Omelia (29-06-2014)
padre Antonio Rungi
La chiesa di Pietro e Paolo è la Chiesa di Cristo

In questa domenica di fine giugno 2014, celebriamo la solennità di due giganti della fede che sono gli apostoli Pietro e Paolo. Pietro in primo luogo scelto da Gesù, al quale rispose prontamente, lasciando ogni cosa e seguendo lungo la strada della sua missione terrena. Paolo che venne alla fede in Cristo, in seguito, dopo la conversione e in seguito ad una specifica illuminazione del Cristo ricevuta sulla via di Damasco. La devozione popolare, fin dai primi tempi del cristianesimo, li ha associati nella venerazione e nella proposizione dei loro modelli di vita cristiana. Entrambi apostoli anche se Paolo non ha conosciuto direttamente Gesù, né faceva parte del gruppo dei Dodici, entrambi soprattutto testimoni e martiri in una Roma che non voleva assolutamente che il cristianesimo prendesse piede e si diffondesse, mentre la predicazione e la celebrazione. Sono gli apostoli delle catacombe che ebbero il coraggio di portare avanti l'opera di evangelizzazione, in un impero pagano, senza timore della morte e del martirio. Riflettere sulla loro testimonianza di vita cristiana è per noi cristiani del XXI secolo un forte richiamo ad essere fedeli ai nostri impegni assunti davanti a Dio con il battesimo, sacramento della nostra fede.

Certo Pietro non fu subito capace di entrare nel mistero di Cristo, soprattutto nell'accettare un Messia umiliato ed offeso con la condanna e la morte in croce, fino al punto di rinnegarlo oppure scoraggiato ritornare sui suoi passi mentre già a Roma il cristianesimo aveva preso piede.

Da parte sua, Paolo che da persecutore dei cristiani, presente al martirio, per lapidazione, di Santo Stefano e poi l'apostolo delle Genti, ci dicono questi due santi apostoli come è difficile essere fedeli fino in fondo alla parola di Dio e come è difficile vivere e sentirsi chiesa, non nella solitudine dei nostri pensieri ed attese, ma con la convinzione che noi siamo un solo grande popolo di Dio in cammino verso la vera felicità, quella che Cristo è venuta a portarci con la sua morte e risurrezione e con la sua parola di verità.

Nonostante i limiti umani, Pietro e Paolo, come tutti gli apostoli di Cristo, quelli che nella vita terrena hanno fecondato con il loro sangue la Chiesa: hanno bevuto il calice del Signore, e sono diventati gli amici di Dio. Oggi ci rivolgiamo a due amici speciali di Dio e di Cristo, per chiedere a loro i dono della fede coraggiosa e dell'amore incondizionato verso il Signore. Lo facciamo con una semplice preghiera che come credenti, oggi, nella celebrazione della santa messa eleviamo al Signore nella comunione ecclesiale: "O Dio, che allieti la tua Chiesa con la solennità dei santi Pietro e Paolo, fa' che la tua Chiesa segua sempre l'insegnamento degli apostoli
dai quali ha ricevuto il primo annunzio della fede".

Oggi è la festa del Papa, successore di San Pietro, è la festa del nostro attuale Pontefice, Papa Francesco, ed è anche la festa del Papa emerito, Benedetto XVI che portiamo, entrambi, con la stessa intensità e venerazione nelle nostre umili preghiere.

La figura di Pietro è tratteggiata nella sua straordinaria bellezza spirituale nel momento della liberazione dalla prigionia, sotto il regime di Erode. Gli Atti degli Apostoli ce ne raccontano il dettaglio di tutta l'operazione di "salvataggio" del capo del collegio apostolico che il Signore pose in essere e realizzò, per non lasciare senza guida spirituale il gruppo, che faceva il suoi primi passi verso l'annuncio missionario, nei luoghi della nascita, della vita, della morte e della risurrezione di Gesù. «Ora so veramente che il Signore ha mandato il suo angelo e mi ha strappato dalla mano di Erode e da tutto ciò che il popolo dei Giudei si attendeva», esclama Pietro, quando si accorge che la liberazione dalla prigionia è soltanto opera di Dio. In quella prigione, in quelle catene ci sono tutti i segni ed i simboli di chi e di come si possa imprigionare la parola di Dio e non farla avanzare. Erode esprime il male in tutti i sensi, Dio esprime la grazia e la liberazione. Anche noi spesso siamo afflitti da catene e prigioni di ogni genere che non ci fanno camminare nella via della verità, della santità e della moralità. Abbiamo bisogno di essere liberati dal male che sta dentro di noi con la grazia, mediante l'angelo della vita e della risurrezione. Preghiamo il Signore che come mandò i suoi angeli a liberare Pietro dalle catene della prigionia fisica invii i suoi angeli a liberarci dalla prigionia del nostro egoismo e diventare credibili annunciatori del vangelo della gioia e della risurrezione. Ne abbiamo bisogno tutti in questo momento storico della chiesa e dell'umanità, dove tanti sono i maestri, ma pochi sono i testimoni. Tanti sono quelli che dicono, ma pochi sono quelli che fanno ed agiscono per il bene della chiesa e del mondo.

Entriamo in quello spirito di oblazione di cui ci parla l'Apostolo Paolo in una delle lettere e passaggi più belli dei suoi scritti inviati all'amico Timoteo: Figlio mio, io sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione.
Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l'annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero: e così fui liberato dalla bocca del leone. Il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli, nel suo regno; a lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen". La coscienza e la consapevolezza di Paolo che Dio aveva operato in lui grandi cose e che a conclusione della sua vita, può dire di tutto e scrivere di tutto dal profondo del suo cuore, lo fa concentrare su due idee che sono di insegnamento per noi "Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede". Ed aggiunge con riconoscenza e gratitudine: "Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l'annuncio del Vangelo".

Questo e Paolo e soprattutto questi sono Pietro e Paolo insieme. Un binomio di santi apostoli che ancora oggi ci insegnano amare Dio e a professare la fede in cui, a renderla visibile al mondo intero con la predicazione del vangelo. In passaggio fondamentale della confessione della fede di Pietro in Gesù Cristo, a Cesarea, comprendiamo tutta la portata grandiosa di un dono che Pietro ha accolto e fatto suo, il dono dello Spirito, che gli fa pronunciare parole di straordinario amore e docilità verso Gesù, suo Maestro e Signore: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».

Una professione di fede che Gesù inquadra in un contesto spirituale ben preciso, e tale deve rimanere: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».

Parole che risuonano nel mondo da 2014 anni. Tutto passa, solo Dio resta. Sono passati, regni, popoli, culture, nazioni, potentati, la Chiesa, fondata su Cristo, nonostante le tante tempeste e i peccati degli uomini di chiesa e dei cristiani, rimane salda al suo popolo, perché la Chiesa non è dei Papi, dei vescovi, dei preti e neppure dei fedeli laici, è solo e soltanto di Cristo. Sono chi vive in Cristo promuove e difende la chiesa con la santità della vita e non con le sole parole di circostanze o nuovi integralismi che possono trovare accoglienza in una chiesa che è e deve continuare ad essere madre, sull'esempio di Pietro e Paolo, apostoli della fede e della comunione ecclesiale.