Omelia (09-11-2014) |
don Luca Garbinetto |
Ogni tanto fa bene spazzare la Chiesa! Gesù ha una passione: suo Padre! E di suo Padre gli sta a cuore tutto, come ogni figlio che si è scoperto amato dal suo genitore e lo custodisce in ogni sua cosa. Del Padre, Gesù cerca la compagnia e annuncia il Regno che viene. Del Padre compie la volontà in ogni istante e ama frequentare i suoi prediletti: i poveri. Del Padre, Gesù ama la casa, il tempio di pietre e sudore che ne raccoglie i figli stanchi ed oppressi. Per i poveri di Israele, tornati stremati dall'esilio, il tempio significava infatti la fedeltà di Dio, la provvidente sua presenza che non svanisce nonostante le dure prove della vita, la signoria su tutta la storia. È fra i poveri di Israele, gli anawim, che Gesù scopre come anche il Padre ha una passione, che sono proprio loro: i derelitti del suo popolo, coloro che non hanno altro a cui appoggiarsi se non la roccia di Yahvé. Ecco perché per Gesù il tempio è la casa del Padre suo: perché è il luogo in cui i prediletti del Padre suo sperano ancora di trovare ristoro e speranza, nel mezzo di una esistenza in cui la violenza e il sopruso segna così spesso una sorte triste e dolorosa per gli ultimi della terra. Il tempio, come casa del Padre, esiste per restituire all'umanità un ordine giusto, per richiamare alla fraterna condivisione, per ripristinare la solidarietà che è frutto della compassione. Nel tempio, l'uomo, posto di fronte alla memoria viva del suo Dio che è Padre e della comunità dei suoi fratelli, è richiamato alla verità di se stesso e della propria religione: ‘religio' significa legame, non separazione; vincolo, non distacco; relazione, non isolamento. Nel tempio, l'assemblea convocata non ammette discriminazioni e classi: le uniche classi che esistono sono quelle del servizio, e chi più è in vista più è chiamato a essere servo. Ecco perché è necessario difendere il tempio dalla logica commerciale, che fa di tutto una questione di prezzo e di compravendita. Come se si potesse vendere e acquistare la dignità di essere figlio del Dio a cui il tempio rimanda, fratello dell'uomo che si inginocchia a venerare il Padre! La logica del mercato, purtroppo, si insinua terribile nella mentalità religiosa anche oggi. C'è chi spende energie e ricchezze nel mal uso della lingua e nell'ambizione di comando. Ma è anche un tempo in cui si sentono disprezzare le istituzioni e i palazzi, e che in realtà rinvigorisce subdole gerarchie di potere in gruppi autoreferenziali e spesso alla mercé di qualche leader narcisista. La compravendita delle cose dello spirito e l'apparente innocuità di fasulle pratiche di benessere è un'altra tentazione insidiosa come la bilancia dei mercanti del tempio, che non si lasciava scappare nemmeno la decima sul comino e la rucola. Oggi, per Gesù, restituire alla casa del Padre la sua giusta dimensione significa certamente fare verità sull'autentico edificio che ne accoglie la Parola di Vita. La Chiesa, che Egli ha voluto come continuatrice della sua missione nel mondo, è l'assemblea convocata attorno al vescovo, in comunione con il suo presbiterio e i suoi diaconi, in cui ogni battezzato vive, annuncia e celebra la propria affascinante identità di figlio e fratello. È una famiglia che abbraccia la terra fino agli estremi confini, unendo le tante comunità sparse ovunque e presiedute nella carità dal vescovo di Roma - di cui oggi ricordiamo la dedicazione del tempio. È una comunità gerarchica e fraterna, che ha bisogno estremo di simboli, e per questo ama la bellezza, che è sinonimo di gratuità. I sacramenti sono l'inno alla gratuità di Dio, che spande l'abbondanza della Sua Grazia in coloro che lo accolgono come Padre, e continua a diffondere l'inesauribile vitalità sgorgata dal cuore squarciato nella passione del Figlio Gesù. Difendere la dignità della casa del Padre, anche nelle sue necessarie incarnazioni storiche, significa dunque restituire ai suoi poveri il diritto di sentirsi comodi dentro il tempio. Che sia una piccola cappella delle terre di prima evangelizzazione oppure un garage delle grandi periferie cittadine; che sia la decorosa chiesa di una parrocchia tradizionale oppure l'affascinante bellezza di un'opera d'arte di sfoggio antico: ciò che conta è che i poveri, prediletti dal Padre, si riscoprano lì dentro membri di diritto della Chiesa. Perché lì riconoscono e celebrano con tutti i fratelli di essere al centro dell'attenzione tenera e compassionevole dell'intera famiglia, non come puri destinatari di elemosine, ma quali vivi e vivaci protagonisti e costruttori di futuro. A volte non bastano gli anni che scorrono a rendere sufficientemente accogliente e calda una comunità cristiana, perché si insinua il virus della divisione, della critica, dell'invidia. Lo zelo appassionato del Figlio torna quindi a far memoria per noi che si può sempre ricominciare a fare pulizia, a rimettere ordine, a ripulire gli scalini dell'onore e del merito. A tal scopo, prendere in mano la scopa e contribuire, con umiltà, a risistemare i banchi e le sedie del nostro tempio serve a volte molto di più che preparare una ricercata omelia o leggere una sontuosa meditazione sulla diaconia della Chiesa. Ad ogni pastore del gregge di Yahvé, a ogni appassionato cercatore della volontà del Padre, a ogni instancabile custode della gratuità, l'augurio di fare questa ordinaria esperienza fianco a fianco con la più semplice delle figlie della Chiesa. |