Omelia (01-11-2013)
padre Antonio Rungi
Tutti siamo chiamati alla santità

Oggi la chiesa ci fa celebrare tutti insieme quanti godono della visione beatifica di Dio nel Santo Paradiso. E' una solennità a cavallo tra il vecchio anno liturgico che volge al termine ed il nuovo che si appresta all'orizzonte. Come dire che è un ricordo tra quelli che già fanno parte della gloria del cielo e quelli che, con la grazia di Dio, con la loro buona volontà e soprattutto con le loro buone opere, vi entreranno a far parte nel futuro. Nell'uno e nell'altro caso ci è di consolazione e conforto che la santità non è impossibile da raggiungere, ma è una meta alla quale tutti possiamo pervenire, seguendo le indicazioni del divino Maestro che nel discorso della Montagna focalizza la santità su alcuni punti cardini: la povertà in spirito, la sofferenza o la croce, la mitezza, la giustizia, la misericordia, la purezza, la pace, la persecuzione, l'insulto. Sono le celebri beatitudini proclamante da Gesù e che diventano la legge fondamentale per chi ha a cuore la sua personale santificazione.
I santi sono tantissimi: la storia della chiesa annovera ufficialmente tra i santi di ogni tipologia migliaia di persone. Ma il paradiso non è pieno solo di quei santi a noi ben noti e venerati, ma è stracolmo di tanti che hanno sentito forte dentro di loro la chiamata di Dio ed hanno operato secondo il vangelo. Quanti sono? La risposta la troviamo nella prima lettura di oggi, tratta dall'Apocalisse, che ci apre il cuore alla speranza, ben sapendo, che se agiamo bene, quel nome nostro già scritto nel cielo e quel posto riservato in prima o ultima fila nella contemplazione della SS. Trinità, sta lì ad aspettare di essere occupato da ognuno di noi. I santi non si possono contare, perché ci sfugge il calcolo, perché la santità è universale e la chiamata alla santità riguarda tutti, compresi quanti nella rettitudine morale agiscono per il bene, senza neppure avere la fede. Cristo sulla Croce, l'Agnello immolato sull'altare del Calvario vuole e desidera che tutti gli uomini, nel suo sangue preziosissimo si salvino per sempre nell'eterna gloria del cielo.
E' bello pensare al paradiso, pensarlo nei termini in cui ce lo descrive nelle sue visioni mistiche Giovanni l'Evangelista: lì c'è gioia piena ed eterna, lì vedremo Dio così come Egli è, faccia a faccia. Non sarà una visione virtuale o immaginaria come spesso avviene ai nostri giorni, ma vedremo Dio realmente, così come Egli è. Vedremo l'Amore, assaporeremo il vero amore, saremo immersi per sempre nel Dio-Trinità e nel Dio-Amore. Essere santi, nel tempo e nell'eternità, è sperimentare l'Amore di Dio. Per raggiungere questa alta meta, quella che conta davvero, dobbiamo purificarci continuamente. Non possiamo vedere il volto di Dio nell'eternità con qualsiasi macchia di peccato non lavata, non rimessa, non scontata. Il tempo che il Signore ci dona è proprio in vista di questa purificazione e di questo lavacro che ci prepara all'incontro con Lui nella luce e nella pace eterna. Chi allora potrà sperimentare questa gioia, chi potrà salire il monte della gloria, fare la scalata del Paradiso? Ce lo dice il Salmo responsoriale della solennità odierna: "Chi ha mani innocenti e cuore puro, chi non si rivolge agli idoli". Innocenza, purezza, lotta a qualsiasi idolo della terra sono i punti di partenza per scalare la montagna della santità, la vera ascesi e mistica della perfezione che porta ogni uomo a incontrare Cristo oggi, attraverso i segni della sua grazia e i segni della sua presenza nel mondo tramite il volto gioioso e sofferente dei nostri fratelli, ma soprattutto ad incontrare Cristo oltre il tempo, nell'eternità dove Egli è andato a preparare un posto a ciascuno di noi, che nessuno potrà mai toglierci, se siamo disponibili a camminare con lui sulla via della fede, della speranza e della carità, sulla strada delle Beatitudini.