Omelia (14-09-2014) |
Agenzia SIR |
Gesù parla a Nicodemo, maestro della legge, che però non lo capisce; lo capirà - più avanti - Giovanni il Battista, il profeta primo ad accogliere la parola di Gesù e a rinascere dall'alto. Nicodemo è un anziano giunto alla sera della vita e va da Gesù di notte. Gesù, al contrario, vuole farlo venire alla luce e fargli capire che s'innalza per dar vita, non per morire. È il problema fondamentale dell'uomo: come vivere per vincere l'angoscia della morte. Nicodemo, ricercatore della legge, non ha trovato risposta e Gesù gli dice che si "nasce dall'alto". Le poche parole di Gesù non vanno spiegate; esse stesse spiegano nel senso che tolgono le pieghe al nostro animo e portano nelle profondità dello spirito a capire chi siamo noi e chi è Lui. È una illuminazione sulla pienezza della vita. Quando uno vive veramente? Non quando nasce, perché si nasce mortali e poi si muore. Uno vive veramente quando è amato e riama a sua volta. È l'incredibile amore di Dio per l'uomo. All'origine dell'esistere non c'è il fato, il caso; c'è un amore personale di tante persone; questa è la prima cosa. Questo è il centro del Vangelo. Il Figlio dell'uomo è Gesù e bisogna che sia innalzato. Essere innalzato vuol dire essere glorificato, ma anche essere appeso sulla Croce. E infatti la sua gloria sarà la Croce perché lì finisce il male. Sulla Croce si comprende la gloria di un Dio che ci ama talmente da dare la vita anche se lo mettiamo in Croce. Così è Dio, non può non amarci perché è Padre. E il Figlio che conosce l'amore del Padre testimonia la fraternità fra tutti. È venuto il Figlio - e non il Padre - proprio per insegnarci che noi siamo figli e dunque fratelli. L'ultimo verso è sul tema del giudizio che spetta a Dio che vuole salvare tutti, predestinandoci al bene perché amati come figli. Dio però rispetta la libertà degli uomini, non costringere all'assenso. La fede è la fiducia che si dà all'amore. Commento a cura di don Angelo Sceppacerca |