Omelia (15-08-2004) |
mons. Ilvo Corniglia |
La festa dell'Assunzione di Maria al Cielo ha uno speciale sapore di famiglia: una comunità di figli che si stringe affettuosamente attorno alla propria madre per celebrare il suo destino glorioso. La nostra esultanza condivide l'esultanza stessa di Maria. Il Magnificat - questo canto di lode riconoscente e di gioia esplosiva - non è uscito dalle labbra di Maria soltanto nell'incontro con la cugina Elisabetta. Ma durante la sua esistenza terrena non si è mai spento nel suo cuore. E ora, in cielo, continua a risuonare con un'intensità superlativa. Con Maria, trascinati nella sua lode gioiosa, cantano il Magnificat tutti gli abitanti del cielo e ad essi si uniscono i credenti, ancora in cammino verso la patria definitiva. "Tutte le generazioni mi chiameranno beata". In comunione profonda con tutte le generazioni cristiane del passato e con quelle che verranno, noi oggi - attuando il suo annuncio profetico - proclamiamo beata Maria e facciamo nostro il suo cantico di lode. Può essere utile coglierne il contenuto per gustarlo e pregarlo meglio. Nella prima parte del Magnificat domina il ringraziamento personale di Maria a Dio perché l'ha scelta a essere madre del Messia (madre vergine!): "ha guardato...ha fatto in me grandi cose". Dalla sua esperienza personale, poi, Maria passa a contemplare la salvezza che Dio ha cominciato a compiere in favore del suo popolo e dell'intera umanità. Questa salvezza la descrive con una serie di verbi al passato: il Signore "ha disperso i superbi...ha rovesciato i potenti, ha innalzato gli umili, ha ricolmato di beni gli affamati...ha soccorso...". E' un capovolgimento radicale della sorte degli uomini, è il compimento delle promesse di salvezza fatte dai profeti. Tutto ciò ha la sua origine nell'evento che si è compiuto in Maria, è legato al bambino che lei porta nel grembo. E' il Regno di Dio che comincia a realizzarsi. Maria con un'audacia sorprendente e una incredibile carica di ottimismo e di speranza lo annuncia come un fatto compiuto. In effetti, tutti i verbi indicano un'azione come già avvenuta. Maria dice queste parole quando ha appena cominciato a vedere l'opera di Dio (cioè la presenza del Figlio nel suo grembo). Così la Chiesa proclama il Magnificat quando Cristo è risorto, ma rimangono ancora gravi ingiustizie sociali e il male continua a imperversare. Maria, e in lei e con lei la Chiesa, è talmente sicura che Dio porterà a compimento l'opera iniziata da parlarne come di un disegno già realizzato. C'è una parola chiave con cui Maria interpreta la sua esperienza personale come pure l'intervento di Dio in favore dell'umanità: "misericordia", cioè la tenerezza paterna e materna di Dio. Maria vede la sua esistenza e la storia di tutta l'umanità come avvolte e percorse dalla misericordia divina. Il rapporto di Dio con Maria si prolunga nella sua relazione d'amore con noi. Le parole iniziali riassumono in qualche modo l'intero canto dandogli una tonalità di celebrazione ("l'anima mia magnifica = esalta il Signore") e di esultanza ("il mio spirito esulta in Dio mio salvatore") che lo impregna dal principio alla fine. Il senso è: tutta la mia persona, tutto il mio essere esalta il Signore ed esulta, cioè fa salti di gioia, che non riesce a controllare. Danza nel giubilo. Il motivo è Lui, il "mio Salvatore". La gioia di Maria è Qualcuno, il Signore. Il motivo della lode e del giubilo viene esplicitato: * "Ha guardato l'umiltà della sua serva". Come spiega Giovanni Paolo II, "la sua gioia nasce dall'aver fatto l'esperienza personale dello sguardo benevolo di Dio su di lei, creatura povera e senza influsso nella storia". * "Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente". Le grandi opere di Dio si riassumono in una sola: Gesù, di