Omelia (06-04-2014)
Monastero Domenicano Matris Domini
Commento su Gv 11,1-45

Collocazione del brano

Questo brano della risurrezione di Lazzaro, oltre a far parte delle ultime tre tappe di preparazione dei catecumeni � il preludio ai racconti della passione e morte di Ges�. Infatti Giovanni al termine di questo episodio (Gv 11,45-53) ricorda che il Sinedrio decise di far morire Ges� proprio a causa di questo strepitoso miracolo. Il brano inoltre � in continuit� con quello precedente (10,24-39), in cui i giudei chiedono a Ges� di dire apertamente chi sia, ma Ges� rimprovera loro di saperlo gi� e di non volergli credere. Come il racconto del cieco nato, anche la risurrezione di Lazzaro � preceduta da un diverbio con i giudei e dal tentativo di questi di lapidare Ges� (10,31.39). La resurrezione di Lazzaro � l'ultimo segno compiuto da Ges� e corona i racconti delle "opere" che testimoniano a suo favore. Anzi possiamo dire che sia il segno per eccellenza: Ges� non � un semplice guaritore, ma � per tutti "la risurrezione e la vita", proprio per il suo passaggio attraverso la morte.

Lectio

In quel tempo 1 un certo Lazzaro di Bet�nia, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato.

Il racconto inizia con la semplice presentazione dei personaggi. Lazzaro � ignoto alla tradizione sinottica. Il nome Lazzaro significa "colui al quale Dio viene in aiuto". Egli � l'unico malato nel vangelo di Giovanni che viene ricordato per nome. E' differente dagli altri malati guariti da Ges� perch� egli faceva gi� parte del gruppo dei suoi discepoli. Marta e Maria sono ben conosciute, grazie a Luca. Betania � una piccola borgata a 3 km da Gerusalemme. Qui Ges� alloggi� negli ultimi giorni della sua vita (Mc 11,1-11; Mt 21,17). In questo testo ricorrono spesso i termini fratello e sorella. Ci� suggerisce non solo la consanguineit� tra i tre amici di Ges�, ma il fatto che a Betania vi fosse gi� una comunit� di discepoli, i quali nella Chiesa primitiva venivano appunto chiamati fratelli e sorelle.

2 Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciug� i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato.

Maria viene identificata per anticipazione, con la donna che unse Ges� qualche giorno prima della sua morte (Gv 12,1-8). Questo versetto non � una glossa, ma sta ad evocare fin dall'inizio del racconto, la morte di Ges� stesso. L'unzione infatti rimandava alla sepoltura. Questo ci dice anche che Maria era ben conosciuta da parte dei lettori di Giovanni.

3 Le sorelle mandarono dunque a dirgli: "Signore, ecco, colui che tu ami � malato".

Il messaggio delle sorelle � implicito. Come Maria a Cana sanno che non � necessario dire altro perch� Ges� si prenda a cuore il problema. Nel loro appello, Lazzaro non � chiamato per nome, ma � definito in base alla relazione "colui a cui tu vuoi bene � malato" (on phileis). L'essere amati da Cristo non preserva dunque dalla sofferenza e dalla malattia, n� la malattia di Lazzaro � conseguenza di una trascuratezza di Ges�.

4 All'udire questo, Ges� disse: "Questa malattia non porter� alla morte, ma � per la gloria di Dio, affinch� per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato".

Le parole di Ges� spiazzano un poco. Egli non parla di Lazzaro ma parla della sua malattia e della sua inevitabile conseguenza, la morte. Ma invece di piegarsi a questa inevitabilit� Ges� apre la malattia alla "gloria di Dio", la quale a sua volta porta alla glorificazione del Figlio. Qui Ges� anticipa quello che compir�, il suo programma. La gloria di Dio e del Figlio non consiste nell'umiliazione dell'uomo, ma nel comunicargli la vita piena, liberandolo dalla morte e dalle tenebre.

