Omelia (18-04-2004) |
Monastero Janua Coeli |
Mio Signore e mio Dio L'uomo di oggi e di sempre: un infantilismo che fa fatica a morire. Come tutti i bambini che si rispettano, anche noi vorremmo vederci piovere addosso le cose belle che desideriamo, la sorprendente dolcezza di trovarci sommersi di regali, quelli chiesti segretamente per sentirci buoni. L'illusione di pregare un Dio con la bacchetta magica tra le dita non viene meno neanche di fronte alla croce. Tommaso chiede, pretende. E Dio è lì ai suoi ordini, continua a fare quello che da sempre fa: il servo. Ma perché impari ad accogliere una verità fatta carne più che la fantasia da megalomani di un Dio onnipotente, onnipresente, "onnifacente"... che ci trasmetta i suoi poteri perché la vita scorra meglio: tutti guariti, tutti sistemati, tutti allegri. Ah, questa sì che sarebbe vita. E invece nelle nostre profondità abitiamo solchi aperti di crisi, di paure, di fughe, di rivolte. Ci prenda pietà per le nostre ferite che non sono molto diverse da quelle che Tommaso ha toccato nel Corpo del suo e nostro Gesù! una pietà fatta di beatitudine, perché dimorando nella nostra vulnerabilità incontreremo lo sguardo di un Padre che attende e non ha da donarci spettacoli di potenza, ma momenti di eterna consegna. Mio Signore e mio Dio MEDITAZIONE Domande Se non vedo... non crederò. Le nostre pretese di sempre. dobbiamo renderci conto da noi, non possiamo credere a quanto ci dicono gli altri. Avrò fiducia, Signore, che l'esperienza altrui possa essere la mia? Beati quelli che pur non avendo visto crederanno! Credere ai fratelli: mi sarà mai dato? Chiave di lettura La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato... è un giorno che non ha tramonto il primo dopo il sabato. La Vita appartiene al tempo nella sua pienezza. Mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Le porte sono chiuse per timore di... i nostri timori: difendiamo a denti stretti il nostro soffio vitale, mentre lasciamo morire il nostro desiderio di incontro oltre il confine del mio e del tuo pensiero e desiderio. In questo timore, dentro questa chiusura, arriva il Signore a portare la sua presenza di pace, la pienezza di Dio! Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. Segno di riconoscimento del Figlio di Dio non è più tutta la sua persona di carne, ma le sue mani e il costato, le ferite del suo amore consumato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi». Tocca ora ai discepoli fare il percorso della figliolanza: imparare il vocabolario dell'obbedienza alla volontà del Padre che conduca alla Vita. Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Didimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dissero allora gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò». Gesù non va subito da Tommaso. Attende l'ottavo giorno, il giorno santo. In quei giorni il dubbio sarà cresciuto in lui come anche il desiderio e la curiosità.... Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!». Il rimprovero è familiare, tipico del Maestro ai suoi: l'incredulità fa spegnere la vita. Il doversi rendere conto personalmente perché la testimonianza degli altri non è sufficiente porta sì a toccare con mano la presenza di Dio, ma a non compiacere quel Padre che manda i suoi figli come parola l'uno per l'altro. Beati quelli che pur non avendo visto crederanno. Alla fede non serve il vedere: la beatitudine sta nell'apertura alla Vita. Anzi, meno si vede più si è vicini a quel Mistero di Amore che attraverso il silenzio giunge lì dove l'uomo si trova: chiuso per timore in se stesso con poche persone a lui familiari. PREGHIERA Questo è il giorno fatto dal Signore: rallegriamoci ed esultiamo in esso. Dio, il Signore è nostra luce. (salmo 117). CONTEMPLAZIONE Quando le parole dei miei fratelli diventeranno i miei occhi, ti vedrò Signore. Sì, nei loro occhi ti incontrerò. E imparerò che non posso incontrarti se non resto con loro. Tu non verrai a cercarmi, aspetterai di incontrarmi quando sarò disponibile a stare insieme agli altri, tutta povera gente come me, chiusa nel timore di ricevere torti, di essere maltrattati e uccisi. Che io possa dire come Tommaso: Mio Signore e mio Dio! quando vedrò i segni della tua croce nella carne di chi verrà a me e potrò toccare la passione degli altri come luogo di incontro con te e pienezza di Vita. Per i piccoli Oggi ci tocca fare la parte di Tommaso nel vangelo, quella che facciamo un po' sempre: non credere. Gli altri ci parlano di quello che vivono, e noi non crediamo. Perché? Perché vogliamo vedere da noi, sentire da noi... insomma non ci fidiamo. O se anche ci fidiamo, è sempre meglio che ci rendiamo conto... non si sa mai. Tommaso ascolta dagli altri che è venuto Gesù. E se poi non fosse vero? Se si fossero tutti suggestionati per il desiderio di rivedere il Maestro? Tocca a lui tutelarsi. E Gesù lo ascolta. Meno male diremmo noi, così sappiamo che gli apostoli hanno toccato le ferite delle mani e del costato, quindi.. Gesù è risorto davvero. Sì, perché siamo anche noi come Tommaso. Pensa un po' se nessuno di loro lo avesse toccato e avessero detto che lo avevano solo visto dopo i giorni della Passione e Morte. Avremmo creduto? Non avremmo avuto da ridire: Eh, se c'ero io, me lo sarei abbracciato, non sarei rimasto lì come un ebete... Noi avremmo sempre fatto meglio di chi ci parla e ci racconta la sua esperienza. Quando impareremo a fidarci? Gesù lo dice a Tommaso: Metti qua, tocca... e non essere più incredulo, ma credente! Beati quelli che pur non avendo visto crederanno. Possiamo noi dire di essere tra questi beati? Speriamo di sì. |