Omelia (02-02-2014) |
Gaetano Salvati |
Commento su Luca 2,22-40 "Vieni, Signore, nel tuo tempio santo", recita il ritornello del Salmo. Veramente il Signore, incarnato nel mondo, è il messaggero della buona novella fin dalla sua nascita; Colui che ha trasformato le ombre deserte della storia in strade nuove, in un cammino di gioia e di pace per ogni uomo che desidera incontrare la verità. L'autore della Lettera agli Ebrei afferma, infatti, che Cristo "è divenuto partecipe" della medesima condizione degli uomini, "sangue e carne" (Eb 2,14), per essere pienamente solidale con "la stirpe di Abramo" (v.16). Ma cosa significa essere solidali, prendersi cura di ogni uomo (v.16)? Il vangelo di Luca narra che "Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore, secondo la Legge" (Lc 2,22). Il Figlio incarnato ha voluto essere completamente sottomesso alla legge data a Mosè e, soprattutto, a tutti i vincoli che la condizione umana impone a ciascuno. Egli ha percorso tutte le tappe della crescita umana: sottomesso ai genitori, educato da loro, ha conosciuto le esperienze dei limiti umani, compresa la morte. Proprio per questo, allora, è il sommo sacerdote che libera dalle catene delle tenebre e compassiona le sofferenze di tutti, perché ne ha fatto esperienza. Vero Dio e vero uomo, luce che illumina la candela della nostra anima, Egli dà a ciascuno la libertà e la responsabilità di accoglierLo come Salvatore, come compagno di strada nella vita, che dona un nuovo valore a tutto: alle ansie, all'esultanza, alla dolcezza, ai nostri sacrifici. Tutto in Lui ha un senso nuovo, una nuova direzione, che conduce alla gloria e alla pienezza. Ritorna ancora il ritornello inizale: "Vieni Signore". È il grido di ogni uomo, di coloro che hanno conosciuto il Maestro e di quelli che sperano di ospitarLo. A tutti il Signore rivolge la parola che la liturgia di oggi proclama: "Andate incontro al vostro Salvatore". Non rimaniamo chiusi nelle nostre preghiere, in attesa di un segno straordinario dal cielo; apriamo, invece, il cuore, tutta l'esistenza, alla venuta di Dio, alla Sua volontà di venire incontro a noi; "egli è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova" (Eb 2,18). Il nostro, infatti, è un Dio dinamico, in perenne movimento d'amore; non il Dio della filosofia, ma "misericordioso e degno di fede" (v.17), che accetta le nostre suppliche, e ci accetta per quello che siamo, le invocazioni d'aiuto, perdona sempre le offese, e riscalda i cuori raffreddati dal peccato e dalla nostalgia della verità. Amen. |