L'espressione "sia glorificato" pu� essere tradotta con "si manifesti la gloria". Questa espressione mette la risurrezione di Lazzaro in connessione con il primo miracolo di Ges� alle nozze di Cana (a Cana Ges� "manifest� la sua gloria e i suoi discepoli credettero in Lui" (Gv 2,11). Si tratta dunque del primo e dell'ultimo dei sette segni che Giovanni riporta nel proprio vangelo. Sono l'inizio e la fine della manifestazione di Ges�. Sono simboli della salvezza portata da Cristo: a Cana il dono di un amore nuovo che unir� l'uomo e Dio, a Betania il trionfo sulla morte.

5 Ges� amava Marta e sua sorella e Lazzaro.

Ges� amava le due sorelle e Lazzaro. Qui il verbo � agapao, molto pi� intenso del verbo phileo che � stato utilizzato dalle sorelle per ricordargli la malattia di Lazzaro. E' un amore forte che si realizzer� nel riportare Lazzaro in vita.

6 Quando sent� che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava.

Nonostante Ges� amasse tanto i tre fratelli di Betania, non si precipita da loro. Questo sembra proprio un controsenso. Ges� non si attarda nell'attesa che Lazzaro muoia poich� sarebbe comunque arrivato tardi (cf. vv. 11 e 14). Possiamo intendere questi due giorni di attesa come l'intenzione di entrare nel terzo giorno, quello che a Cana (Gv 2,1) � stato quello della manifestazione della gloria di Ges� ai discepoli e che sar� anche quello della sua risurrezione.
7 Poi disse ai discepoli: "Andiamo di nuovo in Giudea!".

Ricompaiono i discepoli, assenti dall'episodio del cieco nato. L� erano presenti affinch� Ges� spiegasse il senso del miracolo che stava per fare; qui la loro opposizione alla partenza per la Giudea d� l'occasione a Ges� di manifestare la sua decisione di fronte alla morte di Lazaro e di fronte alla propria morte.

"Andiamo di nuovo in Giudea". Ges� prende l'iniziativa di partire per la Giudea, quando arriva il momento stabilito dal Padre. Si era infatti allontanato dalla Giudea con i suoi discepoli, ritirandosi in Transgiordania.

Ormai l'ora di Ges� pi� volte nominata, a partire dalle nozze di Cana, sta per giungere.

8 I discepoli gli dissero: "Rabb�, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?".

I discepoli protestano; il richiamo alla lapidazione rimanda a quanto era successo l'ultima volta in cui era stato a Gerusalemme (10,31.39) e il tema della morte di Ges� si profila chiaramente. Come nei sinottici, anche qui davanti a Ges� che parla della propria morte i discepoli rimangono sconvolti.

9 Ges� rispose: "Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perch� vede la luce di questo mondo; 10 ma se cammina di notte, inciampa, perch� la luce non � in lui".

Ges� non richiama i suoi discepoli ma fa loro questo discorso sul cammino di giorno o di notte.

Nell'episodio del cieco (9,4-5) l'opposizione giorno/notte si riferiva al tempo in cui � possibile lavorare, e Ges� si riferiva alla sua missione. Qui il discorso si pu� accostare ad altre parole dette da Ges� a riguardo della luce e cio� Gv 12,35-36: "Solo ancora per un po' di tempo la luce � in mezzo a voi. Camminate finch� avete luce, affinch� non vi sorprendano le tenebre. Chi cammina nella tenebra non a dove va. Finch� avete luce credete nella luce". Ges� inviterebbe dunque i suoi discepoli a vincere la loro reticenza e a seguirlo, poich� ormai il suo giorno sta per finire.

11 Disse queste cose e poi soggiunse loro: "Lazzaro, il nostro amico, si � addormentato; ma io vado a svegliarlo". 12 Gli dissero allora i discepoli: "Signore, se si � addormentato, si salver�".

Ges� parla della morte di Lazzaro come di un sonno. Spesso morte e sonno vengono associati, soprattutto nel Nuovo Testamento. Ges� sembra qui parlare di sonno per sminuire la potenza della morte, di fatto � quello che egli ha compiuto I discepoli per� non capiscono, pensano che davvero Lazzaro sia assopito a causa della malattia e che questa non sar� fatale per lui.

