Omelia (02-11-2013) |
padre Antonio Rungi |
Cristo ha vinto la morte Oggi la chiesa ci fa ricordare tutti i fedeli defunti in una grande preghiera che li racchiude tutti nei nostri pensieri e nei nostri ricordi. I defunti, nostri parenti, amici, conoscenti, e i defunti di tutti i tempi che per noi non hanno nome ma che Dio conosce bene. La nostra preghiera oggi è rivolta al Signore perché accolga nel suo Regno di eterna gioia e pace quelli che hanno lasciato questo mondo e sono passati all'eternità. La preghiera per le anime sante del purgatorio, specialmente quelle più abbandonate e di cui non sappiamo neppure il nome e l'esistenza. I morti di tutte le guerre e di tutte le violenze, i morti del passato, come dell'oggi, i morti di ogni cultura, popolo, religione nazione, i morti sulle strade, in mare, negli ospedali, nelle case, nelle piccole e grandi città, i morti naufraghi di Lampedusa, quelli che negli ultimi giorni hanno lasciato profondamente addolorato il nostro cuore. Tutti i morti, senza esclusione di nessuno e la preghiera è perché il Signore doni loro il riposo eterno, senza più fatica e dolore, senza più croci e calvari di ogni genere. Questa grande famiglia che attende di vedere faccia a faccia Dio così come Egli è, nella gloria del Paradiso e che un giorno, quando anche noi chiuderemo gli occhi alla vita terrena, speriamo di incontrare dove Dio attende ogni suo figlio. Ecco perché la nostra preghiera umile e non senza dolore nel cuore, nostalgica per quanti ci hanno lasciato prematuramente, è questa che rivolgiamo al Dio della vita: "Ascolta, o Dio, la preghiera che la comunità dei credenti innalza a te nella fede del Signore risorto, e conferma in noi la beata speranza che insieme ai nostri fratelli defunti risorgeremo in Cristo a vita nuova". La profonda certezza di fede che esiste l'eternità e tutti siamo indirizzati verso questa meta finale, ci fa pregare con il problematico ed impaziente Giobbe e con l'apostolo Paolo, convinti più che mai del mistero della risurrezione di Cristo, preludio della nostra definitiva risurrezione. Morte, vita, risurrezione, purgatorio, paradiso: sono le parole chiavi di questa commemorazione annuale dei fedeli che tanta pietà popolare suscita in chi crede e in chi non crede. Nella prospettiva del mistero della risurrezione del Signore anche la paura della morte ed il nostro futuro si colorano di speranza e di serenità, si riempiono di gioia e di amore per sempre perché, oltre la morte corporale che san Francesco definiva nostra sorella, c'è una vita senza fine, una vita nel Dio della pace e della felicità. E con il Salmo responsoriale di questa liturgia, eleviamo al Signore il nostro canto di speranza: Il Signore è mia luce e mia salvezza: di chi avrò timore? Il Signore è difesa della mia vita: di chi avrò paura? Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per contemplare la bellezza del Signore e ammirare il suo santuario. Anche il brano del Vangelo sottolinea questa prospettiva di eternità e di risurrezione: "Chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno". Vivere in questa speranza e in questa attesa è l'atteggiamento migliore dell'uomo credente, del cristiano che ha fatto della fede una forza trainante della sua esistenza nel tempo. Come scrive l'Apostolo Paolo nel brano della seconda lettura, tratto dalla Lettera ai Romani: "La speranza non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato". Camminiamo in questa fede-speranza per incontrare, al termine dei nostri giorni, l'Amore, il Dio carità e in lui incontrare tutte le persone che abbiamo conosciuto, amato e forse anche contrastato nel corso della nostra vita. Intanto per loro sgorga la nostra umile preghiera che è sintetizzata in quella nota a tutti e pregata da tutti: "L'eterno riposo dona loro, o Signore, e splenda ad essi la luce perpetua. Riposino in pace. Amen". |