Omelia (11-12-2013)
Riccardo Ripoli
Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò

La rivolta dei forconi

Ogni volta la protesta di piazza prende nomi differenti, ma è pur sempre una manifestazione contro un disagio.
Serve a qualcosa? Forse si, ma purtroppo le cose spesso degenerano e dalla pacifica protesta nella quale si gridano le proprie ragioni si passa alle vie di fatto, alle offese, alla violenza, sopratutto contro chi non ha colpe, contro coloro che sono lì per tutelare i diritti di tutti, sia dei manifestanti, sia delle persone che vogliono passeggiare tranquillamente, sia di quelli che la pensano in modo contrario rispetto alla maggioranza.
Quando abbiamo un problema sentiamo la necessità di parlarne con qualcuno, di sfogarsi, ma il tempo ci insegna che purtroppo non tutti capiscono cosa provi realmente, qualcuno riporta ciò che dici ad altri, qualcun altra ti giudica e cambia il rapporto con te. Si impara a tenersi tutto dentro, a non dormire la notte, a piangere senza farsi sentire, a pulirsi la faccia quando gli occhi sono gonfi di lacrime.
Ed è allora che ti senti solo, perduto, senza una guida, una direzione, un progetto; ti senti come una piuma che il vento sospinge a suo piacimento e vorresti reagire, sconquassare il mondo nella speranza di ritrovare un ordine dopo il disordine, un po' come con i bastoncini dello shangai.
Questo è il momento in cui qualcuno guarda a Dio ed altri si lasciano andare alla disperazione, alla depressione che porta taluni al suicidio o a rifugiarsi nella droga o nell'alcool.
Il Signore dice ad ognuno di noi "Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò" ed è proprio vero. Possiamo urlare, gridare, disperarci, ma non troveremo mai conforto. Ogni battaglia vinta procura ferite e non ci sarà mai una vittoria così ampia e totale da renderci felici pienamente. Ogni conquista comporta sempre una qualche rinuncia. Pensate a due persone che si vogliono bene, sarà sempre rose e fiori o ci saranno alterchi ed incomprensioni? Una scelta di vita non comporterà forse una rinuncia a qualcosa di personale? Rinunciare ad avere un figlio non è stata una cosa semplice, ma da quando ho toccato con mano certe realtà di tanti bambini abbandonati ho capito che dovevo e sopratutto volevo dedicarmi anima e cuore a questi ragazzi, pur sapendo che qualcosa mi sarebbe mancato.
Tornassi indietro rifarei questa scelta mille e mille volte, ma ogni tanto un po' di tristezza prende e guardo al Signore, e penso a quanto sia stato fortunato a potermi occupare di così tanti bimbi, averli visti crescere, sbagliare e poi rimediare a loro errori.