13 Ges� aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno.

Giovanni ci spiega meglio cosa Ges� intendesse e che i suoi discepoli avevano capito parlasse della fase iniziale del sonno.



Allora Ges� parla in modo esplicito e pronuncia una frase piuttosto sconvolgente. Afferma di essere contento di non essere andato prima da Lazzaro. Se fosse stato da Lazzaro, costui non sarebbe morto, come diranno fra pochi versetti anche le due sorelle. La sua gioia deriva dal fatto che la fede dei discepoli sar� pienamente illuminata dal ritorno di Lazzaro alla vita. L'evento � cos� presente al suo pensiero che concludendo il dialogo come l'aveva cominciato ("andiamo"), Ges� non dice pi� in Giudea, ma da colui che, ora morto, rivivr�.

16 Allora Tommaso, chiamato D�dimo, disse agli altri discepoli: "Andiamo anche noi a morire con lui!".

L'affermazione coraggiosa di Tommaso (il cui soprannome significa "gemello") dimostra che i discepoli non hanno ancora compreso che la morte di Ges� non sar� una resistenza eroica, ma una scelta di radicale obbedienza al Padre. E' da ricordare poi che al momento della passione tutti i discepoli scapperanno.

17 Quando Ges� arriv�, trov� Lazzaro che gi� da quattro giorni era nel sepolcro.

Al suo arrivo, Lazzaro � gi� da quattro giorni nel sepolcro. Nella mentalit� semitica, si riteneva che la morte fosse definitiva a partire dal terzo giorno; giungendo a Betania in ritardo, Cristo fa in modo di togliere tutti gli appigli alla contestazione del miracolo. Prima del terzo giorno, i farisei avrebbero infatti potuto insinuare che quella di Lazzaro non fosse vera morte.

18 Bet�nia distava da Gerusalemme meno di tre chilometri 19 e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello.

Betania non era molto distante da Gerusalemme (circa 3 km) e i giudei potevano venirci agevolmente.

Questo prepara la presenza di testimoni al miracolo che Ges� sta per compiere. Molti crederanno a lui, ma altri andranno a riportare il fatto alle autorit� di Gerusalemme. I giudei vennero a consolare Marta e Mari per il fratello, non tanto per il loro fratello, ma per colui che faceva parte della comunit� dei discepoli di Ges�.

20 Marta dunque, come ud� che veniva Ges�, gli and� incontro; Maria invece stava seduta in casa.

Le due sorelle che insieme hanno fatto ricorso al "Signore" e che esprimeranno il loro dolore con le stesse parole (vv. 21.32) si comportano in maniera opposta di fronte al mistero della morte. Marta corre subito verso Ges�; Maria rimane in casa, "seduta", come si conviene a una donna in lutto (forse c'� un piccolo riferimento a Lc 10, 39, Maria che rimane seduta ai piedi di Ges�). L'una afferma la speranza nella vita che non finisce, l'altra non sente altro che la separazione ormai avvenuta. A questi atteggiamenti contrastanti corrispondono reazioni differenti di Ges�, attraverso le quali traspare il suo personale coinvolgimento di fronte alla morte.

21 Marta disse a Ges�: "Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! 22 Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la conceder�".

Lasciando i consolatori, Marta va incontro a Ges� fuori dal villaggio. Dando sfogo al suo dolore, collega la perdita del fratello all'assenza di Ges�, ma non come un rimprovero: essa si rivolge al "Signore", la cui presenza preserva dalla morte. E in realt�, senza fermarsi, aggiunge che anche ora Ges� pu� ottenere tutto da Dio, insinuando cos�, vagamente, che se egli volesse, un miracolo � ancora possibile. La convinzione di Marta che Dio non rifiuta nulla a Ges�, si allinea a quella del cieco nato divenuto vedente.

23 Ges� le disse: "Tuo fratello risorger�". 24 Gli rispose Marta: "So che risorger� nella risurrezione dell'ultimo giorno".

Ges� risponde a Marta che suo fratello risusciter� (anistemi) in un futuro indeterminato. Marta, sempre senza esitazione, lo interpreta nel senso della risurrezione dei morti nell'ultimo giorno, secondo la fede del giudaismo ortodosso. Non si accontenta, ma afferma una certezza. Ma forse, il modo in cui risponde chiede a Ges� di precisare meglio la sua affermazione.

