Omelia (17-04-2014)
don Alberto Brignoli
Dio, quotidiano ed eterno

Tra le cose sulle quali l'uomo contemporaneo - vale a dire ognuno di noi - trova maggior difficoltà nel suo vivere quotidiano ce ne sono due che sembrano tra di loro contradditorie, quasi opposte l'una all'altra, ma che in realtà sono le due facce di un'unica medaglia. Una è proprio la quotidianità; l'altra, è l'eternità dei suoi gesti. Da una parte, non riusciamo più ad assicurare alle scelte che facciamo una dimensione di stabilità, qualcosa che duri nel tempo, che vada oltre la precarietà: certamente, la situazione di instabilità economica, sociale e politica che da diverso tempo, ormai, ci troviamo a vivere, non ci aiuta affatto a pensare a cose stabili, a progettare un futuro che ci appare ogni giorno sempre più incerto, a pensare di poter costruire qualcosa che sia in grado di resistere alla mutabilità delle cose. Su tutto questo, poi, noi ci mettiamo del nostro, e pare quasi che ci dilettiamo nel creare instabilità e incertezza, fuori e dentro di noi.
Basti pensare - senza assolutamente voler giudicare alcuna situazione, perché nessuno di noi si deve permettere di giudicare e ancor meno di condannare chicchessia - con quanto senso di precarietà viviamo le nostre relazioni interpersonali, soprattutto a livello affettivo: quando tra due persone nascono sentimenti di bene e di amore talmente grandi che possono portarle addirittura a scelte di condivisione della vita insieme, il timore che qualcosa possa smettere di funzionare in maniera adeguata spinge - a volte già in partenza - a pensare la relazione d'amore in un'ottica di precarietà, e quindi a viverla "finché funziona", ad amare e ad amarsi "finché va tutto bene", a volersi bene "finché dura".
Ma di Gesù, il Vangelo di questa sera ci dice che "avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine".
Per contro, dall'altra parte, poiché non abbiamo più ben radicato in noi il senso di stabilità e di continuità, dovremmo quantomeno essere capaci di vivere bene la quotidianità, le piccole cose della vita di ogni giorno, nel fare le quali non ci è appunto richiesto uno sguardo verso il futuro, ma una buona dose di attenzione alle cose "di oggi". Macché...: nemmeno nella quotidianità riusciamo a trovare la nostra dimensione, perché le cose di ogni giorno ci stancano, ci annoiano, non ci soddisfano, ci rendono la vita monotona, ci soffocano, abbiamo bisogno di evadere, e appena ci è possibile lo facciamo, ognuno con i propri modi, non sempre sani e salutari. Nelle cose che facciamo, non siamo proprio capaci di accontentarci. Pensiamo, ad esempio, all'ambito lavorativo: in questo, la crisi non ci ha insegnato molto, perché sono ben poche le persone, soprattutto giovani, che - trovandosi nella necessità - si sono adattate a fare di tutto, pur di lavorare dignitosamente. Del resto, si è studiato per qualcosa ed è giusto dare un valore agli sforzi fatti anche da chi ne ha sostenuti gli studi.
E pensare che nella storia dell'umanità c'è chi è stato prescelto dall'eternità per fare il Messia, e poi si è ritrovato - è ancora il Vangelo di questa sera a raccontarcelo - a "lavare i piedi dei suoi discepoli e ad asciugarli con un asciugamano", ossia a compiere il mestiere che spettava quotidianamente ai servi, agli schiavi, nei confronti dei loro padroni quando questi rientravano a casa, la sera, avendo camminato lungo le strade polverose dell'epoca. Un gesto, tra l'altro, quello di Gesù, fatto per scelta, non per "necessità"; e quindi voluto, accettato, deliberatamente pensato, cioè carico di significato, perché qualcuno capisse. Tant'è vero che lo chiede pure ai suoi discepoli: "Capite quello che ho fatto per voi?".
Che cosa ha fatto Gesù, quella sera, prima di uscire a pregare nell'orto degli Ulivi, perché "capissimo"? Ha unito per noi, in un solo gesto, quelle due cose che dicevamo all'inizio, e che noi facciamo fatica a vivere, anche perché ci sembrano in contraddizione l'una con l'altra: il quotidiano e l'eterno. Il quotidiano dell'umile gesto di un servo (nonostante lui sia il Signore) e l'eterno di un amore che dura fino alla fine. Il quotidiano delle piccole cose e l'eternità dell'opera di salvezza. Il quotidiano della fatica e l'eternità dell'amore.
Il quotidiano dell'umanità e l'eternità di Dio: solo in Gesù Cristo potevano incrociarsi in modo così perfetto. E questo incrocio tra l'umile quotidianità della natura umana e l'eternità della natura divina, questo abbraccio tra la terra e il cielo, trovano forma nella più sconvolgente trovata che Dio abbia mai avuto per salvarci: la Croce. Da quella sera, anche a noi è data la possibilità di vivere quotidianità ed eternità: il segreto sta in quello che il Maestro ha vissuto con il Padre dandoci l'esempio, ossia nella fedeltà.
Fedeli alle piccole cose di ogni giorno, giorno dopo giorno, per sempre.
Fedeli alle nostre scelte, giorno dopo giorno, per sempre.
Fedeli anche nella fatica, giorno dopo giorno, per sempre.
Fedeli all'amore, come Gesù, fino alla fine.