Omelia (05-03-2014)
padre Gian Franco Scarpitta
Salita, semplicità e vittoria

La salita e la semplicità sono luoghi caratteristici del cammino penitenziale di Quaresima. Entrambe sono consequenziali l'una all'altra e sfociano nell'unico obiettivo della gioia.
Osserviamo infatti Elia mentre si incammina verso il monte Oreb, lo stesso in cui Mosè aveva ricevuto la rivelazione divina e la vocazione di liberatore del popolo dall'Egitto (Es 3, 1 - 4. 17) e vi era anche salito per ricevere da Dio le tavole della Legge (Es 19, 10 ess.): Elia vi è giunto dopo un cammino di 40 giorni e di 40 notti e dopo avervi percorso il difficilissimo percorso in salita (1Re 19, 9). Il monte Oreb (detto anche Sinai) ancora oggi è caratterizzato da un faticoso itinerario definito dei "passi della penitenza", che prevede un percorso di salita irta e assai faticosa, a piedi e in compagnia dei beduini.
Anche Mosè vi era salito, come pure altri profeti interessati dai monti (luoghi della manifestazione divina) avevano affrontato il cammino in salita sul monte. il Tabor è la dimensione geografica nella quale Pietro, Giacomo e Giovanni fanno esperienza della divinità di Cristo nel fenomeno della trasfigurazione, mentre l'annuncio delle Beatitudini secondo la versione matteana scaturisce dalla cima di una montagna. Dappertutto il monte è luogo della manifestazione del divino all'umano, nel quale Dio, rivelandosi, svela anche all'uomo la realtà di se stesso, tuttavia comporta sempre un ripido e sacrificato itinerario. Che Elia lo abbia percorso dopo 40 giorni e 40 notti di cammino (tempo simbolico di attesa e di privazione) sottende alla realtà della fatica umana e della rinuncia, del deserto morale e della privazione anche fisica, della pena e del sacrificio a cui tutti siamo soggetti.
Alla pari di Elia, ciascuno di noi è chiamato a percorrere la propria ascesa verso il Signore, combattendo contro se stesso e contro ogni sorta di sfida e di provocazione propinata dall'oggi.
Anche le prove e le tentazioni costituiscono il nostro cammino in salita verso il Signore e le devianze spirituali sono all'ordine del giorno nell'itinerario della nostra comunione con Dio.
La prima iniziativa della chiamata è sempre quella di Dio, che ci invita alla comunione con sé e non si arrende alle nostre reticenze e alle nostre refrattarietà: lui ci chiama a conversione e realizza il suo appello semplicemente amandoci e auto comunicando se stesso con noi. Amos e Osea ci ragguagliano rispettivamente della realtà che Dio è Giustizia e Amore nei nostri confronti e allo stesso tempo del fatto che queste Virtù vengono da lui esercitate gratuitamente, in un rapporto di estrema confidenza e spontaneità in cui Egli stesso si propone per primo. Ciò nondimeno la risposta umana all'appello di conversione è sempre un cammino ostile e tormentato, che dà l'idea della salita ripida e tortuosa.
Ciò tuttavia non dev'essere per noi motivo di disanimo e di scoraggiamento, perché il Signore ci dona sempre lo stesso sostegno alimentare di cui al ginepro di Elia: se per noi il cammino è molto lungo, ci viene alleviato dal sostanziale alimento del pane, che per nostro singolare privilegio è anche pane vivo disceso dal Cielo, lo stesso Dio che entra nella storia per farsi nostro alimento: Eucarestia. Con la forza di questo cibo e di tanti elementi di grazia, siamo sostenuti nel percorso del monte, siamo avvinti dalla perenne nube divina che ci avvolge mostrandoci motivi di sicurezza e di costanza.
La vicenda di Elia non si esaurisce infatti nella sola salita del monte, ma nell'incontro con Dio che gli si manifesta e che lui vede faccia a faccia, speditamente e senza ostacoli o impedimenti. E l'incontro avviene non già in episodi sproporzionati e immensi, non in fatti eclatanti o in avvenimenti sensazionali, ma nelle piccole circostanze della vita, quali "il mormorio di un vento leggero". Certo, chiunque sarebbe propenso a percepire la presenza di Dio in eventi vorticosi e rilevanti: di fronte alla straordinaria potenza di un vento impetuoso capace di distruggere perfino le rocce, o di un terremoto improvviso, o ancora di un fuoco dirompente, chi non penserebbe immediatamente ad una manifestazione insolita da parte di Dio? Da aggiungersi peraltro che nella Scrittura fuoco, vento e terremoto sono elementi costitutivi della manifestazione straordinaria del divino (Cfr per esempio At 2, 1 -6) e pertanto per il nostro profeta sarebbe stato del tutto legittimo e comprensivo riscontrare il Signore in uno di questi fenomeni. Eppure Egli non si manifesta nel vento, nel fuoco o nel terremoto, bensì in una folata di vento leggero, che indica la semplicità della familiarità con il Signore che egli stesso ci comunica e che a noi non resta che cogliere a piene mani come dono dal valore inestimabile.
La semplicità con cui è possibile incontrare Dio nella nostra vita è molto più fruttuosa di agognati miracoli ed eventi straordinari perché il Dio di Gesù Cristo è il Dio della vita e per ciò stesso della concretezza dei rapporti e delle relazioni. Il Dio che ha vissuto nell'Incarnazione l'elemento umiliazione salendo egli stesso carico della croce sul Golgota per essere sottoposto al vituperio del personale del dolore e della morte è il Dio che manifesta la sua forza proprio in ciò che noi consideriamo debolezze e impassibilità (1Cor 1, 25).
Se il nostro itinerario quaresimale è caratterizzato da continui percorsi in salita e da apparenti sconfitte, non ci abbandona il sostegno di Dio Padre che in Cristo rafforza e alimenta il nostro cammino, per conseguirci la gloria e la ricompensa di una vita piena nella gioia del Risorto. La Quaresima possa essere allora per tutti una grande opportunità di vittoria.