25 Ges� le disse: "Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivr�; 26 chiunque vive e crede in me, non morir� in eterno. Credi questo?".

Ges� risponde con un ego eimi (io sono) di rivelazione e completa questa affermazione con due sentenze che, esplicitandola, richiedono la fede in lui. Queste due sentenze oppongono "vivere" e "morire". Nella prima sentenza morire ha il senso ovvio del trapasso e vivere ha il senso forte della vita eterna; nella seconda sentenza morire ha il senso forte della perdizione definitiva, della privazione per sempre della vita divina, vivere sembra riferirsi alla situazione di chi � ancora in questo mondo e crede. Il credente dunque � destinato alla vita che non ha termine. Il versetto nel suo insieme abbraccia il presente e l'avvenire perch�, pur trattandosi del destino ultimo, � chiaro che il credente, grazie a Ges� diventa fin d'ora un "vivente", il germe della vita eterna � ormai in lui. Ges� termina il suo annuncio domandando a Marta se crede "ci�".

27 Gli rispose: "S�, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo".

Come risposta Marta pronuncia una confessione di fede che non ha per oggetto il potere escatologico di Ges�, ma la sua identit�. Cominciando con un "io credo" molto deciso, come indica il perfetto del verbo, Marta riconosce nel suo interlocutore il Cristo e il Figlio di Dio. La finale "colui che viene nel mondo", pur senza essere un titolo in senso stretto, confessa che Ges� � Colui che, inviato dall'alto, d� compimento all'attesa d'Israele. In tre battute, Marta � passata dalla convinzione di un rapporto privilegiato di Ges� con Dio al riconoscimento dell'inviato escatologico, mediante il quale il Regno di Dio si � fatto vicino. Marta � passata dalla fede giudaica a quella cristiana.

28 Dette queste parole, and� a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: "Il Maestro � qui e ti chiama".

Come Andrea chiam� Pietro a conoscere Ges�, cos� una delle due sorelle chiama l'altra. Il cammino della fede si compie attraverso l'invito dei fratelli. Perch� Marta chiama Maria di nascosto? Forse per non rendere ufficiale l'arrivo di Ges� davanti ai giudei? Sembra pi� probabile che Marta voglia che anche Maria possa parlare con lui in libert�, senza persone estranee che li ascoltano.

29 Udito questo, ella si alz� subito e and� da lui. 30 Ges� non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora l� dove Marta gli era andata incontro.

Ges� sembra obbligare le due sorelle a venire da lui. L'incontro con il Signore ci invita sempre ad uscire da noi stessi, a fare anche solo un piccolo passo verso di Lui.

31 Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro.

I giudei seguono Maria, fraintendendo le sue intenzioni. Questa informazione introduce narrativamente la presenza di numerosi testimoni al miracolo della risurrezione di Lazzaro.
32 Quando Maria giunse dove si trovava Ges�, appena lo vide si gett� ai suoi piedi dicendogli: "Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!".

Maria si getta i ai piedi di Ges�, il suo "Signore" ed esprime il lamento con le parole della sorella. A ben guardare c'� una piccola differenza. Maria dice: "Se tu fossi stato qui, non mi sarebbe morto il fratello". Il significato non cambia sostanzialmente, ma la frase formulata cos�, lascia intravedere una carica emotiva pi� forte, che forse � un tratto peculiare del carattere di Maria di Betania.

Maria per� non dice altro, non fa appello all'onnipotenza di Ges�: per essa la fatalit� della morte si impone ed essa scoppia in lacrime.

33 Ges� allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato,

Giovanni registra delle reazioni emotive in Ges�, che per� non sono molto specificate. Il primo di questi verbi "fremette" (embrimaomai) significherebbe sgridare o indignarsi contro qualcuno. Ges� non sgrida nessuno, ma freme nel suo spirito, in se stesso, non si sa bene per quale motivo, forse per la mancanza di fede dei presenti, o come reazione di fronte al dolore provocato dalla morte.

