Omelia (02-11-2014)
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COMMENTO ALLE LETTURE
Commento a cura di don Davide Arcangeli


La festa di Halloween, con i suoi spiritelli e le sue zucche scheletriche, risponde all'esigenza umana, avvertita in tutte le culture di ogni luogo e di ogni tempo di esorcizzare la morte. Si tratta di rievocarla per dominarla in qualche modo con una sorta di ritualità grottesca e fantastica.
Non voglio però obbedire al cliché del prete che, per dovere d'ufficio, si scaglia contro la festa demoniaca e consumista...vorrei invece ribaltare la prospettiva, per notare come questo bisogno così umano provenga in realtà da un segreto desiderio radicato più profondamente nel cuore umano: la vita eterna.
E badate bene, si tratta di un desiderio così universale, che nessun uomo può dirsene privo. Esso poi diviene sogno e speranza, generando ogni sorta di commoventi racconti e miti appassionanti, a cui gli uomini si sono affidati per esprimere l'anelito più profondo e più bello del loro cuore.
Ora potremmo chiederci: ma chi ha messo nel cuore dell'uomo questo desiderio, questa segreta speranza? Non è essa forse la traccia che davvero l'uomo è fatto per un fine assoluto e unico che ci attira da sempre? La domanda giusta non è per noi qual è e di che natura è la vita che ci attende ma, piuttosto, chi è colui al quale siamo così potentemente attirati. Anche Giobbe, che non era ebreo ma un uomo pagano, saggio e pio, messo alla prova dal dolore e dalla malattia, esprime questo desiderio di vita eterna attraverso l'immagine dell'incontro con un persona, il Redentore, che i suoi occhi finalmente vedranno.
Questo movimento di desiderio presente nell'uomo è l'orma misteriosa del Padre che ci attira all'incontro al suo Figlio Gesù, che ha vinto la morte con la potenza di vita della resurrezione.
Per il cristiano questa speranza è una persona: Gesù. Non si tratta più solo di un desiderio segreto ma della certezza che Gesù ci resuscita nell'ultimo giorno. Tutto ciò che il Padre mi dà io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Il Padre ci attira al Figlio e ci inserisce nel mistero Pasquale, nella morte e resurrezione del suo Figlio, per risorgere anche noi con lui.
La resurrezione però non è solo un evento finale, degli ultimi tempi. Inizia già adesso, come dice San Paolo, usando tre parole:
1. siamo riconciliati. Sono perdonati i nostri peccati, il nostro male che produce in noi tristezza è sconfitto per sempre per mezzo del sangue di Gesù, cioè della sua morte per amore nostro.
2. siamo salvati. La morte di Gesù è in funzione della vita, di una vita "per sempre" che si chiama salvezza. Si tratta di vivere la vita stessa di Dio, che ora può fluire in noi in pienezza, senza più l'ostacolo del peccato e del male.
2. ci gloriamo. Questa comunione d'amore è anche una gloria particolare, che ci rende famosi, perché concittadini dei santi, di una città dove per ogni nuovo entrato c'è un grido di gioia, di esultanza e di festa.
Ogni volta che un bambino viene battezzato si invoca il nome del suo patrono per celebrare un grande evento, un nuovo santo è entrato a far parte di una grande comunità, e un tifo da stadio lo accoglie e lo incita a lottare con tutte le forze, per corrispondere al dono della santità che egli ha appena ricevuto. Ogni volta che un adulto si converte e ritrova la fede che aveva abbandonato, per distrazione o superficialità, il cielo esulta perché la fama di un nuovo santo ha appena raggiunto tutti gli estremi confini dell'universo celeste. Ogni volta che un uomo muore la gloria dei santi si affretta ad incoronare colui che, passando attraverso il mistero della morte, è entrato improvvisamente in comunione con il Figlio Gesù e viene accolto dall'abbraccio del Padre.