Omelia (02-02-2014)
mons. Antonio Riboldi
La presentazione al tempio

La Chiesa quest'anno celebra un gesto di devozione che Giuseppe e Maria vollero compiere per indicare la loro appartenenza al Padre.
Allora, non essendo ancora avvenuta la redenzione di Gesù, che ci fa tutti figli nel battesimo, gli ebrei usavano mostrare la loro appartenenza, o almeno il desiderio di essere considerati figli del Padre, visitando il tempio, che era considerato il luogo della Presenza di Dio.
Presentavano il primogenito come atto di sottomissione e fede in Dio.
Per questo vi era la presentazione al tempio. La famiglia di Gesù, Giuseppe e Maria, sentono profondamente la loro appartenenza al Padre, e sanno, che il Figlio è stato loro affidato, perché lo custodiscano, secondo la volontà del Padre, poiché Egli è venuto per la salvezza di molti.
È davvero commovente il fatto che Dio ci ami tanto. Forse non ci pensiamo e, a volte, viviamo senza lo sguardo rivolto alla vera ragione della nostra nascita, che dovrebbe essere un coraggioso e gioioso cammino verso la vera vita.
La Chiesa vuole ricordarci la premura di Giuseppe nel portare la sua famiglia al tempio, come atto di fede e di amore. Ed è proprio in quel momento che la figura di Simeone, uomo giusto e timorato di Dio si rivolge a Maria, la mamma.
Rileggiamo questo stupendo racconto degli inizi della vita di Gesù tra di noi.
"Quando furono compiuti i giorni della purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore - come è scritto nella legge del Signore: ‘Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore' - e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d'Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch'egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: ‘Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele'." (Lc. 2, 22-32)
In questa scena così semplice ed ordinaria, in cui una coppia di sposi timorati di Dio porta all'altare l'offerta dei poveri, Simeone ha gli occhi del cuore aperti e guarda con una vista molto più acuta di tutti coloro che pure sono lì presenti.
È lo sguardo che proviene dallo Spirito Santo e dall'attesa vigile di vedere realizzata un'antica promessa fatta da Dio. Simeone sa che Dio è sempre fedele alle Sue promesse.
Non stupiscono dunque le sue parole: sono la profezia di quanto avverrà nella vita di Gesù e Maria. Gesù sarà molto amato, ma anche molto odiato e osteggiato.
La sua non sarà ‘la passeggiata di un Dio fatto uomo tra noi', ma una vita a lungo meditata e preparata a Nazareth, con una missione di dono totale fino alla croce per la nostra salvezza.
Un dono a cui Maria parteciperà con tutta se stessa: ‘Una spada ti trapasserà l'anima'.
La presentazione di Gesù al tempio non è un mistero gaudioso, ma doloroso. Maria, con Giuseppe, presenta a Dio il figlio Gesù, glielo ‘offre'. Ora, ogni offerta è una rinuncia.
Comincia il mistero della sua sofferenza, che raggiungerà il culmine ai piedi della croce.
Gesù, il Primogenito per eccellenza, non sarà ‘risparmiato', ma con il suo sangue porterà la nuova e definitiva liberazione.
Ma questa liberazione non avrà i toni trionfalistici che il mondo attendeva: la redenzione passa attraverso il silenzio, il nascondimento, il rifiuto e la croce stessa.
È in quel racconto che vediamo, come Simeone, la nostra storia di redenti alla vita celeste.
Scopriamo il vero disegno che Dio ha per noi, nel donarci il frutto della redenzione del Figlio, preparato tanto a lungo.
Dio non ci ha certamente creati per una breve esistenza da vivere qui, ma ha mandato il Figlio, lo ha donato, perché seguendoLo partecipassimo della sua stessa gloria. Ma ci pensiamo?