Omelia (15-08-2014)
don Michele Cerutti


Nel mezzo di un'estate particolare, come quella che caratterizza questo anno qui nel Nord Italia, la liturgia ci invita ancora a una volta a soffermarci su un grande mistero: quello dell'Assunzione della Beata Vergine Maria.
Una festa che ci invita a volgere il nostro sguardo sulle realtà ultime da un lato e dall'altro ci invita a considerare che la nostra esistenza cristiana è un'esistenza da risorti.
La festa dell'Assunzione ci aiuta a porre particolare attenzione alla devozione mariana.
Procediamo con ordine.
Partiamo dal fatto che dobbiamo considerare che la nostra vita sulla terra è segnata dal limite. Questo ci mette in guardia dai deliri di onnipotenza che ci fanno considerare come fissi in pianta stabile su questa terra. Ci fa bene pensare ogni tanto che non siamo immortali e che abbiamo delle responsabilità grandi nei confronti di chi ci seguirà. Le nostre scelte hanno impatto anche sul futuro e non solo sul presente, debbono andare oltre noi per aprirsi ai fratelli di oggi e quelli di domani. Sapendo che la nostra vita si apre a una dimensione altra che è la vita eterna il fatto che la nostra esistenza ha un limite ci dice anche che dobbiamo interrogarci su come stiamo conducendo questo nostro camminare sulla terra. Una pratica spirituale, che è ormai in disuso e forse non avrebbe più una sua giusta collocazione, è quella diffusa tra i discepoli di molte Congregazioni Religiose fino agli anni 70: quella della buona morte. Non dico di recuperarla come pratica, ma lo spirito era quello di aiutarci a considerare ed illuminare la nostra vita per cercare di percorrere la strada dritta.
Dovremmo interrogarci su come viviamo. La solennità di oggi ci fa dire anche che, bando alle nostre preoccupazioni e alle nostre paure: Cristo ha vinto la morte e in Maria ci offre una sicura ancora di salvezza. Allora guai se leggessimo le realtà ultima con taglio catastrofista: non possiamo dirci cattolici. La luce della Risurrezione ci deve confortare nella speranza che il Signore non ci vuole dannati, ma ci vuole salvi. Molto probabilmente prevalgono logiche umane quando ci facciamo prendere dal panico di una salvezza ristretta a poco. Gesù però ci invita a uscire sempre da queste logiche e ad avere uno sguardo fiducioso. L'abbandono alla Sua Parola è la via della salvezza.
Mentre passa i vari villaggi una donna grida: "Beati i seni che ti hanno allattato", ma Gesù ribatte: "Beati piuttosto coloro che ascoltano e vivono la Parola di Dio". Può sembrare che il Figlio abbia avuto una sorta di irriverenza nei confronti della Madre. No, Gesù vuole esaltare di Maria questo Suo camminare alla luce della Parola. Il suo progredire è un esempio per noi tutti. Maria diventa modello per i credenti. Lo si comprende questo nel termine - piuttosto - che sta a marcare proprio una differenza.
La Parola illumina la vita è luce sul cammino come dice il Salmo. Alla luce della Parola la nostra vita si rinnova e si trasforma. Allora Gesù ci porta a mettere al centro della nostra vita il Suo insegnamento rispetto alle logiche di chi mette altro e fa sì che la beatitudine è stare bene economicamente, aver successo.
Gesù ci spinge a una vera devozione alla Vergine Maria. Oggi si ritiene indispensabile darà la priorità giusta nella nostra preghiera. La Vergine ci conduce a Gesù e guai se la nostra devozione mariana non avesse nel Figlio il suo sbocco naturale. Immergersi in Lui è la finalità di ogni spiritualità. Quando si pensa, invece, di porre al centro tanti messaggi escludendo il Vangelo o affermando che il messaggio serve a rendere più giovane il messaggio evangelico si commette un errore e anche grave. Sì perché il Vangelo è la buona novella di sempre e ogni altra rivelazione si deve mettere affinché si porga sempre di più il nostro sguardo alla Scrittura, centro della nostra fede.
Dall'altro lato c'è un rischio opposto che svaluta la presenza della Vergine nella nostra vita di fede. Non parlo dei protestanti, ma dei cattolici che sembrano più preoccupati a guardare in maniera altezzosa la devozione mariana come qualcosa di datato.
Concludo proprio con un intervento di Papa Francesco che a giovani di Roma davanti alla grotta di Lourdes ha espresso nel giugno scorso questo discorso:
«Quando un cristiano mi dice, non che non ama la Madonna, ma che non gli viene di cercare la Madonna o di pregare la Madonna, io mi sento triste. Ricordo una volta, quasi 40 anni fa, ero in Belgio, in un convegno, e c'era una coppia di catechisti, professori universitari ambedue, con figli, una bella famiglia, e parlavano di Gesù Cristo tanto bene. E ad un certo punto ho detto: "E la devozione alla Madonna?" "Ma noi abbiamo superato questa tappa. Noi conosciamo tanto Gesù Cristo che non abbiamo bisogno della Madonna". E quello che mi è venuto in mente e nel cuore è stato: "Mah... poveri orfani!". È così, no? Perché un cristiano senza la Madonna è orfano. Anche un cristiano senza Chiesa è un orfano».
«Un cristiano ha bisogno di queste due donne, due donne madri, due donne vergini: la Chiesa e la Madonna. E per fare il "test" di una vocazione cristiana giusta, bisogna domandarsi: "Come va il mio rapporto con queste due Madri che ho?", con la madre Chiesa e con la madre Maria. Questo non è un pensiero di "pietà", no, è teologia pura. Questa è teologia. Come va il mio rapporto con la Chiesa, con la mia madre Chiesa, con la santa madre Chiesa gerarchica? E come va il mio rapporto con la Madonna, che è la mia Mamma, mia Madre?»