Omelia (15-08-2004)
don Elio Dotto
Corpo rivestito di luce

Corpo corruttibile. Così San Paolo descrive la nostra esperienza umana nella prima lettera ai Corinzi (1Cor 15,10-26). Siamo corpo corruttibile, corpo fatto di carne, corpo segnato irrimediabilmente dalla morte. «Me sventurato – scrive appunto San Paolo – chi mi libererà da questo corpo votato alla morte?».
Forse queste espressioni ci possono sembrare esagerate, o quantomeno le possiamo sentire lontane dalla nostra sensibilità. Perché spesso questo nostro corpo fatto di carne è pure un corpo bello, un corpo pieno di salute, un corpo comunque carico di desideri e di attese. Tutti gustiamo le gioie del nostro corpo: magari attraverso un'attività sportiva riuscita, oppure durante una salutare vacanza, o ancora nello scambio reciproco degli affetti, o, più semplicemente, nelle piccole soddisfazioni quotidiane. Tutti gustiamo le gioie del nostro corpo: e tuttavia rimane vero che ogni giorno ne sperimentiamo pure l'invincibile debolezza.
Infatti basta poco – un dolore appena più intenso, un po' di fame o un po' di sete, un po' di stanchezza o un po' di sonno – basta davvero poco, e il nostro corpo diventa un peso, una sofferenza, una fatica. E anche quando siamo in piena salute ci accorgiamo di quanto sia fragile il corpo: perché le intenzioni, i desideri, gli amori della nostra vita appassiscono nel breve volgere del tempo, al punto che ci accade un giorno di essere euforici, pieni di entusiasmo e di energie, e magari il giorno dopo di essere depressi, stanchi e delusi; ci accorgiamo così di quanto sia fragile ed ambiguo il nostro corpo, sempre in bilico fra il cielo e l'abisso, sempre instabile ed inquieto.
Dunque «chi ci libererà da questo corpo votato alla morte?». Chi guarirà questo nostro corpo corruttibile? Risponde San Paolo: «Se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti; e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo». Dunque saremo liberati da questo corpo votato alla morte. Saremo liberati, ma non nel senso di essere sciolti dal corpo: in fondo, senza di esso noi non possiamo esistere, né ora, né nell'eternità. Saremo liberati piuttosto nel senso di raggiungere la perfetta trasparenza della nostra carne, la sua piena corrispondenza allo spirito, la sua completa realizzazione. Saremo liberati nel senso di raggiungere quella libertà vera del corpo che non è più in balia del dolore o del tempo, ma è capace di abitare pienamente il dolore e il tempo.
L'Assunzione della Beata Vergine in cielo realizza e manifesta appunto questo nostro destino. Maria è la «donna vestita di sole» (Ap 11,19;12,1-6.10): la sua carne debole e corruttibile è diventata luminosa di una luce che non le apparteneva. Povera serva era Maria, povera come povero è ogni uomo; e tuttavia il Signore Dio «ha guardato all'umiltà della sua serva» al punto che ora tutti la chiamano beata. Confessando la propria umiltà, senza tremare e senza disperare a motivo di essa, la serva del Signore ha consentito che lo sguardo di Dio riposasse su di lei e la vestisse della sua luce.
Ecco, questo è pure il nostro destino: un destino di bellezza che non è semplicemente il lieto fine promesso alla nostra vita, ma che può incominciare già oggi. Perché già oggi noi, come Maria, possiamo iniziare ad affidarci allo sguardo buono di Dio. Soltanto ci è chiesto di invocare la sua misericordia confessando la nostra miseria, e dunque rinunciando a quei falsi vestiti con cui spesso abbiamo nascosto le fragilità di ogni giorno. Allora anche il nostro corpo corruttibile sarà rivestito di luce: e finalmente l'incerto trascorrere dei nostri giorni riceverà una meta stabile e sicura.