Omelia (14-09-2014) |
CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie) |
Commento su Nm 21,4-9; Fil 2,6-11; Gv 3,13-17 Oggi la liturgia ci propone la festa dell'esaltazione della santa croce, che si celebra in questa data e, trovandosi di domenica, ha precedenza sulla liturgia ordinaria. La sua origine è storica e ricorda il ritrovamento del luogo della crocifissione a Gerusalemme da parte della regina Elena, madre dell'imperatore Costantino. I nostri fratelli orientali celebrano questa festa con una solennità paragonabile a quella della Pasqua. Il discorso della croce è un discorso difficile, irto di possibili malintesi, ma centrale nella nostra fede. La croce non è da esaltare, la sofferenza non è mai gradita a Dio. La croce è il segno dell'amore di Dio per ciascuno di noi. Esaltare la croce significa esaltare l'amore. Nel Vangelo san Giovanni ci dice che Gesù innalzato sulla croce attira tutti a sé. Ecco perché la Croce va esaltata, perché solo la Croce è strumento di salvezza. È la Croce che ci contraddistingue come cristiani, è il nostro simbolo, la nostra vita, perché esprime non solo la morte, ma anche la Risurrezione di Gesù. Nella prima lettura troviamo il brano al quale Gesù fa riferimento nel suo discorso con Nicodemo: gli israeliti dopo essersi ribellati a Dio e a Mosè, vengono puniti. Rientrati in sé chiedono a Mosè di intercedere presso Dio. Il serpente, segno di morte, di terrore, di fallimento, di sofferenza, diventa allora un segno di vita, allo stesso modo in cui la croce, segno di paura, di morte, diventa segno di vita. Nella seconda lettura, tratta dalla Lettera ai Filippesi, la croce è vista come il motivo di "esaltazione" di Cristo. Dio, in Gesù, si è spogliato della sua divinità ed è venuto in mezzo a noi come colui che serve. Il nostro Dio è un Dio che scende dai cieli per raggiungere la nostra realtà, per venirci incontro e vivere accanto a noi le tante difficoltà della vita. Il Padre esalta il Figlio che ha accettato di obbedire fino al dono supremo della vita; la croce così diventa segno dell'obbedienza come adesione che accompagna tutta la sua avventura terrena. Nel Vangelo Gesù dice al suo visitatore Nicodemo che "bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna."(Giov.3,14b-15). È sulla croce che troviamo la manifestazione più alta dell'amore di Dio. Sulla croce Gesù è in tutto simile al serpente di bronzo issato su un'asta al centro dell'accampamento. Chi guarda con fede a Cristo Gesù è salvo. La testimonianza, l'impegno, il sacrificio, la solidarietà, il coraggio, l'amore e il perdono devono diventare allora le caratteristiche e i comportamenti di vita per seguire Gesù, che ha saputo abbandonarsi al progetto di Dio Padre per la salvezza dell'umanità. La croce segna la diversità tra il modello di vita egoistica delle promesse e dei diritti e quello cristiano della responsabilità e dell'impegno. Quando si devono affrontare i nodi seri dell'esistenza, quando si vuole costruire una famiglia unita, una convivenza umana nel segno della solidarietà, un futuro di pace, cioè quando si vuole amare si ha bisogno di punti di riferimento che non sempre coincidono con le sicurezze umane. Ecco allora che la Croce, segno di dolore, di morte, di contraddizione, diventa segno di amore e donazione totale e può esserci di aiuto nei momenti di difficoltà. Gesù muore per testimoniare la serietà con la quale la vita va vissuta, la radicalità con cui va vissuto l'impegno di promuovere una vita veramente umana in famiglia, sul lavoro, nella società e nelle nostra comunità in cui viviamo ed operiamo. Ricordiamoci di questo quando facciamo il segno della croce, un segno non formale, ma che comprende tutto quanto la liturgia di oggi ci ha aiutato a capire. Per la riflessione di coppia e di famiglia: - La parola "croce" suscita in me più atteggiamenti negativi o la collego a uno strumento di salvezza? Perché? - Nicodemo era un uomo in sincera ricerca della verità. Gli mancava però un'ulteriore apertura che gli poteva venire solo dall'incontro con Gesù. Fino a quando noi riduciamo la nostra fede a una discussione da salotto o pensiamo che sia una scelta di vita, una testimonianza e condivisione tra coniugi, in famiglia, sul lavoro, nella società? Don Oreste, Anna e Carlo - CPM Torino |