cui Maria è stata scelta ad essere la madre. Gesù nel suo mistero pasquale di morte e risurrezione. Le "grandi cose", allora, sono tutti gli interventi di Dio su Maria: dall'Immacolata Concezione alla maternità divina...all'Assunzione che corona le opere di Dio in suo favore. L'Assunzione è la Pasqua di Maria. La Pasqua di Gesù: Gesù muore per amore e il Padre lo risuscita accogliendolo nella pienezza della sua vita gloriosa. Così anche per Maria: anche lei fa l'esperienza della morte. Una morte che, al di là delle cause naturali, è stata una morte d'amore. Una morte accompagnata, e forse anche determinata, dal desiderio struggente di raggiungere il proprio Figlio. Una morte così è il culmine della maturazione nell'amore e segna per Maria il passaggio (=Pasqua) alla pienezza della vita: con tutta la realtà della sua persona è accolta in Dio, nel vortice d'amore della Trinità. Intimamente unita al suo Figlio risorto, lei pure risorta. "Risplende la Regina, Signore, alla tua destra" (Sal. Resp.). E' la creatura perfettamente realizzata, nella quale sono espresse in misura inarrivabile tutte le potenzialità che Dio ha racchiuso in una persona umana. Essa sprigiona un fascino irresistibile. Se il cristianesimo è anche bellezza, anzi soprattutto bellezza; se "il mondo sarà salvato dalla bellezza", Maria concorre in modo singolare a mostrare quest'aspetto essenziale del cristianesimo. Non si dà Figlio senza Madre: il rapporto unico e irripetibile che Maria ha vissuto nella sua esistenza terrena con Gesù è sfociato nella condivisione perfetta della gloria di Cristo. Siamo presi dalle vertigini se proviamo anche solo a immaginare la bellezza di Maria, la sua gioia, ma anche e soprattutto la gioia della Trinità, che non si stanca di contemplare il suo capolavoro, colei che è "il Paradiso di Dio" e anche nostro. "Dio ha fatto un mondo per l'uomo viatore (=ancora in cammino), questo nostro. Ha fatto un mondo per l'uomo beato, il paradiso; ma ne ha fatto un altro per sé e gli ha dato il nome di Maria" (San Luigi Grignion de Monfort). Certamente Dio non ha bisogno di nessuno per essere felice: lo Spirito Santo - che è l'abbraccio d'amore, l'unità perfetta tra il Padre e il Figlio - è la loro gioia eterna e inesauribile. Ma sul versante umano Maria è la gioia di Dio e nostra. E anche noi, come Lei e con Lei, siamo chiamati a essere il Paradiso di Dio, la gioia del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Ma non si dà la Madre senza i figli. Maria è già ora quello che noi saremo. In lei la Chiesa intravede e quasi già pregusta il proprio destino finale, il proprio futuro. In lei ha una fonte di invincibile speranza, sapendo che Maria "con la sua materna carità si prende cura dei fratelli del Figlio suo ancora peregrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni, fino a che non siano condotti nella patria beata" (LG 62). In effetti, dire "Maria assunta in cielo" significa "Abbiamo una mamma in cielo", cioè in Dio (il cielo= Dio). In Dio noi siamo immersi. Maria quindi è presente a ciascuno con lo sguardo di Dio, col cuore di Dio, con la potenza di Dio. Ecco il fondamento della nostra confidente preghiera. Una Madre, poi, che non si stanca di indicarci la via per raggiungere la grande casa paterna dove ci attende: credere ("Beata colei che ha creduto!") e amare ("Maria si mise in viaggio..."). Vivere quella fede e carità che sono espresse nel Magnificat. Recitare, cantare con Maria il Magnificat, in cui "traspare l'estasi del suo cuore" (GPII). Cantarlo con la vita. Essere il Magnificat, per cantarlo eternamente con Maria. E intanto scoprirla come compagna di viaggio, lasciandoci prendere per mano. Essere come un bimbo che mette la sua mano nella mano della mamma e qualche volta si fa anche prendere in braccio. |