Omelia (20-04-2014) |
Wilma Chasseur |
Dio scritto sulla croce "Mia gioia Cristo è risorto" (San Serafino di Sarov). Ecco finalmente la risurrezione che attesta sia la regalità che la divinità di Cristo.
Cosa significa quella parola che posero in cima alla croce di cui vi avevo fatto le domande? Alla prima domanda avete risposto senza difficoltà: INRI = Jeus Nazarenus Rex Judaeorum. Ma era scritta solo in latino? Noi che siamo in paesi latini, vediamo sempre e solo Inri, ma in realtà, se voi andate a leggere il Vangelo di Giovanni, vedrete che era scritta in tre lingue: latino, ebraico e greco. In latino perché era la lingua dei Romani; in ebraico che era la lingua locale, ma anche in greco. Perché in greco? Perché vi erano in Palestina delle colonie greche, le cosiddette Pentapoli. Nel Vangelo si parla della decapoli (dieci città), ma c'erano anche le pentapoli, cioè le 5 città che avevano trasportato usi ellenici nella Palestina e parlavano il greco. Dopo la trasmissione a Radio Mater dove avevo posto queste domande, un'ascoltatrice di Cremona, mi mandò una foto scattata al santo Sepolcro dove, sul crocefisso, la scritta era nelle tre lingue: INRI (latino) INBI (greco), la "b" significa "re" in greco cioè "basileus". Mentre in ebraico le iniziali Gesù Nazareno Re dei Giudei, sono nientemeno che YHWH= Yaveh. Ecco la cosa straordinaria: in ebraico quella sigla non significa solo "re dei giudei" ma DIO. Ecco perché i sommi capi erano furibondi e dicevano a Pilato di non scrivere "re dei giudei". Ma Pilato, quella volta fu irremovibile. E i sommi capi non potevano tirarla via quella scritta perché avendola posta il procuratore romano non avevano il diritto di toglierla. Ed erano furibondi perché i pellegrini che affluivano a Gerusalemme per la Pasqua, vedevano quella scritta che diceva che Gesù era Dio. Così, seppur in modo drammatico, aenne rivelata in quella tragica morte, la divinità di Gesù. Ma la prova ancor più straordinaria è il sepolcro vuoto.
Finché un uomo muore e poi non risorge, è sicuro che è solo un uomo, ma quando un uomo muore e poi risorge, non è più solo un uomo: non può essere che DIO! E Dio in persona! Perché oltretutto di quell'Uomo -per quelli che lo vorrebbero solo uomo- non si è mai e poi mai trovato il cadavere. Vediamo nel Vangelo di oggi, le donne che preparavano gli unguenti, le erbe e gli aromi per andare ad imbalsamare quel corpo: Ebbene quel corpo non l'hanno trovato, né nel sepolcro, né fuori né nei paraggi. Mentre le donne preparavano gli aromi, LUI STAVA GIÀ RISORGENDO DA MORTE.
Ed è vivo ancora oggi con il Suo corpo glorioso e vivrà per i secoli dei secoli. In cielo e in terra! Sì, Gesù Cristo vive, anzi è IL VIVENTE. Ed è una realtà storica! Non è un simbolo, né un mito, né una leggenda: io non sarei qui a parlare se Lui non fosse vivo e presente con il suo Spirito (non sarei capace di parlare di un mito o di un essere leggendario) e voi non sareste qui ad ascoltarmi perché -ne sono certa- non vi interesserebbe leggere la storia di uno che non è mai esistito e che non cammina con voi ogni giorno, dandovi forza e coraggio per andare avanti. Coraggio dunque, amici: Non siamo soli nel cammino. Colui che passava per le contrade della Palestina, attraversa ancora le nostre vite, parla al nostro cuore e oggi si eleva in alto, vincitore anche della morte, per dirci che è andato a preparaci un posto. E per dirci che anche per ognuno di noi arriveranno le tre del pomeriggio, cioè l'ora in cui deporremo per sempre le nostre croci e vivremo nella gioia senza fine del Paradiso. |