Omelia (01-11-2014) |
Agenzia SIR |
Gesù guarda le folle, come prima i pescatori. Davanti ha una moltitudine povera e bisognosa di salvezza che lo sta seguendo. Guarda le folle, ma parla ai discepoli che gli si sono avvicinati. Lo sguardo alle folle ora è per loro, ma dovranno ricordare la destinazione universale del Vangelo. Inizia il grande discorso della montagna, riferito al monte su cui si trovano e Gesù sembra rivolgersi a tutti quelli che s'incontreranno con lui, in ogni tempo e in ogni terra dove sarà annunciato il Vangelo. Si dice "le Beatitudini", perché otto volte torna la parola "Beato". Non è un merito conquistato, ma un dono di Dio che raggiunge l'uomo e lo fa nuovo. Le beatitudini sono l'indice della vita cristiana perché mettono insieme il dono di Dio e il volto profondo della vita cristiana. Otto parole da chiarire, illuminare e spiegare. Ci vuole una vita intera, molte vite. Ci vuole la vita di tutti i santi per spiegare il grande segreto del Figlio di Dio che le incarna tutte. Siamo davanti all'immensa Assemblea dei Santi e degli Angeli nella gloria celeste (prima lettura). Incalcolabile assemblea di comunione, di vita e di gioia stracolma. È la destinazione: per i Santi che ci hanno preceduto; per noi che siamo in cammino. Il Vangelo ci indica la via per arrivarci. Oggi è la festa della gioia dei Santi; immensamente più grande di quanto possiamo immaginare. Come un bambino prima di nascere, chiuso nell'utero materno, non può immaginare il multiforme spettacolo di questo mondo che lo attende dopo la nascita, così noi non possiamo comprendere e descrivere l'arrivo, ma solo averne un vago presentimento attraverso le esperienze di meraviglia, di amore e di gioia che qualche volta ci capita di fare e che restano frammenti: il cielo sereno, la città di pietre preziose, il giardino, il convito, le nozze, la festosa liturgia, il canto. Festa difficile, quella di oggi, in un contesto culturale chiuso in un orizzonte solo terreno, sprangato alla trascendenza. Si vive come se Dio non ci fosse, illudendoci di inseguire il piacere, la ricchezza, il potere, il successo. È come essere in un treno dimenticando di viaggiare e, soprattutto, di dove stiamo andando. Sì, perché anche noi siamo attesi in Paradiso. Commento a cura di don Angelo Sceppacerca |