Omelia (21-11-2013) |
Riccardo Ripoli |
Un figlio che butta via la sua vita Quando fu vicino, alla vista della città, pianse su di essa Quando vedete vostro figlio rovinarsi la vita comportandosi in modo sbagliato, dannoso per sé e per gli altri, e voi non potete fare nulla, inermi dinanzi alle sue azioni, ai suoi modi bruschi di rispondere, al suo andarsene sbattendo la porta, alle cattive frequentazioni quanto sgomento provate? Quante lacrime versate dinanzi ad uno scempio simile? Sapete che sta andando a buttarsi in un burrone e non potete fare nulla per trattenerlo, potete solo stare a guardare mentre getta alle ortiche tutto il bene ricevuto. La stessa cosa la si prova dinanzi all'umanità che rinuncia alla pace, leggendo di uccisioni e stupri, di figli e mariti che sgozzano le proprie donne, di bambini violentati e derubati della loro fanciullezza. Che possiamo fare se questo mondo vuole girare al contrario? Quali argomenti verso chi detesta la vita altrui? Versiamo lacrime e restiamo inermi. Penso però che dovremmo continuare a provarci, non dovremmo smettere mai di tentare di recuperare un figlio anche quando ci accorgiamo che non c'è più nulla da fare, dobbiamo continuare a sperare, continuare ad esserci facendo qualcosa. Donargli un sorriso, accoglierlo anche quando ci sputa addosso è come accendere un faro nel buio fitto in cui si è andata a rintanare la sua anima. Così verso l'umanità. Piangiamo, ma non smettiamo di sperare, non smettiamo di provare a cambiare il mondo, accogliamo i nostri fratelli che scappano dalle guerre, aiutiamo i genitori in difficoltà supportandoli con l'affido e con il nostro affetto senza giudizi, andiamo a visitare chi sofferente sconta la pena per i propri errori in prigione. Dobbiamo essere luce che dona speranza, non lasciamo il mondo nel buio. Noi che non facciamo guerre, non stupriamo, non uccidiamo siamo la maggioranza, non adeguiamoci al mondo, non smettiamo di fare della nostra vita un esempio da seguire come un faro nella notte. Non siamo speciali, siamo la regola, non facciamoci soverchiare da qualche facinoroso solo perché alza la voce, ci minaccia o ci offende. Piangiamo, ma agiamo. |