunti messaggi da parte dei morti, ci inviata oggi ad osservare che comunque è per noi possibile vivere la comunione con i nostri defunti. Coloro che infatti sono stati chiamati alla gloria eterna del Signore o che si stanno purificando dalle pecchie carnali per potervi accedere definitivamente, anche secondo gli insegnamenti della Chiesa vivono la pienezza della comunione con i "viandanti", cioè con coloro che continuano il cammino terreno fino alla consumazione della vita fisica, in pratica con noi viventi. E così si realizza una duplice dimensione per la quale 1) i nostri defunti intercedono per noi presso Dio presentando a Lui tutte le nostre aspettative, i nostri desideri e perfino le defezioni e le mancanze morali, affinché il Signore possa intervenire a nostro vantaggio con l'abbondanza della Sua grazia; 2) noi preghiamo su questa terra per i nostri defunti, affinché qualora essi debbano ancora raggiungere la pienezza della gloria e stiano ancora scontando la dimensione purificatrice del purgatorio – questo solo Dio lo sa- possano essere alleviati dalle pene e camminare spediti verso la meta della vita senza fine. E' cosa salutare infatti pregare per i nostri defunti (Lumen Gentium) e per loro applicare delle Messe di suffragio. In questa duplice dimensione noi realizziamo insomma, come già detto, la comunione con i nostri defunti, non nel senso che ne avvertiamo la presenza materiale e percepiamo messaggi dall'Aldilà ma nel senso che avvertiamo come essi nel Signore sono uniti a noi. I nostri defunti non ci hanno infatti abbandonati, ma vivendo in pienezza la gioia del premio eterno a loro concesso da Dio o la purificazione dalle mancanze usufruiscono del nostro sostegno orante e al contempo garantiscono il loro e ci assistono in tutte le dimensioni della vita, sicché noi possiamo godere della consolazione vera e duratura per la quale la morte non esiste. Essa infatti è stata sconfitta dal mistero della Resurrezione del Signore: nella vittoria sul sepolcro Gesù infatti ha garantito che: "Chiunque vive e crede in me anche se muore vivrà" e la Scrittura nella Sapienza non lesina ad affermare che "Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio; nessun tormento le toccherà". Il senso della liturgia commemorativa dei defunti è allora presto spiegato: noi non stiamo solamente ricordando i defunti e piangendo sulle loro tombe quasi soggiogati dal magone di ricordi di eventi passati che non torneranno più; ma stiamo vivendo in modo del tutto speciale la nostra vicinanza con chi ci ha preceduti nella vita gloriosa senza fine: in altre parole, piuttosto che una celebrazione di lutto, noi stiamo celebrando la gioia della presenza continua dei nostri defunti e della possibilità di sentirceli continuamente vicini. I nostri cari non ci hanno abbandonato. Sono sempre con noi e ci aspettano nella stessa dimensione di gloria che hanno raggiunto e alla quale tutti quanti siamo diretti. Ma come poterci rendere conto della loro presenza? Come poter avere la certezza che essi "davvero" sono con noi? A questo punto subentra la verità della fede: occorre infatti che di fronte a questa verità noi omettiamo qualsivoglia razionalizzazione o qualsiasi discorso che miri alle soddisfazioni delle curiosità materiali ("Voglio vedere i morti", voglio la prova") per abbandonarci a quanto la Scrittura e lo stesso Gesù Cristo ci hanno detto dei nostri cari defunti: in altre parole occorre semplicemente credere, ossia accettare a cuore aperto ed incondizionatamente che i nostri defunti vivono in eterno con Cristo e ci accompagnano nell'itinerario della quotidianità. E le parole della fede apporteranno la vera consolazione. Nella fede e nella preghiera, nonché in tutti i mezzi di grazia che Dio ci concede si ha la possibilità di superare il dolore umano della scomparsa fisica dei nostri defunti e del loro distacco da noi perché si possiede la certezza delle parole del Signore sulla vita eterna. Ecco perché un solo atto di fede è molto più vantaggioso e produttivo di qualsiasi elucubrazione mentale o giustificazione razionalizzante. Non piangere quindi, ma credere e pregare e coltivare la speranza nella certezza che anche per noi vi è un destino di gloria verso il quale in partenza Dio ci ha orientati e che gli stessi nostri cari ci additano continuamente. |