Omelia (09-11-2014)
fr. Massimo Rossi
Commento su Giovanni 2,13-22

La basilica di S. Giovanni in Laterano è la cattedrale del Vescovo di Roma, che presiede nella carità a tutte le chiese locali (S. Ireneo). L'anniversario della sua dedicazione, celebrato originariamente solo nell'Urbe, si commemora presso tutte le comunità di rito romano. Quest'anno, la coincidenza di questa memoria con la XXXII Domenica ci offre l'occasione per riflettere sul rapporto tra luogo sacro e fede cristiana: si sente dire spesso, anche nei nostri ambienti cattolicissimi, che, in fondo, per pregare il buon Dio, non è necessario entrare in una chiesa... e soprattutto, in tempi di crisi come il nostro, mentre milioni di persone muoiono di fame, monumenti grandiosi e supercostosi come certe chiese, simili più a un museo che a un luogo di culto, suscitano per lo meno qualche perplessità, se non addirittura lo scandalo...
Ho voluto presentare la questione all'inizio della presente omelia, per toglierla immediatamente dall'ingombro; il discorso delicato e urgente è ben più profondo e sostanziale, rispetto a questi ragionamenti, al confronto, del tutto secondari e, spesso intrisi di opportunismo.
Ogni epoca manifesta un proprio gusto in materia di architettura sacra, in rapporto con le possibilità economiche, le quali nostro malgrado, condizionano anche il gusto estetico e l'arte in genere. Ricorderete gli anni Settanta e Ottanta, quando si costruivano le chiese/garage, nei seminterrati, che ben poco sapevano di luogo sacro e molto di spazi multiuso, utili per celebrare la Messa domenicale, e ospitare le assemblee condominiali durante la settimana...
Ogni epoca esprime anche il sentimento religioso della gente! C'è un paese, in provincia di Alessandria, che si chiama Lu Monferrato, conosciuto come il paese dei campanili: ogni venti passi trovi una chiesa, con relativa torre campanaria... Nei secoli passati, soprattutto nel Rinascimento con lo sviluppo delle devozioni popolari, e la nascita delle confraternite, sorsero chiese, chiesette e chiesettine dedicate ai misteri della vita di Cristo, alla Madonna, ai santi locali... Prima ancora, in epoca paleocristiana, gli edifici di culto sorgevano sui luoghi ove, secondo la tradizione era morto un martire, o vi sera stato seppellito: un esempio per tutti, la basilica di san Pietro, eretta sulla presunta tomba dell'apostolo Pietro, tomba in realtà ritrovata proprio sotto la basilica voluta da Papa Paolo III nel 1547, su progetto di Michelangelo. Il ‘campanilismo', termine che definisce le rivalità spesso meschine, tra città, quartieri, squadre sportive... prende origine dal senso di appartenenza alla propria chiesa nativa, rappresentata appunto dal campanile.
Sempre, l'uomo ha voluto esprimere il proprio senso religioso, l'omaggio della fede, erigendo templi sontuosi, ove profondeva, e ancora profonde energie e sostanze, chiamando i migliori artisti... affinché la dimora di Dio sia degna di Dio! pensate alla Sagrada Familia di Gaudì...
A Dio, non si danno gli scarti! A Dio si dà il meglio: le primizie della terra, il bestiame più bello, le espressioni più alte dell'intelletto e dello spirito... A Dio si dà il cuore, a Dio si consacra la vita! È così che si diventa tempio del Signore, è così che si aprono le porte allo Spirito Santo, affinché entri in noi, abiti in noi e ci converta, rendendoci santi come Lui è santo.
Qualcuno potrebbe interpretare l'atteggiamento di Gesù, mentre caccia i mercanti dal tempio, come l'ennesima farneticante stramberia di un eccentrico, il delirio di onnipotenza di un folle, la deriva integralista di un posseduto... E forse gli spettatori attoniti di quel gesto pensarono questo di lui. Ci sarebbe voluta la risurrezione per rivelare la statura di quell'uomo, figlio del falegname di Nazareth; ma, almeno secondo lo schema del quarto Evangelo, siamo solo all'inizio della storia.
Beh, non c'è che dire, un inizio col botto!
Io mi sono chiesto perché l'evangelista Giovanni fa iniziare la missione del Signore proprio dalla purificazione del Tempio; se avrete la pazienza di leggere i successivi capitoli 3 e 4, lo scoprirete; del resto, anche il Concilio Vaticano II iniziò i lavori proprio dalla riforma del culto, proprio dalla liturgia: l'apostolo che Gesù amava vuole sottolineare che l'atto di culto è la relazione tra Dio e l'uomo, la relazione più stretta, più esigente e più impegnativa. Tanto Dio che l'uomo si giocano tutto nell'atto di culto! Onestamente, dovremmo confessare che, forse, l'uomo non gioca proprio tutto nell'atto di culto..., ma Dio certamente sì!
Gesù ha inaugurato un culto nuovo in spirito e verità (cfr. Gv 4), e soprattutto, ci ha rivelato che il Tempio nuovo, nel quale si può e si deve celebrare il culto nuovo (in spirito e verità) è il Suo corpo! Ecco perché dico che Dio si è giocato tutto nell'atto di culto, offrendo il Figlio in sacrificio per la remissione dei peccati di tutti.
Ora, se Dio ha dato tutto se stesso nel sacrificio dell'altare, perché noi no?
Perché rifiutiamo di portare nella nostra vita il frutto della celebrazione, invece di portare nella celebrazione le dinamiche ambigue e perverse della nostra vita?
Perché rifiutiamo di convertire il peggio che c'è in noi con il meglio di Cristo, invece di dare il peggio di noi anche nella chiesa?
Perché rifiutiamo di onorare lo Spirito Santo che è stato effuso in noi nel Battesimo, e ogni domenica nuovamente viene invocato su ciascuno, invece di metterlo a tacere nei momenti più importanti della vita, quando ci è richiesta fedeltà, perseveranza, coraggio, coerenza di vita, misericordia, pazienza, carità, umiltà, buona fede,...?
In ultima analisi, che senso ha incontrarci in questo luogo di culto, a promettere cose che appena usciti di qui non manterremo?

L'atto di culto, non è soltanto il luogo della celebrazione delle ‘milabilia Dei' delle opere di Dio; (l'atto di culto) è il luogo nel quale ognuno si assume l'impegno della fede - lo sapevate che la fede è un impegno, vero? -. In chiesa non si fa della teoria, e neppure dell'accademia!
In chiesa facciamo memoria dell'impegno che Cristo si è assunto per tutti e per ciascuno e, come risposta, ripetiamo l'impegno che noi ci siamo assunti aderendo alla fede: io ho il mio, voi avete i vostri!
L'atto di culto ha dunque una valenza profetica: annunciamo la morte e risurrezione di Cristo, ma annunciamo anche che la nostra vita è e sarà una vita da risorti, nel nome di Cristo.
La liturgia ha una valenza veritativa sulla vita di Cristo e sulla nostra vita! è nell'atto di culto che facciamo verità sui noi stessi, così come Cristo l'ha fatto su di sé istituendo l'Eucaristia e successivamente salendo sulla croce!
Non c'è libertà senza regole! le regole liturgiche sono la garanzia della nostra libertà di offrire a Dio il sacrificio della lode, ricevendo in cambio la salvezza dai peccati e un anticipo di vita eterna.