Commento su Is 9,1-6; Sal 95; Tt 2,11-14; Lc 2,1-14
Questa notte rinasce per noi, secondo la tradizione cristiana, Gesù il Salvatore. Questo significa avere nel cuore una goccia dell'amore di quel Bambino, che è venuto per amarci, senza tirarsi indietro di fronte all'indifferenza di chi non lo ha accolto o non ha trovato un posto per lui, come spesso accade oggi che non c'è posto per gli stranieri nelle nostre città. Egli ci dona il suo amore gratuito che non chiede contropartita, che si accontenta di una stalla pur di starci vicino. È questo l'amore di cui abbiamo bisogno, che ci faccia aprire il cuore e che faccia nascere in noi il desiderio di ascoltarlo e di seguire i suoi insegnamenti.
Le letture ci dicono che quando si ascolta la Parola e la si accoglie, la fede ci fa camminare nelle tenebre. Se questa Parola poi viene calata nella nostra vita, essa ci fa muovere come accadde quella notte ai pastori. Questo cammino si trasforma in un incontro che nella notte di Natale diventa vero, perché il Verbo si è fatto carne, ma non come possiamo immaginare noi, ma in un bambino piccolo e fragile che deve crescere.
Il brano di Isaia ci parla di una grande "luce" che è scesa sulla terra. Il Profeta ci presenta la figura di un liberatore che reca con sé i doni della luce, della gioia e della liberazione, per un popolo che è nelle tenebre e non ha più speranza. Finalmente quella luce è arrivata: è nato il figlio di Dio, Gesù, venuto a portare la gioia e la pace, che devono nascere in primo luogo nel nostro cuore per poi propagarsi a tutti quelli che incontriamo ogni giorno in famiglia, negli ambienti di lavoro, nelle nostre comunità, nella Chiesa.
Dio, che si è fatto come noi per farci come lui, ci offre questo bambino che è anche figlio nostro; noi dobbiamo riconoscerlo, amarlo, curarlo, sostenerlo e farlo crescere, per poi vedere in prospettiva quello che sarà. Oggi il verbo si fa carne per aiutarci a crescere ogni giorno.
Per questo il salmista ci invita, nel ritornello, a cantare ed esultare per annunciare le meraviglie che ha fatto il Signore, nei cieli, sulla terra: tutto il creato è in festa per la sua venuta!
La lettera di San Paolo a Tito è di un'attualità straordinaria: la grazia di Dio ci insegna a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo. Tre virtù che oggi ci mettono continuamente alla prova, spesso con difficoltà. Chiediamo allora a Gesù bambino che nasce di aiutarci ad accogliere questa grazia che Dio ci dona.
Ai tempi di Gesù era difficile riconoscere la propria identità, ovvero fare presente al mondo e alle istituzioni che si esisteva, che si era nati. Cesare Augusto ordinò che si facesse un censimento, ossia che ogni persona si recasse nella propria città per confermare la propria esistenza.
Anche Giuseppe con la sua famiglia, la moglie Maria ed il piccolo pargolo nel pancione, salirono dalla Galilea, precisamente dalla città di Nazareth fino in Giudea nella città di Betlemme, 150 Km a dorso di un asino. Questo "censimento" per l'imperatore è segno di controllo e di potenza, invece Dio lo utilizza per farsi presente nell'umanità con il segno di questo bambino che è accoglienza, amore, speranza per tutti gli uomini della terra che sono venuti e che verranno. Infatti proprio in quei giorni nacque il bambino chiamato Gesù che, non avendo trovato alloggio, fu deposto in una mangiatoia, divenuta un letto caldo, comodo e accogliente per un bambino. Un riparo, un posto sicuro ed è proprio da questa mangiatoia che il figlio di Dio, fatto uomo, ha fatto sentire i suoi primi vagiti.
Anche i pastori con i loro greggi si accorsero di un cambiamento, c'era un clima speciale, una atmosfera diversa. Un'armonia nel cuore e nell'aria, come quelle dolci melodie che seguono il movimento di un presepio. Si dice che arrivò un angelo celeste, forse proprio l'angelo Gabriele, ad annunciare la nascita, la venuta del messia, del Salvatore (Cristo). Era quindi nato qualcuno di veramente importante.
Commentando questo brano del Vangelo, Papa Francesco nella sua recente esortazione apostolica Evangelii Gaudium scrive: "La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall'isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia. [...] Invito ogni cristiano, in qualsiasi luogo e situazione si trovi, a rinnovare oggi stesso il suo incontro personale con Gesù Cristo o, almeno, a prendere la decisione di lasciarsi incontrare da Lui, di cercarlo ogni giorno senza sosta".
Accodiamoci allora anche noi ai pastori, gente semplice, un po' emarginata, per poter vedere il Natale con occhi nuovi, per essere capaci di riconoscere il segno che già è dentro la nostra vita. Forse la nostra situazione potrà non cambiare, ma può e deve cambiare il nostro modo di leggerla, per riuscire a scorgervi ciò che racchiude in germe.
Sarebbe bello che per almeno una volta il Natale, in ogni famiglia, non fosse solo lo scambio di doni o una festa attorno ad un tavolo imbandito, ma lo scambio di doni "relazionali", di doni fatti da un sorriso, da un grazie, da un perdono, da un'accoglienza, da una lacrima di gioia, da una carezza, confezionati con la parola "Amore"... perché il Natale duri trecentosessantacinque giorni all'anno.
Auguri.
Per la riflessione di coppia e di famiglia.
L'apostolo Paolo dichiara che la grazia di Dio ci insegna a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo. Domandiamoci allora:
- Sobrietà: quanto siamo capaci di rinunciare al superfluo, alle cose di moda, a ciò che ci viene propinato dalla pubblicità? E quanto facciamo perché la sobrietà diventi uno stile di vita per la nostra famiglia per poter condividere con chi non ha?
- Giustizia: quanto ci diamo veramente da fare perché la prevaricazione del più forte sul più debole sia denunciata, perché le leggi ingiuste siano bandite dal nostro paese "cristiano", perché il diritto a una vita più dignitosa sia davvero per tutti?
- Pietà: quanto sappiamo condividere le sofferenze con chi si trova in difficoltà, senza chiedere nulla, senza pregiudizi, cioè quello che papa Francesco chiama tenerezza, attenzione e mettere la persona al primo posto?
Don Oreste, Anna e Carlo - CPM Torino