Omelia (01-11-2014) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Tutti quanti, senza distinzioni A più riprese Paolo parla di "santi" nelle sue Epistole, come quando cita i "santi che sono in Efeso" o la vedova che, fra tutte le opere degne di nota, "lava i piedi ai santi". L'apostolo ovviamente non si riferisce ai particolari personaggi da noi venerati nelle nostre chiese e raffigurati sotto forma di icone e sculture, ma si riferisce semplicemente a tutti i fratelli in Cristo. Il termine "santo" era infatti utilizzato nei primi secoli della cristianità per indicare qualsiasi credente avesse ricevuto la consacrazione battesimale e si fosse disposto a vivere la radicalità della propria donazione a Cristo e ai fratelli. In parole povere, il "santo" dei primi secoli altri non è che il cristiano che si sforza con tutti i mezzi e disinteressatamente di vivere la pienezza del vangelo, rendendosi sempre più conforme a Cristo Salvatore, essendo Questi il suo unico modello. Tutti siamo stati infatti predestinati ad essere conformi all'immagine del Figlio suo (Ef 1, 5; Rm 8, 20) e la perfezione è nostro obiettivo comune da coltivare con costanza e senza retorica e restrizione. La santità è vocazione comune di tutti i battezzati, prescindendo dai doni e dai carismi di ciascuno; è un esercizio continuo che si concretizza con la carità sincera e operosa, non senza il preventivo della fede che poggia sulla speranza e che va eseguito con costanza, premura e perseveranza e senza arrendevolezza nella contestualità del nostro mondo che procede in senso opposto, La santità non è un'ideologia o un partito, ma scaturisce da un Evento singolare e irripetibile che è quello della rivelazione di Dio e della sua incarnazione. Essa non presuppone una capacità innanzitutto umana o una prerogativa terrena, ma proviene direttamente dal dono di Dio e si configura come radicale sequela del suo Cristo. Il solo Dio che è il Santo e Ineffabile per eccellenza ci ha chiamati ad essere santi ciascuno nella propria dimensione personale e l'impegno costante di tutti i redenti è l'esercizio effettivo di questa virtù nonostante le insidie del peccato. Pietro ci esorta in una sua Lettera ad una vita irreprensibile e ben disposta per una testimonianza eloquente che metta a tacere quanti denigrano la parola del Signore e per ciò stesso ci invita ad essere "santi nella nostra condotta ad immagine del Santo che vi ha chiamati", mentre Paolo parla di predestinazione universale alla salvezza e quindi di vocazione comune alla santità sulle orme del Risorto. Non è un caso che nella prassi penitenziale dei primi secoli, a differenza di oggi si era soliti confessare solamente i peccati più gravi e non quelli minuscoli (adulterio, furto, ecc): probabilmente, nello spirito entusiastico dei cristiani dei primi tempi non vi era consuetudine di commettere peccati di piccola entità. La perfezione era considerata davvero un obiettivo di trasparenza. Oggi a codesta perfezione siamo spronati e ci viene ravvivato il ricordo di essere stati redenti da Cristo e chiamati alla santità e all'impeccabilità. La Chiesa ci rivolge questo monito per mezzo della celebrazione comune di tutti coloro che hanno guadagnato i meriti di gloria eterna appunto per essere stati eroici nella perfezione, almeno rispetto a tutti quanti gli altri: si tratta dei cosiddetti Santi, che siamo abituati a venerare nei nostri Santuari e nelle nostre icone, ai quali dedichiamo spesso processioni e pratiche che (ammettiamolo) non di rado hanno tratti di paganesimo, ma che in realtà meritano i nostri elogi e soprattutto il premio divino di eternità per essere stati in tutto, per l'appunto, conformi al Figlio di Dio. I Santi sono coloro che hanno vissuto con radicalità la realtà del Regno di Dio nelle parole e nelle opere di Cristo e che si sono conformati a lui in tutto e adesso, mentre godono il premio definitivo del banchetto dei giusti, intercedono a nostro favore e con la loro esemplarità di vita ci spronano alle virtù e alla perfezione. Particolare attenzione riscontrano nella nostra odierna devozione uomini illustri dell'agiografia recente quali P. Pio e San Giovanni Paolo II, che hanno lasciato un'impronta indelebile nella vita e nel progresso della Chiesa; un determinato rilievo assumono anche figure più lontane dai nostri tempi come S. Antonio San Francesco d'Assisi e Santa Rita da Cascia, i cui Santuari sono ambite mete di pellegrinaggi; ingiustamente però diventano sempre più impopolari uomini come S. Ignazio di Antiochia o San Tommaso D'Aquino, ai quali si deve moltissimo per l'apologetica e per riflessione attenta sui principi della nostra fede. Come pure nel dimenticatoio sembrano essere stati relegati tantissimi padri e cultori dell'ascesi e della spiritualità, la cui vita e i cui scritti costituiscono in realtà un grosso patrimonio da rivalutare. Ad alcuni Santi vengono resi omaggi e tributi, ad altri non viene neppure concessa la considerazione che a loro spetta. Mentre noi però adoperiamo differenziazioni e antagonismi meschini e melensi, forse sulla scia delle comunissime "mode" o dei costumi del momento, il Dio sommamente munifico provvede a loro concedendo la stessa misura del premio di gloria eterna esaltandoli tutti quanti senza distinzioni perché a tutti e a ciascuno di essi è indirizzato il giusto guiderdone proporzionato alla fedeltà. Nell'ottica di Dio non esistono grandi o piccole devozioni, ma piuttosto egli stesso è devoto in ugual misura a coloro che gli sono stati sempre fedeli. solennità di Tutti i Santi ci induce a guardare ad essi nella stessa prospettiva di Dio: considerare la ricchezza del patrimonio di virtù e di amore che tutti quani li caratterizza senza distinzioni. |