Omelia (02-11-2014) |
don Luciano Cantini |
La Vita che ci rende vivi Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me Queste poche parole che Gesù ci ha regalato, e che il Vangelo di Giovanni ci trasmette, sono essenziali nella loro brevità, ci coinvolgono a tal punto da contemplare il Mistero della salvezza che attraversa la nostra storia; ci parlano del presente e del futuro; rafforzano la nostra fede là dove è più debole, dove l'incertezza e la paura incalzano e ci danno la sensazione di essere perduti; ci donano speranza e coraggio nell'affrontare la vita. Nella pienezza dei tempi (Cfr. Gal 4,4) Dio Padre ci dà, ci affida, al Figlio suo, a colui che è disceso dal cielo: è il supremo, immenso atto d'amore. Tutto e nulla, nella loro semplice assolutezza ci rappresentano la dimensione dell'amore di Dio che tutto dona al Figlio perché nulla vada perduto; nessuno è estraneo, escluso, messo da parte, limitato, cacciato fuori, tutto è coinvolto dalla volontà del Padre. Colui che viene a me La salvezza non distingue cattivi o buoni, peccatori o no, piuttosto discrimina tra coloro che vanno a Gesù e quelli che fanno altre scelte. L'unica cosa richiesta è orientare la propria vita, finalizzare la propria esistenza in Cristo, lasciarsi attrarre dal Figlio di Dio, conquistare da Cristo Gesù (Cfr. Fil 3,12). Gesù si racconta come disceso dal cielo, perché è volontà del Padre il suo farsi vicino all'uomo, nella sua stessa storia; Dio non è l'irraggiungibile assoluto ma il Verbo fatto carne (Gv 1,14). Come per noi umani è necessario dare vita ai figli per colmarli del nostro amore, così il Padre ha bisogno dell'uomo per riversare l'immensità del suo amore; il Figlio totalmente unito al Padre vuole che ognuno realizzi la pienezza della comunione con lui. Qui sta il punto decisivo, andare da Cristo non è la via della "divinizzazione", del superamento dell'uomo e della sua storia nella ricerca delle cose celesti, piuttosto il contrario, è la via della "umanizzazione", della incarnazione dell'uomo, della comunione nell'umanità. La Fede cristiana è una cosa molto semplice perché nella relazione con l'uomo realizza la relazione con Dio (Cfr. Mt 22,37-40) e nella accoglienza dell'uomo accoglie Dio (Cfr. Mt 25,40); è nell'umano che si scopre il divino. Proprio per questo che ci è chiesto di assumere pienamente la storia, di dare il nostro contributo alle esperienze concrete di affermazione della vita, di entrare nelle dinamiche della giustizia, della pace, della salvaguardia del creato. Che io non perda nulla Nel percorso della incarnazione, è volontà del Padre che Gesù non perda chi va a lui, niente potrà strapparlo dalla sua mano. Chi ci separerà dall'amore di Cristo? (Rm 8,35) si domanda san Paolo, neppure la morte. Sarà in quell'ultimo giorno in cui l'amore vince la morte che siamo coinvolti per la vita eterna: in quell'ultimo giorno in cui il Figlio dell'Uomo sarà innalzato da terra e attirerà tutti a sé (Cfr. Gv 12,32). Ultimo giorno, non nel senso cronologico del tempo, ma come ultimo della storia in cui la rivelazione della perfetta comunione del Figlio con il Padre raggiunge il suo compimento: «Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora conoscerete che Io Sono e che non faccio nulla da me stesso» (Gv 8,28). Trascinati nel vortice della comunione trinitaria non saremo né perduti né cacciati fuori, ma scopriremo la forza della vita eterna che già da subito ci è stata donata. Chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna Forse dobbiamo domandarci se davvero crediamo che la vita eterna è un dono che già ci appartiene, perché se crediamo veramente la vita ci deve rendere vivi e l'eternità ci deve offrire forza e coraggio nell'affrontare la quotidianità della storia. Non è il potere, né la scaltrezza, neppure la ricchezza a condurre il mondo: tutte queste cose appartengono al limite dell'uomo e lo rendono prigioniero di se stesso. La storia va avanti per coloro che già su questa terra hanno la coscienza della vita eterna. Sono coloro che «vedono» il Figlio e riconoscono i segni del suo amore, la sua misericordia, la forza che guarisce; sono coloro che «vedono» il Figlio in chi chiede di farsi prossimo perché quello stesso amore, quella stessa misericordia guarisca le sue ferite e così iniziare a «credere in lui» per vivere ogni giorno come risorti. |