Omelia (06-01-2014) |
padre Antonio Rungi |
Epifania, festa dell'adorazione e della donazione L'Epifania non è soltanto la rivelazione di Gesù Cristo, redentore di tutta l'umanità, ma è soprattutto la solennità dell'adorazione e della donazione. Il testo del Vangelo di Matteo che oggi ascoltiamo nella liturgia della parola di Dio ci ricorda circa la venuta dei Magi alla Grotta di Betlemme. Tre azioni molto importanti dei Re Magi, davanti al Re dei Giudei: prostrazione, adorazione e donazione. Prostrazione è l'atteggiamento di umile riverenza verso un'autorità morale e spirituale. Gesù è riconosciuto dai sapienti del suo tempo l'autorità morale e spirituale con la quale confrontarsi, in quanto la stella di questa autorità che è Cristo li guida proprio dove Egli aspetta ogni persona che vuole incontrarsi sinceramente con lui, libera da ogni condizionamento e da ogni preconcetto. Solo l'umiltà, che Cristo Bambino e Crocifisso ci ha insegnato, ci può introdurre in un'autentica relazione spirituale ed intima con il Signore e da questa profonda relazione indirizzarci ad incontrare gli altri nell'amore, nella carità e nella tenerezza del cuore. Adorazione. E' l'altra azione che compiono i Magi davanti a Gesù. Si adora la divinità quella che tale è nella sua natura ed essenza. Gli antichi adoravano gli idoli, Israele si formo un vitello d'oro e lo adorava, mentre Mosè stava a contatto con Dio sul Monte Sinai. Da sempre l'uomo si è costruito falsi idoli e li ha coltivati come possibile soluzione dei propri problemi esistenziali. Ancora oggi affascinano gli idoli del successo, del benessere, della carriera, dei potere economico, militare, politico e religioso e tanti altri del genere che mettono l'uomo nella condizione di offendere e distruggere altri uomini per arrivare a tali scopi. I Magi invece adorano il Dio vivente che in quel Bambino, povero, umile, che giace in una mangiatoia merita tutta la loro attenzione e la loro preghiera. Il vero re, la vera signoria sta proprio lì, in quell'umile Bambino che poi si troverà a distanza di 33 anni davanti a Ponzio Pilato il quale lo interrogherà chiedendogli se fosse Lui il Re, e Gesù replicò: certo che lo sono, ma il mio regno non è di questo mondo. I magi davanti al Re dei Giudei si prostrano e l'adorano, lo riconoscono e si accende in loro quel dono della fede che non si accenderà nel cuore e nella mente di Pilato. Due opposti atteggiamenti di adorazione e di riconoscimento o rinnegamento della verità del Dio-Bambino e del Dio-Crocifisso. Donazione. Quando c'è la bontà nel cuore e c'è l'apertura all'altro scatta quasi istintivamente il donare qualcosa di se stesso a chi ha di fronte. Qui i Magi si trovano di fronte al Re dei Giudei e quale gesto di riconoscimento dell'identità e della natura vera di Gesù Bambino, gli offrono tre doni, oro, incenso e mirra, proprio per far risaltare la sua regalità, la sua missione e la sua morte e risurrezione. Anche in questi doni c'è tutto uno specifico significato che è possibile attribuire a Gesù Bambino, quale Figlio di Dio e Redentore dell'umanità. Ma i gesti dei Magi non si limitano alle tre azioni menzionate, ma vanno oltre il pur doveroso atto di omaggio al Redentore. Si fanno guidare dalla stella per giungere a Betlemme, una volta lì, provarono una grandissima gioia, incrociando il volto di Maria. Ma dovettero fare i conti con Erode, il Re assassino. E' la storia di una lotta tra il bene e il male che sempre attanaglia l'esistenza umana. Gesù ed Erode, due Re completamente diversi. I magi, i pastori e la gente umile che si lasciano guidare dalla stella del bene e all'opposto chi non crede a quel Re Messia, fino al punto tale da mandarlo a morte, quando ormai la sua fama era diffusa in tutta la regione e Gesù, con il suo ministero pubblico, aveva messo le basi di un altro regno e di un'altra religione, quella che Egli stesso aveva originato con la sua parola e la sua rivelazione di un Dio Uno e Trino, di un Dio Amore, Misericordia e Perdono. La visione del profeta Isaia relativa al Messia diventata realtà con la venuta di Gesù Cristo, ma quelle parole risuonavano nella mente e nel cuore del popolo d'Israele ed erano ben comprese e soprattutto attese. Riflettendo sul mistero dell'incarnazione e sulla redenzione operata da Cristo, nella sua nascita, vita, passione, morte e risurrezione, san Paolo Apostolo nella sua lettera agli Efesìni, parlando della sua vocazione, scrive parole di straordinaria ricchezza spirituale, teologica e pastorale, utili a tutti. Ecco la festa dell'Epifania, che tutte le feste porta via, ma che apre indirettamente su un'altra e più importante festa liturgica della chiesa cattolica: la Pasqua di Gesù. Infatti, tutte le genti, nessuna esclusa le genti "sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo". La universalità della salvezza è pubblicizzata attraverso la venuta dei Magi alla Grotta di Betlemme e chi vuole entrare liberamente su questa strada deve fare come i Re Magi, non passare pe Erode, espressione di morte e di distruzione, ma imboccare la strada della fede, la strada della conversione, la strada dell'amore. Questa è la nostra vera festa dell'Epifania. |