Omelia (01-11-2014)
don Michele Cerutti
Commento su Matteo 5,1-12

Quando un Primo Ministro prende l'incarico, come primo atto si presenta al Parlamento per ricevere la fiducia. Ogni Primo Ministro che si rispetti presenta, per ottenere il più alto consenso possibile, un programma solitamente fatto di grandi slogan.
La stessa cosa capita a Gesù. Egli inizia il suo ministero pubblico raccoglie i suoi e poi presenta loro un progetto di vita per vedere se sono disposti a seguirlo.
Mentre il capo di governo fa slogan che possono essere i più apprezzati possibili, Gesù stravolge questa impostazione e presenta un programma alquanto difficile e strano.
Il progetto è quello delle Beatitudini, un progetto così importante che Gesù deve aver esposto in diverse occasioni. Matteo, infatti, ci dice che questo discorso fu fatto su un monte, luogo in cui Dio da sempre manifesta la sua teofania - pensiamo solo alla Legge consegnata a Mosè nel Sinai - mentre Luca presenta questo discorso in pianura.
Vuol dire che Gesù riteneva questo progetto di vita indispensabile perché definiva bene l'identikit del discepolo.
La cosa più sorprendente è che Gesù stesso ha vissuto le Beatitudini una ad una sulla sua pelle: guardiamole una ad una e mettiamole in relazione a Gesù stesso.
Beati i poveri in spirito, ovvero coloro che vivono dell'essenziale. Gesù stesso diceva a chi lo voleva seguire che il Figlio dell'uomo non aveva dove posare il capo. Sì, Gesù era instancabile e per realizzare il Regno non si legava a niente. Attenzione a letture riduttive di chi afferma una povertà indignitosa. Gesù, ci dice la Scrittura, aveva un mantello che i soldati romani non vollero dividere per la preziosità del tessuto. La povertà vissuta da Gesù vuol dire che non si legava alle cose.
Beati quelli che sono nel pianto e sono consolati. Gesù ha raccolto le lacrime di tanti uomini e donne nel corso del suo ministero pubblico e su tutti a posto la sua consolazione.
La mitezza l'ha mostrata nel momento più alto ovvero nelle ore della Passione. E' stato deriso, schiaffeggiato eppure la sua determinazione nel compiere il disegno del Padre non lo ha mai distolto e mai ha covato vendetta.
La fame e sete di giustizia lo hanno accompagnato negli anni del ministero pubblico. La difesa della prostituta che doveva essere lapidata è la dimostrazione evidente. "Chi è senza peccato scagli la prima pietra", mostrando anche vicinanza a tutti i perseguitati per la giustizia.
La misericordia è stata una costante del Suo impegno e si è espressa in maniera alta nei momenti duri della crocifissione con il ladrone pentito.
La purezza di cuore si è espresso non covando vendetta nei confronti dei discepoli che lo hanno lasciato solo, ma ricercandoli da risorto, facendoli uscire dalle tane in cui si erano rifugiati per timore dei Giudei.
Gesù ha cercato di costruire sempre la pace, anche quando i suoi lo invitavano a vendicarsi per l'inospitalità dei samaritani.
Infine Gesù mostra anche a noi come vivere la persecuzione che si presenta in molte forme.
I Santi che oggi festeggiamo ci mostrano che le strade indicate da Gesù si possono percorrere pur essendo difficili.
Questa solennità è importante perché ci indica la vocazione comune di tutti i cristiani: la santità.
Le Beatitudini hanno una finalità ben precisa: mentre ci indicano come camminare su questa terra, ci aprono le porte sulle realtà ultime, quelle che, con un termine teologico complesso, sono le realtà escatologiche.
Pensiamo a qualche nostro parente e vedremo che abbiamo avuto la fortuna di trovare sul nostro cammino i santi, perché i Santi non sono solo quelli del calendario che la Chiesa ci propone, ma sono anche la schiera innumerevoli di uomini e donne che hanno camminato accanto a noi. Quello che hanno fatto i Santi è stato mettere al centro una Beatitudine e portarla fino al massimo.
Penso ai beati Quattrocchi ed alla loro povertà di spirito che gli ha permesso di offrire i propri figli alla vita religiosa senza imporre la carriera del padre.
Beati quelli che sono nel pianto perché son consolati. Penso alle mamme di ragazzi difficili magari imbarcati nel mondo della droga: il loro pianto e la loro disperazione sono raccolti dal Signore. Il modello è Santa Monica, la madre di Sant'Agostino, che grazie al pianto della madre si converte al cristianesimo.
La beatitudine della mitezza mi fa pensare a tutti quelli che vivono il loro Cristianesimo senza tener conto delle derisioni degli altri. Penso a coloro che vivono la loro consacrazione al secolo nella vita quotidiana senza pubblicità. Penso a San Francesco che ha vissuto la sua condizione di frate in Assisi, città che lo aveva visto ragazzo della bella vita, deriso dai suoi amici che prima lo vedevano trascinatore.
La fame e sete di giustizia la vedo nel giudice Livatino che non si ferma di fronte alle minacce della mafia e pone tutta la sua attività di magistrato sotto la protezione di Maria e per compiere a fondo il suo dovere viene ucciso.
Se penso alla misericordia mi viene in mente la mamma di Maria Goretti che perdona l'uccisore della figlia.
Penso a La Pira che ha messo a disposizione il servizio politico per la pace.
Come non pensare ai medici che vengono perseguitati per la giustizia, perché si rifiutano di compiere degli aborti e si appellano all'obiezione di coscienza.
L'ultima beatitudine è per i martiri ovvero per tutti coloro che vengono perseguitati a causa di Cristo. Il pensiero corre a tante parti del mondo dove è difficile esporre la propria fede, ma penso anche ai nostri ambienti, dove la persecuzione è sottile.
Penso a don Giuseppe Rossi che nella valle di Macugnaga è stato ucciso dai tedeschi e non ha voluto lasciare il paese cercando di essere quel chicco di frumento che muore portando frutti.
Tanti esempi di Santi quelli intorno a noi e quelli proposti dalla Chiesa. Il compito nostro è farceli amici perché con la loro potente intercessione possiamo camminare sicuri verso la nostra Patria: il Paradiso.