Omelia (01-11-2013)
padre Gian Franco Scarpitta
Santità soggettiva, oggettiva... Comunque santità

"Credo la Chiesa Una, Santa, Cattolica e Apostolica... " Queste è l'espressione del Credo che, recitata ogni Domenica alla Messa, ci risulta segnatamente più marcata e si ricorda con più facilità.
Con essa esprimiamo di credere nell'unica Chiesa che è il popolo della Nuova Alleanza, scaturito dalla croce di Cristo, dal sangue ed acqua fuoriusciti dal suo costato, e fondata sugli apostoli primo fra tutti Pietro. Unità, Santità, Cattolicità e Apostolicità sono doni di cui Dio Uno e Trino ha reso la Chiesa destinataria, garantendole protezione divina e continuità nel tempo in forza dell'ulteriore dono dello Spirito Santo.
La Santità è la caratteristica che pone più problemi e interrogativi. Cosa si intende infatti per Chiesa "Santa"? Come poter definire con un tale appellativo un'istituzione purtroppo gravata anche da numerose perversioni morali e manchevolezze?
In effetti, che la Chiesa sia "santa" non significa che sia impeccabile o che i suoi membri siano perfetti (santi) e immacolati. Essa piuttosto è Santa quanto alla sua origine: è stata voluta da Dio, il Tre volte Santo per eccellenza (Is 6, 1 - 3), il Perfetto in Assoluto, è stata inaugurata come nuovo popolo universale dal Cristo Sapienza del Padre ed è stata ricolmata di tutti quegli elementi che la rendono luogo e sacramento di salvezza: i sacramenti, la Parola di Dio, il dono dello Spirito Santo.
Come istituzione divina, che perpetua nel tempo l'annuncio del Risorto, la Chiesa è dunque indiscutibilmente Santa. Si tratta della cosiddetta "santità oggettiva" che la caratterizza e che non può essere smentita.
Quanto ai membri che ad essa appartengono (i battezzati), come si sa, la Chiesa non è impeccabile ma piuttosto imperfetta e peccatrice. Il peccato e l'insidia del maligno ha sempre interessato la vita della Chiesa, non esclusa la gerarchia e le varie componenti, e non si deve omettere di considerare che l'istituzione voluta dal Cristo è bisognosa di conversione perenne. Da parte di tutti e di ciascuno, all'interno della comunione ecclesiale, è necessario mettere in discussione la propria condotta e il proprio stato davanti al Dio Uno e Santo, rivedendo le proprie posizioni senza presumere di aver raggiunto traguardi con la propria coscienza. In parole povere, tutti nella Chiesa si è peccatori e bisognosi di conversione e la stessa Comunità, mentre si prodiga per l'evangelizzazione, invita tutti i suoi membri alla radicale conformità a Dio e a Cristo suo Figlio. "Ecclesia casta meretrix" diceva Sant'Ambrogio.
Proprio la necessità della conversione tuttavia vuole che nella Chiesa si aspiri alla santità, secondo ripetuti moniti della Scrittura: "Ad immagine del Santo che vi ha chiamati, diventate santi anche voi in tutta la vostra condotta" (1Pt 1, 15). Oppure: "La vostra condotta tra i pagani sia irreprensibile, perché mentre vi calunniano come malfattori, al vedere le vostre buone opere giungano a glorificare Dio nel giorno del giudizio"(1Pt 2, 12). In questo e in altri passi ci si chiede di emulare la perfezione di Dio nel suo Figlio Gesù Cristo e di conseguire quindi il traguardo della santità, cioè della perfezione nella vita cristiana. Questo infatti vuol dire in definitiva essere "santi": essere perfetti come perfetto è il Padre che è nei cieli (Mt 5, 48), mirare alla conformità piena con il volere di Dio sull'esempio di Cristo suo Figlio. Essere nel mondo immacolati, irreprensibili e instancabili nella carità che procede dalla fede e che viene accompagnata dalla speranza.
Come ribadisce il Concilio Vaticano II, la santità è volontà di Dio e vocazione universale del credente. Non per niente nella Chiesa dei primi decenni "Santi" erano indistintamente tutti i membri di una locale comunità cristiana: era risaputo che il battesimo comportava automaticamente la testimonianza perenne della perfezione secondo i moniti evangelici. In questo caso, si tratta della "santità soggettiva del singolo credente". Certamente, complice lo stato di fragilità umana fondamentale e l'eredità del peccato originale, il processo di perfezione evangelica non è semplice, mai compito e conosce anche della difficoltà e delle devianze. L'obiettivo della santità è irto di ostacoli e di impedimenti, i quali diventano tuttavia governabili e con l'aiuto degli strumenti offerti dallo stesso Signore, dalla grazia di Dio che è la sola sufficiente. Ce ne danno prova esemplare i numerosi personaggi della nostra agiografia ai quali oggi dedichiamo una Festa a tutti indistintamente. Non importa se famosi o meno conosciuti; non importa se popolarmente venerati o gettati nel dimenticatoio, non importa se di essi si sconoscono perfino i nomi e le provenienze, di tutti quanti i "santi" la Chiesa oggi celebra ed esalta i meriti e le virtù, avendo essi tutti un unico comune denominatore: aver vissuto, ciascuno nella propria epoca e nella propria specifica vocazione, la perfezione che Cristo universalmente richiede. Essi sono stati tutti ben accetti da Dio per i loro meriti e tutti godono adesso dello stesso spessore di gloria eterna condividendo insieme il premio degli eletti.
Il libro dell'Apocalisse (capp 6 - 7), descrive la moltitudine di persone di ogni provenienza che sostano davanti al trono del Dio altissimo e che hanno mondato le loro vesti con il sangue dell'Agnello e per questo sono perennemente ben graditi a Dio. L'allusione è a tutti coloro che hanno procacciato la perfezione evangelica sull'esempio di Cristo nello spirito delle Beatitudini. Queste a loro volta costituiscono un programma di vita di coerenza e di testimonianza sotto diversi aspetti che promettono finalmente benefici pur comportando sacrifici e immolazioni, il che vuol dire la concretezza della vita santa in questo mondo.
La santità non è infatti fuga dalla realtà o alienazione e non comporta l'isolamento o l'incapacità di interazione con il mondo che ci circonda. Essere santi impone di fatto eroismo, determinazione, costanza, realismo per fronteggiare le controversie del mondo che procede in senso opposto al Vangelo. Accanto alla fedeltà a Dio e alla vita di intensa preghiera, è determinante la testimonianza fattiva della vita, il rigore dell'immolazione e del sacrificio, l'accettazione del dolore, della prova e delle persecuzioni affrontate fiduciosamente con cuore imperterrito e tutte queste virtù saranno certamente coronate dalla gloria. E' esaltante contemplare il fascino delle statue e delle icone che nelle nostre chiese raffigurano i "santi" più famosi quali San Francesco, Padre Pio e Madre Teresa, ma non va omesso nella stessa contemplazione la considerazione su quanto essi abbiano guadagnato l'onore degli altari e parimenti la gloria di Dio attraverso continue tribolazioni e perseveranze nel bene. Insomma per mezzo della perfezione pari a quella del Padre, sull'esempio di Cristo.