Omelia (25-12-2013) |
mons. Antonio Riboldi |
Santo Natale di Gesù Non so se avete mai provato ad essere spettatori di un fatto vitale, meraviglioso, da non riuscire a commentarlo, perché le parole riducono, e molto, la sua bellezza, sia perché si teme che chi ascolta non riesca ad accogliere tutto lo stupore che si vorrebbe trasmettere, sia perché temete di non essere capiti o, peggio ancora, di essere fraintesi e considerati solo dei sognatori, un po' pazzi. A me capita così ogni volta che debbo, non solo commentare i fatti che Dio compie per noi, a cominciare dal Natale di Gesù, ma soprattutto quando voglio condividere il bello che contiene: una bellezza totale, semplice, profonda ed infinita, tanto che l'evangelista Giovanni afferma: ‘A quanti l'accolsero fu dato loro di diventare figli di Dio'. L'evangelista Luca, poi, quando racconta la nascita di Gesù a Betlemme, lo fa con una semplicità disarmante, con poche parole, di una assoluta nudità, proprio per non togliere nulla all'immensità dell'Evento. Così narra: "Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazareth e dalla Galilea salì nella Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per registrarsi insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Ora mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo". (Lc. 2, 1-14) Agli occhi degli uomini, troppo abituati a riempirsi di vanità e superbia, quel bambino ‘deposto in una mangiatoia' non diceva e forse dice nulla anche a noi, insomma un racconto, il Natale di Gesù, che apparentemente può essere privo proprio di stupore. Come comunicare dunque agli uomini di oggi un tale incredibile evento? Sembra per noi impossibile che la grandezza di Dio possa coesistere con un tale interesse per noi, da mandare su questa misera terra, in pienezza di umiltà, il Suo Figlio, il Verbo eterno di Dio, ad incarnarsi, per vivere come noi e con noi, assumendo della nostra fragile vita umana tutti i limiti. Ma Dio è Dio proprio perché è Amore, dono totale di sé e ha scelto la condivisione con la nostra condizione umana per farci strada, se lo vogliamo, e poter così diventare, noi, figli del Padre. Realtà che ha il suo compimento nel sacramento del Battesimo. Più che darsi tanto da fare a Natale per creare quell'aria festosa, che tante volte sa più di superficialità e materialismo, rendendolo solo un'occasione di festa mondana, soprattutto noi cristiani dovremmo saperlo preparare spiritualmente, per poter godere della gioia interiore che nasce dalla consapevolezza di sapere che Gesù è stato ed è tra noi, per farci appartenere alla famiglia di Dio. Purtroppo siamo troppo inondati dal rumore che impedisce il dialogo silenzioso e profondo con Dio che ci viene offerto dal Santo Natale di Gesù, quando invece dovremmo lasciarci prendere dallo stupore che crea la serenità di chi sa di essere invitato a condividere la vita stessa di Dio qui, oggi, e in Cielo, domani. Siamo vittime del chiasso, che penetra anche nella nostra anima e soffoca la dolce atmosfera di Betlemme. Dobbiamo ricordarci che è proprio dell'amore farsi vicino in punta di piedi e comunicarsi ‘senza parlare'. Lasciarsi amare esige una ‘casa nuda', perché l'Amore occupa tutto. Dobbiamo convincerci che ogni angolo negato a Dio è un angolo negato all'Amore e ogni angolo negato all'amore è un angolo negato a Dio. Ma se ci guardiamo dentro con sincerità possiamo scoprire quanto sia profondo il bisogno di amare e di essere amati, perché tutti ne siamo consapevoli, anche coloro che lo negano: solo l'amore dona felicità, come fece Gesù a Betlemme. Nessun clamore mondano, ma quanta felicità ha sempre sparso in chi Lo accoglie. Saremo capaci di ridare al Santo Natale la bellezza divina che Dio ci ha offerto con Gesù tra noi? C'è nell'aria tanta tristezza e nello stesso tempo il forte desiderio che spunti per noi un motivo profondo che offra vera serenità e pace. È la pace che gli Angeli cantarono sulla grotta: ‘Gloria a Dio in cielo e pace in terra agli uomini che Egli ama'. Ma come ha affermato in un'omelia Papa Francesco: "Dobbiamo incontrare il Signore, ma è ancora più importante essere disponibili all'incontro, perché Cristo interviene sulle debolezze di ognuno di noi". |