Omelia (01-11-2013) |
don Alberto Brignoli |
Gente come noi Credo sia difficile trovare un mondo così variegato e variopinto come la Chiesa. Nelle nostre comunità parrocchiali o più in generale nei raggruppamenti di persone che ruotano intorno ad una comunità di fede cristiana troviamo veramente di tutto. Dalla persona semplice al letterato, dal laico impegnato al sacerdote zelante, dalla suora pia e devota al sagrestano brontolone, dal giovane curato un po' alternativo al seminarista di stile tridentino, dal signorotto all'uomo senza fissa dimora...siamo rappresentati un po' tutti. E se questo in apparenza può darci l'idea di una grande accozzaglia di gente che non ha una linea comune, per cui ognuno può vivere la fede proprio come gli pare e piace - nonostante i molti appelli all'unità - in realtà a me pare che sia la manifestazione più bella di ciò che Cristo ha voluto realizzare quando ha iniziato a radunare intorno a sé un gruppo di discepoli. Anzi, oserei dire la concretizzazione di ciò che Cristo ha desiderato che la sua Chiesa non fosse: ossia, che non fosse una casta privilegiata di eletti alla quale accedere dopo un percorso di purificazione interiore o di ascesi e dalla quale potessero venire esclusi coloro che non dimostravano una dignità sufficiente per dirsi tali. Nella sua Chiesa, Cristo ha voluto che potessero entrarvi tutti, senza alcuna esclusione o discriminazione. E ha iniziato da subito a mostrarci che caratteristica avrebbe dato al gruppo dei suoi seguaci. Parte con un gruppetto di quattro pescatori (due coppie di fratelli abbastanza diversi tra di loro) a quanto pare già amici di suo cugino, il Battista, per poi lanciarsi all'inseguimento di un "israelita senza falsità" come Natanaele, ma anche della falsità incarnata di un esattore delle tasse come Matteo. Vi aggiunge zeloti e iscarioti, giudei e greci e - cosa strana per quell'epoca - pure qualche donna, probabilmente "gestita" da sua madre in persona. Dopo essere tornato al cielo, passando pure attraverso i tradimenti di due di loro, lascia che la storia vada avanti con lo stesso stile, curando sempre di eliminare ciò che potesse mettere in pericolo l'unità del gruppo, ovvero l'avarizia, l'egoismo, i personalismi. Tutti gli scritti del Nuovo Testamento sono ricchi di figure di discepoli che hanno seguito gli insegnamenti del Maestro all'interno di una comunità di fede (la Chiesa) ognuno con le proprie convinzioni e il proprio temperamento, a volte dialogante, a volte meno, fino a giungere in molti casi allo scontro aperto con gli oppositori, e poi alla persecuzione e al martirio. E quando più tardi la Chiesa incontra i favori del potere ed entra "nel palazzo" come religione ufficiale, la varietà dei ministeri e dei carismi non si ferma, e lungo i secoli suscita figure di credenti così diverse e così lontane l'una dall'altra da non sembrar neppure vero che sono tutti parte di una sola famiglia. E così, alla profondità del pensiero di un vescovo come Agostino fa eco la vita contemplativa e insieme attiva di un monaco come Benedetto; al temperamento focoso di un predicatore insigne come Domenico corrisponde l'animo serafico e umile del poverello d'Assisi, Francesco, e della sua amica Chiara; allo spirito battagliero di un Ignazio di Loyola fa da contraltare la vita ribelle, gioiosa e spiritosa di Filippo Neri; l'infaticabile zelo missionario di Francesco Saverio trova un'anima tra le quattro mura del Carmelo di Teresa di Lisieux, patrona pure lei delle missioni; e per una Madre Teresa che si aggira tra i poveri di Calcutta come piccola matita tra le mani di Dio c'è pure un Massimiliano Kolbe sterminato dalla furia omicida nei lager nazisti; al rigore morale quasi scontroso di Padre Pio fa eco l'umile figura di un contadino divenuto papa col nome di Giovanni XXIII. Questa è la varietà della Chiesa. La varietà di uomini e donne testimoni del Vangelo che - ognuno con il proprio carattere, le proprie doti, ma anche le proprie debolezze - hanno seguito il Signore non facendo altro che la sua volontà. Fin qui, volti e nomi ben conosciuti a tutti. Ma la schiera è ben più numerosa, e oggi li vogliamo ricordare tutti: quelli con un nome ben inciso tra i giorni di un calendario ma anche quelli che non si sono fatti conoscere da nessuno, e nel silenzio nascosto del quotidiano hanno detto di sì a Dio, magari senza neppure saperlo o senza accorgersene. Penso a tante nostre nonne, amanti della vita e madri coraggiose di un numero così elevato di figli che oggi verrebbero bollate come irresponsabili, per metterne al mondo tanti. Penso a chi ha lottato per degli ideali di libertà, di unità e di sviluppo umano e sociale che oggi vengono visti come valori solo se porteranno nelle casse dello stato benefici economici per i quali vale la pena fare delle commemorazioni ufficiali. Penso a tanti nostri nonni e bisnonni costretti a lasciare le loro terre per dare ai loro discendenti una vita degna di chiamarsi tale nella loro patria, una patria che oggi invece fa fatica a guardare alla storia e a compiere gesti di apertura al diverso. Penso a tante figure umili di sacerdoti, parroci per decine di anni in piccole comunità isolate, dimenticati dai loro superiori ma tanto cari a Dio e alla loro gente; a tante religiose che han vissuto una vita di abnegazione a servizio dei bambini, degli anziani, dei malati, ricevendo spesso umiliazioni e critiche per il loro modo di fare un po' spartano. Penso a chi, oggi, perde il posto di lavoro ma non lo dà a vedere ai propri figli, a cui non deve comunque mancare nulla. Penso ai bambini che hanno come casa la strada, perché in casa loro non c'è mai un adulto, o perché le loro scuole sono chiuse a causa dei miasmi di una spazzatura che è solo la minima parte di ciò in cui la nostra società è immersa. Penso all'eroismo semplice e silenzioso di chi non fa nulla di straordinario se non il proprio dovere quotidiano, ma lo fa con gioia, senza inutili arrabbiature o tensioni che fanno male solo a chi le vive. Ma guai, a chiamarli eroi. Nella Chiesa non esistono eroi. Esistono i santi: gente come noi, che forse se la prenderebbe, oggi, nel sapere che li stiamo celebrando in un'unica grande festa. Facciamo pure loro questo torto: ma soprattutto, non dimentichiamoci di imitarli, anche solo un po', nel nostro piccolo quotidiano camminare. |