Omelia (15-08-2004) |
Paolo Curtaz |
Discepola del Signore Ferragosto: il cuore dell'estate, la gente che affolla le nostre vallate in queste ultime giornate della breve estate in alta montagna. Quest'anno abbiamo la gioia di celebrare, di domenica, la festa dell'Assunzione di Maria, festa che ci richiama all'opera di Dio in Maria di Nazareth, discepola del Signore. Un disagio di fondo Non vi nascondo, però, un sottile disagio a parlare di lei. La ragione principale è la sua connaturale timidezza, di ragazza di paese, quindicenne, abituata a lavorare in silenzio, lontano dai palchi delle veline. La seconda ragione del disagio è un'eccessiva devozione nei confronti di Maria, fatta in buona fede, ovviamente, ma pericolosa. Pericolosa perché nei fratelli in cerca di Dio, ai catecumeni che vogliono passare dal cristianismo al discepolato, tutto questo eccesso di zelo frastorna. Il rischio? Di sottolineare le così tante straordinarietà della madre di Gesù dal finire coll'allontanarla anni luce dalla (povera) concretezza della nostra vita. Insomma: il più grande torto che possiamo fare a Maria è metterla in una nicchia e incoronarla con una corona d'oro! Da ridere, al solito; Dio ci dona una discepola esemplare, una donna (forte Dio, in un mondo di maschilisti pone una donna a modello!) che, per prima, ha scoperto il volto del Dio incarnato, e noi subito a metterla sul piedistallo, santa stratosferica da invocare nei momenti di sofferenza. Per favore, no! Maria ci è donata come sorella nella fede, come discepola del Signore, come madre dei discepoli. La Visitazione Il cuore del suo cammino è narrato da Luca, in quella corsa frenetica, tumultuosa, che Maria compie all'indomani dell'annuncio dell'angelo. Non gli aveva forse detto, l'angelo, della gravidanza della sua vecchia cugina? Maria parte volentieri da Nazareth, ha bisogno di riflettere, di capire. Ha paura di essersi sbagliata, di avere avuto un colpo di sole. Possibile? Il Messia verrà? Possibile? Lei è stata scelta come madre? Maria sale a sud, due giorni di viaggio, pensieri che affollano la mente. Forse è in compagnia di Giuseppe, non era opportuno che le donne viaggiassero da sole. In una delle mie amate parrocchie, dedicata alla Visitazione, un simpatico pittore dell'ottocento ha rappresentato l'incontro fra le due donne. In secondo piano, dell'affresco della volta, Zaccaria e Giuseppe si fanno un cenno con la mano, un po' protagonisti marginali di questo affare misterioso di donne che è la maternità, mistero che estranea un po' noi omaccioni. Il fuoco d'artificio E l'incontro tra la matura Elisabetta e l'adolescente Maria è un'apoteosi, un fuoco d'artificio. Solo loro sanno, solo loro capiscono, i servi e i famigliari guardano attoniti queste due donne che ridono e si abbracciono e piangono di gioia. Roteano nella polvere, ora, Elisabetta solleva in un abbraccio la piccola Maria: 'Come sei cresciuta! Che bella che sei!'; poi la posa, la guarda scuotendo la testa: 'Come hai fatto a credere, Maria?'. Sì, Maria, anche noi lo ripetiamo, scuotendo la testa: come hai potuto credere che davvero Dio diventasse sguardo e sudore e calore nel tuo ventre? Come hai fatto a credere che - sul serio - Dio avesse bisogno di te, e di noi, per salvare l'umanità? Come hai fatto a credere che il tuo acerbo ventre contenesse l'Assoluto? Beata te che hai creduto Maria. Beati noi, fragili discepoli, che sentiamo l'orgoglio riempirci di lacrime gli occhi e la nostalgia della santità mozzarci in fiato, tu sei figlia della nostra umanità, tu sei il riscatto delle nostre tiepidezze. E Maria canta e danza roteando nella polvere. Allora è tutto vero, ciò che ha visto era davvero il messaggero di Dio, allora tutte le stanche e impolverate profezie ascoltate allo Shabbat in sinagoga, si stavano realizzando. Dio non si è stancato del suo popolo, Dio non l'ha abbandonato, non ci ha abbandonato, Dio è presente. La danza finisce in un canto, lo stupore della logica di Dio che prende una quindicenne illeterata, figlia povera di una terra occupata, in un tempo senza internet e networks, per salvare l'umanità. Grandi cose Ecco, amici, questa è la festa dell'Assunzione, la storia di una discepola che ha creduto davvero nella Parola del suo Dio, che insegna a noi, tiepidi credenti, l'ardire di Dio, la follia dell'Assoluto. Questa donna, noi crediamo, dopo la lunga esperienza di una fede abitata dal Mistero, è andata, prima tra i credenti, al Dio che l'aveva chiamata. Non poteva conoscere la corruzione della morte colei che aveva dato alla luce l'autore della vita. Siamo in buona compagnia, amici! Lasciamoci fare, allora: grandi cose ha fatto Dio in Maria; grandi cose può fare in noi, se lo lasciamo fare... |