Si turb� � un termine che verr� utilizzato per descrivere lo stato d'animo di Ges� di fronte alla sua ora imminente "La mia anima � turbata" Gv 12,27.

Questi due verbi "fremere" ed "essere turbato" ci fanno dire che la situazione pone Ges� davanti alla realt� della morte, non solo quella di Lazzaro, ma la sua, ormai imminente. Ges� reagisce con una lotta interiore, simile a quella espressa nel salmo 42,6: "perch� sei triste anima mia, perch� ti agiti in me?", che i primi cristiani attribuirono presto a Ges�.

34 domand�: "Dove lo avete posto?". Gli dissero: "Signore, vieni a vedere!".

Alla domanda di Ges� circa il sepolcro di Lazzaro, l'evangelista riporta una risposta costruita sullo stesso schema dell'invito rivolto da Filippo a Natanaele: "Vieni e vedi" (v. 34). Si tratta di due verbi che alludono a una conoscenza diretta e personale, fondata sull'esperienza. Per la prima volta, Cristo fronteggia una morte che tocca da vicino la sua sensibilit� umana, una morte che gli strappa l'amico e ferisce i suoi affetti umani; per questo, giunto davanti al sepolcro, si commuove profondamente. Ci� conduce implicitamente alla conoscenza della morte come esperienza soggettiva, che Cristo dovr� attraversare come epilogo del suo ministero terreno. Quel che Cristo vede ora in Lazzaro, sa che anche Lui dovr� sperimentarlo; e sa che la sua morte sar� ugualmente, in modo simile a questa che ora ha colpito Lazzaro, una lacerazione degli affetti di coloro che lo amano.

35 Ges� scoppi� in pianto. 36 Dissero allora i Giudei: "Guarda come lo amava!". 37 Ma alcuni di loro dissero: "Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far s� che costui non morisse?".

Intorno a Lui la folla si divide: alcuni vedono nelle lacrime di Cristo, il suo amore per Lazzaro; altri si chiedono scettici come mai Egli non abbia esercitato il suo potere per guarire l'amico, cos� come aveva guarito il cieco nato, che in fondo era uno sconosciuto. Il richiamare il miracolo del cieco non � un caso. Vita e luce vengono messe in relazione come nel Prologo di Giovanni (1,4).

38 Allora Ges�, ancora una volta commosso profondamente, si rec� al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra.

Ges� si turba ancora in se stesso. Se la sua precedente emozione era motivata dallo scontro segreto con la morte, l'interrogazione dei giudei assume un senso che giustifica un altro fremito. S�, Ges� avrebbe potuto evitare che Lazzaro morisse! Ma Ges� un pu� evitare la propria morte, egli dovr� affrontare la potenza nemica che distrugge l'opera di Dio e che il Figlio dell'uomo deve vincere.

Nella storia della risurrezione di Lazzaro l'evangelista anticipa in figura ci� che attende Ges� stesso. Ce lo ricordano alcuni piccoli indizi: la pietra davanti all'ingresso della tomba, le bende, il sudario (Gv 20,1.5.7).

39 Disse Ges�: "Togliete la pietra!". Gli rispose Marta, la sorella del morto: "Signore, manda gi� cattivo odore: � l� da quattro giorni".

La tomba di Lazzaro � una grotta chiusa da una pietra. Ges� ordina di togliere la pietra, ma l'esecuzione viene ritardata, perch� Marta inorridita, vi si oppone. Questa reazione contrasta con la luminosa certezza che aveva mostrato in precedenza, e Ges� appare ancora pi� solo davanti al potere della morte. Tuttavia la funzione immediata dell'intervento di Marta � quello di sottolineare i quattro giorni e la corruzione del cadavere. La pietra � anche simbolo del carattere definitivo della morte. Togliere la pietra � riaprire la comunicazione tra vivi e morti. Per opera di Ges� le porte degli inferi si aprono e i giusti escono verso la luce della conoscenza del Padre.

