Omelia (14-09-2014) |
padre Antonio Rungi |
Gloriarci della Croce di Gesù La XXIV domenica del tempo ordinario, quest'anno coincide con la festa dell'Esaltazione della croce. Ogni domenica, Pasqua settimanale, celebriamo l'esaltazione della croce e la risurrezione del Crocifisso. Ma questa domenica, l'esaltazione della croce assume uno speciale significato liturgico. La chiesa è chiamata a inginocchiarsi ai piedi del Crocifisso per imparare ad amare, perdonare e ad essere umile senza alcuna assurda pretesa di essere qualcuno. Di fronte al grande mistero dell'amore misericordioso del Signore che rivela tutta la sua potenza nella Croce, noi oggi siamo chiamati a rinnovare questo nostro impegno di spiritualità passiologica, mettendo al centro della nostra vita, proprio Lui il Crocifisso, come l'hanno messo al centro della loro esistenza i santi di ogni tempo e dei nostri giorni. Come non ricordare in questa festa della croce, la morte delle tre suore saveriane, uccise barbaramente in Burundi nei giorni scorsi. Anche in questi atti supremi d'amore si rivela la potenza della croce, non la sua sconfitta, ma la sua vera vittoria. Se seme caduto nella terra non muore, non produce frutto, è destinato a marcire nel terreno, senza poter vedere la vita che si sviluppa e cresce attraverso lo stelo, la foglia e la pianta. Ecco la storia di ogni vita che deve morire a se stessa per risorgere e dare semi nuovi. Questo mistero dell'amore che muore e che rivive, lo comprendiamo alla luce di quanto scrive l'Apostolo Paolo nel brano della seconda lettura di questa festa, tratto da lettera agli Efesini. La festa della Croce è l'abbassarsi di Dio, attraverso il suo Figlio, alla nostra umile condizione umana, per ridare dignità all'uomo attraverso lo strumento più ignobile, conosciuto ai tempi di Gesù, che era la croce, un supplizio tremendo, considerato che chi era condannato alla crocifissione era considerato, nella logica e del potere del tempo, un nulla, un fallito, uno che non alcun peso e non può essere considerato. D'altra parte, già nell'Antico Testamento tutta una linea profetica aveva preannunciata la venuta del Messia e Redentore, non sotto le mentite vesti del povero e del sofferente, ma del vero servo sofferente di Javhè. E' Isaia, nel Patriarca Mosè, a darci una precisa anticipazione della figura del Messia Redentore rivestito della sofferenza e dell'umiliazione. L'immagine del serpente fissato sull'asta e che libera da ogni pericolo, ci porta immediatamente all'immagine di Gesù Crocifisso. Il bellissimo e profondo brano scelto come prima lettura nella liturgia della festa dell'Esaltazione della Croce, tratto dal Libro dei Numeri, ci porta a toccare con mano la grande di questo Dio-Uomo e Uomo-Dio che si è incarnato nella storia dell'umanità nella pienezza dei tempi e si è fatto uomo come noi. Il serpente di bronzo che Mosè portava come a difesa del popolo di Israele e che salvava dalla morte, per avvelenamento, ci porta alla Croce di Gesù. Egli è issato sulla croce per amore dell'umanità e per ridarci la dignità di figli di Dio perduta con il peccato originale. Gesù crocifisso ci libera da ogni veleno spirituale che fa rischiare di infettare tutta la persona e farla morire nello spirito, azzerando in lei ogni possibilità di speranza e riscatto. Gesù, innalzato sulla croce, è il grande segno dell'amore misericordioso di Dio, il quale, nonostante i nostri fallimenti ed i nostri peccati, ci attende per dialogare con Lui nella carità, che si fa prossimo, vita, speranza e gioia per tutti. Nel sintetico brano del Vangelo di Giovanni, che è introdotto nella Liturgia della parola di questa festa, incontriamo forti espressioni che ci aiutano a comprendere il senso il significato di questa festa. E' come rivivere il Venerdì Santo, quando Cristo liberamente va al Calvario, dopo essere stato condannato ingiustamente da Pilato. Scrive Papa Francesco in merito a Gesù Crocifisso: "L'Uomo della Sindone ci invita a contemplare Gesù di Nazaret. Questa immagine - impressa nel telo - parla al nostro cuore e ci spinge a salire il Monte del Calvario, a guardare al legno della Croce, a immergerci nel silenzio eloquente dell'amore. Lasciamoci dunque raggiungere da questo sguardo, che non cerca i nostri occhi ma il nostro cuore. Ascoltiamo ciò che vuole dirci, nel silenzio, oltrepassando la stessa morte. Attraverso la sacra Sindone ci giunge la Parola unica ed ultima di Dio: l'Amore fatto uomo, incarnato nella nostra storia; l'Amore misericordioso di Dio che ha preso su di sé tutto il male del mondo per liberarci dal suo dominio. Questo Volto sfigurato assomiglia a tanti volti di uomini e donne feriti da una vita non rispettosa della loro dignità, da guerre e violenze che colpiscono i più deboli". Festeggiare la Croce è mettersi dalla parte dei sofferenti, di quanti sono nell'assoluta disperazione per far sì che la gioia della redenzione portata a compimento da Gesù Cristo, mediante la sua morte in croce e la sua risurrezione, possa raggiungere ogni uomo di questa terra, dove a piantare le croci di morte e di dolore sono altri uomini che uccidono, ammazzano, distruggono, violentano, offendono, privano di ogni dignità e libertà altri fratelli che vivono su questa terra. Festeggiare la croce, è festeggiare l'amore, la gioia e la giustizia, perché su quella Croce è salito il Figlio di Dio e da quella croce ci ha dettato una lezione di amore che nessuno potrà mai uguagliare nella sostanza e nella forma. Con san Paolo Apostolo vogliamo lanciare, nel deserto spirituale di questo mondo, questo messaggio di amore e di speranza per tutti: "Di null'altro mai ci glorieremo se non della Croce di Gesù Cristo, nostro Signore: egli è la nostra salvezza, vita e risurrezione; per mezzo di lui siamo stati salvati e liberati". (cf. Gal 6,14). |