Omelia (02-11-2014)
don Michele Cerutti


Ci troviamo oggi in una situazione del tutto diversa da quella del nostro passato sia quello remoto che quello prossimo. Il futuro oggi non è più una realtà sicura. Per l'uomo di oggi sempre più capace di costruire e modificare il futuro, esso è divenuto un problema e una domanda centrale. Se prima il futuro era totalmente nelle mani di Dio o del fato e per l'uomo restava sempre comunque una sorpresa, ora le prospettive sul futuro sono cariche di pesanti interrogativi, minacciati come ci si sente dalla possibilità dell'uomo di intervenire sul futuro.
Da sempre poi, l'uomo convive con alcune angosce fondamentali:
- l'angoscia del fato e della morte
- l'angoscia della colpa e della condanna
- l'angoscia del vuoto e della mancanza di senso
Secondo Martin Buber (filosofo tedesco di origine ebraica) l'uomo oggi è senza dimora "senza casa", e per di più ha la certezza che sarà impossibile ricostruire una sintesi globale ove egli si possa collocare, il suo destino è ora quello di errare come uno straniero. Si pensi cosa ha significato la rivoluzione copernicana, l'uomo che si credeva al centro dell'universo si è all'improvviso visto gettato come un essere insignificante nell'immensità dell'universo. Dallo sconcerto che ne segue ben si comprende la riflessione di Pascal che denuncia in modo drammatico lo smarrimento dell'uomo in un mondo improvvisamente esploso oltre la sua misura di piccolo essere pensante.
La paura della morte è giunto oggi al suo culmine più alto.
Una paura che si esorcizza: mangiamo mentre la televisione ci spara scene di morte da far paura nei telegiornali e nei film.
Ai bambini si nasconde la morte come una realtà da cui preservarli in ogni modo.
Questa Commemorazione, cadendo di domenica, ci aiuta a ricordare delle realtà oltre la morte e a ricordarei l'importanza del pregare per i nostri cari.
Come vedete, cari fratelli e sorelle, la fede cristiana introduce nella storia un modo nuovo di considerare la morte. La domanda che essa pone continuamente sul senso ultimo dell'esistenza umana, infatti, trova risposta nella promessa di Gesù di non abbandonare nessuno nel suo peccato e nella sua infelicità. Di conseguenza, la morte non è la scomparsa nel nulla, la caduta nel mondo dell'oblio. Essa, per il cristiano, si colloca nel solco della stessa morte di Cristo, in cui "rifulge a noi la speranza della beata risurrezione". La fede cristiana ci rassicura che "se ci rattrista la certezza di dover morire, ci consola la promessa dell'immortalità futura. La vita, infatti, non è tolta, ma trasformata; e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata un'abitazione eterna nel cielo".
La memoria dei nostri cari diventa dunque l'occasione per confermare la nostra fede in Cristo morto e risorto, primizia di coloro che risorgeranno, come lui stesso ci ha promesso, ed anche per rinnovare l'impegno di fare tesoro di ogni insegnamento, di ogni buon esempio, che i nostri cari defunti ci hanno lasciato come preziosa eredità, sapendo che ancora ci invitano a confidare solo nel Signore e pregano dal cielo per noi, in attesa di incontrarci e condividere il dono della comunione piena con Dio. Per questo noi confidiamo che le preghiere e la celebrazione di questa Eucaristia, per il mistero della comunione dei Santi, possano davvero portare beneficio ai nostri cari defunti ed affrettare, se ce ne fosse bisogno, il loro ingresso nel "Paradiso" di Dio, là dove saranno asciugate le loro lacime e non ci sarà più lutto o sofferenza alcuna, ma solo gioia e pace vera, piena e definitiva.
Il gesto che noi oggi ripetiamo nei confronti dei nostri cari defunti è quello di porli nelle mani di Cristo così che possa realizzarsi per ciascuno di loro ciò che dice il libro della Sapienza: "Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio e nessun tormento le toccherà".
Per lo stesso motivo anche noi ci mettiamo, insieme ai nostri cari defunti, nelle mani del Signore Gesù sapendo che ciò che gli è consegnato e gli appartiene egli non permetterà che vada perduto. Chiunque vede il Figlio e crede in lui ha la vita eterna ed egli lo risusciterà nell'ultimo giorno.
Solo la forza amorevole di queste mani ci danno sicurezza e ci consolano, solo in esse vogliamo oggi e sempre ancora confidare. Concludo con le parole belle del Cardinal Bagnasco pronunciate qualche anno fa a Genova nel cimitero di Staglieno:
"Per questo i cristiani, nei primi secoli, erano semplicemente chiamati "i viventi": anche quando la malattia incombeva sulle loro membra e la morte li ghermiva, essi erano sempre vivi perché uniti alla vita che è Cristo Gesù: "chi crede in me non morirà mai". Crediamo noi questo? C'è bisogno di credere davvero, di riscoprire la fede, di pensarla con serietà nella Chiesa, di vivere la comunità cristiana. Lasciamoci prendere da questo luogo di grazia: qui preghiamo, e qui anche riscopriamo la bellezza della vita vera e della nostra fede. Amen."