Omelia (09-12-2013)
Riccardo Ripoli
Tutto inizia da un saluto

Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te

Ogni mattina diamo il buongiorno ai nostri cari mentre, con gli occhi ancora socchiusi, rispettiamo i turni per entrare in bagno. Un mezzo sorriso si aggiunge al momento della colazione, per trasformarsi in un qualcosa di quasi vicino al cordiale mentre ci avviciniamo alla porta di casa per iniziare la nostra giornata. Da quel momento in poi è un crescendo di saluti, con il portiere che pulisce le scale, il vicino di casa che rientra dalla passeggiata mattutina con il cane, l'edicolante pronto ogni mattina a servirci notizie belle e brutte. Sul posto di lavoro si scambia anche qualche parola amicale e la nostra giornata prende il volo.
Tutto inizia da un saluto.
Quando Sammy entra in casa nostra, accompagnato dall'assistente sociale, la psicologa e l'autista, una sorta di trasferta carceraria, ha in mano tutta la sua vita, una valigina di finta vecchia pelle con il manico di plastica della misura adatta al mezzo uomo di tredici anni, rintanato dietro il bavero del suo finto piumino un po' sporco. Un bambino che ha già visto cose che un uomo spera di non dover mai subire in tutta la sua vita. Entrare in casa nostra era l'ennesima riprova degli sbagli degli adulti, l'ennesimo rifiuto dell'ultima comunità che senza appello aveva gridato "fuori da qui". Spaventato, ma borioso, sfiduciato da questo mondo che gli aveva fatto solo del male. Come iniziare un rapporto, ben consapevoli che il primo impatto è importante per tutti, specie per lui? Non ricordo quale sia stato il mio comportamento, la mia accoglienza, ma ricordo bene quale sia stata quella di Andrew, un ragazzo che non aveva passato la sua vita ad entrare ed uscire da nove comunità in cinque anni come Sammy, non voluto dalle famiglie affidatarie e con due adozioni fallite alle spalle, il padre morto per overdose e la sorella data in adozione, ma comunque di comunità ne aveva passate cinque, di adozioni una ed il padre era in galera con perdita della potestà genitoriale, la sorella in comunità e la madre troppo debole per essere un supporto o una risorsa. Scende dalle scale e vede Sammy, gli va incontro e lo saluta così "non preoccuparti, qui non è come nelle altre comunità, qui ci sono un papà ed una mamma che ti vogliono bene, anche io sono stato in comunità, ma qui è diverso, questa è una vera famiglia".
Immagino che Sammy non abbia preso per oro colato quelle parole, tanto da metterci a dura prova nel breve periodo, ma quel saluto, ne sono certo, ha aperto il suo cuore alla speranza.
Ecco, si, la speranza. Noi non possiamo essere certi di poter donare qualcosa ad un bambino che ha già tanto sofferto, ma di una cosa, sin da subito, lo possiamo avvolgere, la speranza di un futuro, la speranza di una vita migliore, la speranza di essere amato e sopratutto libero di amare senza timore di essere tradito, allontanato, umiliato.
Donate la speranza a chi incontrate partendo da un semplice saluto fatto con il cuore. L'umanità non è cattiva perché ognuno di noi è in grado di donare di regalare un sogno a chi ha perso la gioia di vedere la parte rosa del proprio futuro