Omelia (15-08-2014)
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COMMENTO ALLE LETTURE
Commento a cura di don Davide Arcangeli

L'apocalisse sembra parlare il linguaggio misterioso della fine del mondo, in realtà i suoi simboli sono talmente potenti da attraversare tutta la storia dell'umanità. Da un lato troviamo la sagoma enorme e spaventosa del drago rosso, che rappresenta la forza del male in opera nella storia. Dall'altro troviamo una donna che vive nel dolore e nelle doglie del parto, vestita di sole, con una corona di dodici stelle e la luna sotto i suoi piedi. Questa donna è la Chiesa, che è avvolta dal sole dello Spirito Santo, della resurrezione di Gesù, e che ha una corona di dodici stelle che sono le dodici tribù di Israele e i dodici apostoli. La luna sotto i suoi piedi rappresenta il tempo su cui la Chiesa ormai regna sovrana, come realtà che gode del Regno inaugurato con la resurrezione di Gesù. Ma nello stesso tempo vive nella storia e dunque soffre le doglie del parto, il dolore della nascita dei figli di Dio. Il bambino che viene salvato dal tentativo omicida del drago è la discendenza dei figli di Dio, insieme con il Figlio per eccellenza, il Messia Gesù Cristo.
Questi simboli contrappongono in modo netto l'umile potenza di Dio, che si manifesta nella generazione e nella fecondità, con la superba potenza del male, che si manifesta in forme grottesche e mostruose. Alla fine la vittoria spetta all'umiltà di Dio, al mistero della fecondità, scritto già nella pagine della creazione del mondo, come parola che si compie e pienamente si manifesta nella vita della Chiesa. Beata colei che ha creduto nel compimento della Parola del Signore afferma Elisabetta a Maria! La fecondità della Chiesa è anticipata dalla fecondità di Maria, non solo fisica, ma anche spirituale. Ella è madre non solo perché ha generato un figlio dal punto di vista biologico, ma anche perché ha creduto nella potenza della Parola di Dio nella sua vita.
Anche la nostra vita può essere dunque caratterizzata da questa misura alta di fecondità. In famiglia, nella relazioni lavorative, nella comunione ecclesiale siamo fecondi nella misura in cui permettiamo alla parola di Dio di prendere possesso in noi, di modificare la nostra mentalità, di correggere i nostri atteggiamenti di giudizio nei confronti delle persone. Siamo fecondi se ci spogliamo dalle tentazioni di possesso, di invidia, di egoismo, di attaccamento a noi stessi, per aderire alla realtà e alle possibilità di bene e di amore che sono nascoste in essa.
Il Signore a volte ci nasconde quanto bene è presente nella realtà intorno a noi, perché vuole che lo cerchiamo, che ci mettiamo in gioco, che usciamo da noi stessi per incontrare gli altri, e l'Altro in loro. Questo incontro è di per se fecondo!
Il vertice di questo percorso di fecondità è l'assunzione di Maria, come trasformazione e generazione al cielo. Da li Maria ci attira a Suo Figlio per la potenza dello Spirito Santo, e contribuisce a rigenerarci come figli di Dio. Proprio per questo suo ruolo particolare nella storia della salvezza possiamo davvero pregarla senza alcuna paura.
Spesso si sente dire che la preghiera mariana, in particolar modo il rosario, è inutile e ripetitivo. Ma quando devi dire ti voglio bene ad una persona che ami, glielo dici una volta sola o glielo ripeti? La pazienza di ripetere, che è al cuore di ogni amore umano, è la caratteristica di questa preghiera in cui ogni mistero è come avvolto dalla ruminazione dell' ave Maria, intessuta di frasi evangeliche. Maria ci conduce a Gesù, per le sue mani possiamo offrirci a lui ben consapevoli che il suo cuore di madre è solidale con le nostre sofferenze e fatiche e al contempo in profonda comunicazione con il cuore di Cristo, fonte dello Spirito.