Omelia (01-01-2014) |
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COMMENTO ALLE LETTURE Commento a cura di Rocco Pezzimenti 1. La semplicità di questo racconto è straordinaria come pure la sua misteriosa profondità. In poche righe sono condensate diverse scene, ognuna delle quali è ricchissima. Nella prima l'arrivo dei pastori che "dopo aver veduto, poi, fecero conoscere ciò che era stato loro detto di questo bambino". Lo avevano detto gli angeli proprio a loro e questo non poteva esimerli dal divulgare la grande notizia. I pastori sono quasi contagiati dal prodigio e dal contrasto: un semplice bambino indifeso che però manifesta e dà "Gloria a Dio nei cieli altissimi" e meravigliano quanti ascoltano il racconto che si sprigiona dai loro cuori entusiasti e pieni di gioia. 2. La seconda scena sembra stridere fortemente con la prima, ma è il nucleo del racconto perché dà il senso alla festa che oggi celebriamo. "Maria, poi, conservava con cura tutte queste cose, meditandole in cuor suo". All'entusiastico parlare della prima scena subentra il silenzio meditativo della seconda. La Madre di Dio non dà segni di esaltazione o di compiacimento: tace e medita istruendoci su come vanno trattate le cose di Dio. Meditazione e silenzio orante. Maria parla poco nel Vangelo, quasi mai. Le parole sembrano non servire. A volte, come nel peccato originale, servono a tentare. Qui sembra essere riparatore quel silenzio che esprime la Redenzione. 3. La terza scena riprende la prima, quasi a evidenziare il contrasto con la seconda. Sono ancora i pastori che non smettono di glorificare Dio per quanto avevano "udito e veduto". Siamo sinceri, noi stentiamo a credere che a istruirli sia stato un coro angelico, ma così deve essere stato altrimenti non si giustifica il loro entusiasmo. Eppure di angeli si parla ancora nella quarta scena, come a dire che non si sta parlando di una favola per bambini. Ci viene detto che gli fu dato il nome di Gesù "come era stato chiamato dall'angelo prima che fosse concepito nel seno". Fu chiamato così quando si compirono i giorni per la circoncisione, alla quale il Signore si sottopone per non trasgredire le regole. 4. Questo racconto non è solo storia, ci riguarda da vicino. È San Paolo a dircelo, riassumendolo in due righe: "allorché il tempo raggiunse la sua pienezza, Iddio mandò il suo Figliolo, nato da una donna, nato sotto la legge, per riscattare quelli che erano soggetti alla legge". Se infatti non volle trasgredire le regole e per darne altre nuove in vista della vita eterna, per la quale si sacrificò. 5. Si offrì per noi "affinché ricevessimo la dignità di figli adottivi", per questo il suo Battesimo di sangue. Dio, non pago di questo, "mandò lo spirito del Figlio suo nei nostri cuori, il quale grida: Abba, Padre!" a riprova che siamo figli di Dio e fratelli in Cristo. Figli, quindi, non più schiavi, eppure questo sembra non bastare. La "follia" del Signore ci fa anche eredi, coeredi assieme a Cristo. Le parole di Paolo sono inequivocabili: "e se figlio, sei, grazie a Dio, anche erede". Parole che non possono, come tante, scivolarci addosso. |