40 Le disse Ges�: "Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?".

Ges� richiama Marta alla professione di fede che aveva compiuto poco prima. Al tempo stesso richiama il lettore a quanto Ges� aveva affermato all'inizio di questo brano di vangelo (11,4). Ancora una volta la gloria di Dio esprime il senso ultimo che include i diversi significati dati da Ges� alle sue opere. Il pensiero si porta su Dio, origine di ogni vita, la cui gloria qui, implicitamente, � la creazione nuova che egli suscita al di l� della decomposizione prodotta dalla morte. La condizione per vedere la gloria di Dio � la fede.

41 Tolsero dunque la pietra. Ges� allora alz� gli occhi e disse: "Padre, ti rendo grazie perch� mi hai ascoltato.

Ora Ges� alza gli occhi verso l'alto. Si verifica qui un nuovo superamento di frontiera: dalla terra al cielo. Ges� � in continua comunicazione con il Padre suo e i presenti potranno riconoscerlo. La preghiera che Ges� formula non � una domanda ma gi� un ringraziamento. Ges� sa che il Padre lo ha gi� esaudito (akouein). Il verbo greco � il medesimo che indica l'ascolto da parte di Ges� delle opere del Padre. Ges� ringrazia per essere stato esaudito, ma cosa aveva chiesto? Forse al di l� del miracolo di Lazzaro egli ha chiesto la forza per affrontare l'ora della sua morte.

42 Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perch� credano che tu mi hai mandato".

La preghiera � stata fatta perch� la folla creda "che tu mi hai inviato". Questo si collega con l'inizio del brano, v. 4, che parlava della glorificazione del Figlio. L'interruzione provocata da Maria e la preghiera di Ges� davanti alla tomba aperta hanno ancora differito l'evento del miracolo, ma ne hanno esplicitato il senso.

43 Detto questo, grid� a gran voce: "Lazzaro, vieni fuori!". 44 Il morto usc�, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Ges� disse loro: "Liber�telo e lasci�telo andare".

Il miracolo in s� � descritto rapidamente in due versetti. Ges�, il Figlio dell'uomo la cui voce si far� udire da coloro che giacciono nelle tombe (Gv 5,28) grida con voce forte chiamando Lazzaro per nome. Ges� � il servo annunciato da Isaia che fa uscire i prigionieri dalle tenebre (Is 42,7).

L'ordine dato ingiunge innanzitutto a Lazzaro di venire qui, vicino a Ges�. Per fare ci� Lazzaro deve lasciare il luogo dove si trova, uscire fuori. Il morto esce, ancora legato dalle bende e col viso coperto da un sudario; � una specie di secondo miracolo il fatto che egli possa uscire dalla tomba conciato a quel modo. Vi � qui un allusione alla risurrezione di Ges�: essendosi consegnato da se stesso Ges� lascer� le bende riposte e il sudario piegato a parte (Gv 20,7). Inoltre le bende che Lazzaro ha ancora addosso, simboleggiano che egli ritorna solo temporaneamente sulla terra. Ges� invece le abbandoner� definitivamente. Infine Ges� ordina di sciogliere Lazzaro e di lasciarlo andare. Ges� si mette da parte e lascia che il miracolato vada per la sua strada.

45 Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ci� che egli aveva compiuto, credettero in lui.

Il racconto non ci dice quale fu la reazione di Lazzaro, n� quella delle sorelle. Il protagonista � Ges� che va verso la sua morte e risurrezione: tra i testimoni del miracolo vengono segnalati soltanto i giudei, dai quali dipender� il seguito della narrazione.

Meditatio

- Il mio atteggiamento di fronte alla morte e a Dio � come quello di Marta o come quello di Maria?
- Quali sentimenti suscita in me il pensiero della morte di una persona cara? E quello della mia morte?
- Da cosa si capisce se una persona crede o no nella risurrezione, dono di Dio?

Preghiamo
(Colletta della IV domenica di Quaresima - Anno A)

O Dio, Padre della luce, tu vedi le profondit� del nostro cuore: non permettere che ci domini il potere delle tenebre, ma apri i nostri occhi con la grazia del tuo Spirito, perch� vediamo colui che hai mandato a illuminare il mondo, e crediamo in lui solo, Ges� Cristo, tuo Figlio, nostro Signore. Egli � Dio...