Omelia (06-01-2005)
padre Gian Franco Scarpitta
Già da bambino ci attira....

Con l'odierna festività rimaniamo immersi nel clima natalizio. Non per niente nella Chiesa delle origini tale Festa veniva celebrata in simbiosi con la Solennità del Natale: essa, accanto alla nascita di Gesù Cristo forma un tutt'uno. Epifania (dal greco epi-faino) vuol dire infatti "manifestazione", il "mostrarsi" o "venire alla luce" di qualcosa che prima era celato. Orbene, una volta che Dio si è fatto Uomo incarnandosi in Gesù Bambino, avviene che Egli non rimane chiuso in se stesso ma che si manifesta all'umanità, facendo notare a tutti la sua presenza per entusiasmare tutti con il suo splendore.

E infatti che cosa contempliamo nella pagina evangelica di oggi se non il fatto che questo Dio Bambino, non appena venuto al mondo nella carne, suscita lo stupore e la meraviglia di tanta gente che viene attratta dai punti più disparati della terra e dalle varie condizioni sociali? Già nel suo stato di impotenza, questo Bambino attira tutti a sé e suscita meraviglia; cosicché i pastori, categoria di popolo reietta dalla società del tempo a motivo della sua ignoranza e pertanto dell'impossibilità di comprendere la Legge, vengono resi destinatari di un lieto annuncio e accorrono alla grotta, mentre i cosiddetti Magi, venendo dall'Oriente, abbandonano le loro impostazioni di pensiero razionalizzante per poter raggiungere lo speco aiutati dal segno della stella. Si tratta infatti non già di magi nel senso comune del termine, bensì di sapienti orientali, intenti a scrutare gli astri e ad interpretare il ciclo degli eventi terrestri e mondani alla luce dei fenomeni astronomici. In pratica potremmo definirli degli astrologi, oppure dei filosofi empiristi. In tutti i casi, si tratta di gente da sempre abituata a cercare la verità per via di scienza o di raziocinio e ben lontana dal riferimento al religioso e al sacro; adesso però il Bambino fatto uomo li sta attirando con il suo stesso presenziare nella grotta ed essi accorrono percorrendo molta strada e una volta arrivati si pongono in adorazione manifestando (loro, gli scienziati miscredenti!) una fede forte e determinata in quel Bambino, riconoscendolo Salvatore e redentore del mondo. Se prestiamo attenzione all'atteggiamento di questi tre soggetti noteremo infatti non soltanto la loro premura nel giungere a Betlemme, ma anche la scelta dei doni che essi depongono ai piedi del Bambino: oro, che esprime la regalità e sottolinea pertanto la fede nel Dio Re; incenso, con cui tutte le religioni venerano la divinità, e quindi atto a riconoscere nel Fanciullo il vero Dio; mirra, elemento comune per imbalsamare i cadaveri e quindi allusivo al fatto che lo stesso Fanciullo Dio e Re per nostra causa dovrà morire....

Dicevamo in un'altra sede che di fronte alla grotta piuttosto che darci alla speculazione e alle digressioni occorre solo stupire ed entusiasmarsi di meraviglia. E infatti i Magi, come anche gli altri convenuti, non fanno altro che contemplare e osservare con meraviglia un Bambino che essi hanno compreso essere il Dio fattosi uomo per la nostra salvezza; quel Dio che essi avevano cercato invano a tentoni attraverso vari espedienti di ragione è venuto loro incontro e si è loro manifestato. E' stato Lui ad attirare loro nella grotta, non già loro hanno cercato e raggiunto Lui. La scorsa Domenica riflettevamo sul fatto che, mentre noi si vive immersi nell'errore e nelle sfaccettature della carne, è avvenuto che Dio si è fatto carne, e anche oggi non possiamo trascurare questo dato di fatto con l'aggiunta che Dio oltre che raggiungerci si manifesta a noi dando segni della sua presenza che interpellano la nostra vita: tutte le volte che un evento triste infrange la nostra armonia familiare o individuale non possiamo che riscontrare nel fatto medesimo Dio stesso che intende "provocarci", ossia palesare la sua presenza invitandoci ad uscire dai nostri schemi abituali in modo tale che comprendiamo che perfino il dolore e l'abbandono rientrano nei Suoi imperscrutabili disegni; ogni volta che si vive un attimo di prosperità, lì è sempre Dio che ti invita a riscoprire in Lui la scaturigine del tuo benessere; in un attimo di indecisione c'è sempre Dio che ti si propone quale punto di riferimento per la soluzione dei tuoi problemi. Di fronte all'angoscia e alle lacrime di un atroce dolore fisico che mi costringe alle sofferenze lì Dio mi si manifesta come il Crocifisso che condivide con me il patire ma che allo stesso tempo mi incute coraggio e speranza perché non demorda e non mi abbandoni alla disperazione.

Occorre pertanto che noi ci lasciamo interpellare da Dio in ogni avvenimento della sua vita, considerando come sia stato Lui per primo a venire incontro alle nostre debolezze, a sanare le nostre ferite e come sempre Lui si manifesti a noi. Tutto questo si compendia in una sola parola: la fede. Se a noi è data la possibilità di approdare al Divino ciò avviene per il fatto che il Divino ha raggiunto l'umano, in parole povere che Dio si è avvicinato a noi in modo sensazionale. Non possiamo allora fare altro che accogliere il monito di San Paolo: "Lasciatevi riconciliare con Dio", cioè apriamo il cuore alla fiducia e alla speranza nel Signore che a noi si manifesta.