Commento su Nm 24, 2-5; 15-17
«Oracolo di Balaam, figlio di Beor, e oracolo dell'uomo dall'occhio penetrante, oracolo di chi ode le parole di Dio, di chi vede la visione dell'Onnipotente, cade e gli è tolto il velo dagli occhi. Come sono belle le tue tende, Giacobbe, le tue dimore, Israele! [...] Io lo vedo, ma non ora, io lo contemplo, ma non da vicino: una stella spunta da Giacobbe uno scettro sorge da Israele».
Nm 24, 2-5; 15-17
Come vivere questa Parola?
L'oracolo di Balaam riportato brevemente nella prima lettura di oggi, accende la nostra gioia e la nostra speranza nell'attesa trepida del santo Natale che si avvicina, perché ci fa intravvedere all'orizzonte una stella che spunta luminosa da Giacobbe. I nostri occhi sono dunque rivolti costantemente verso la luce di quella stella che viene a illuminarci!
Balaam era un indovino pagano che viene chiamato da Balak, re di Moab, per maledire a nome suo il popolo d'Israele prima della battaglia. Il re temeva che quel popolo fosse una minaccia per il suo regno. Ma interviene Dio e Balaam è messo nell'impossibilità di pronunciare parole di maledizione, non lo può in alcun modo. Anche se volesse maledire, le parole che escono dalla sua bocca sono soltanto benedizione. «Come sono belle le tue tende, Giacobbe, le tue dimore, Israele! (v.5).
Ecco un primo grande insegnamento che ci viene in questo tempo di Avvento da un indovino pagano: far sì che dalla nostra bocca non esca mai nessuna parola di maledizione per nessuno, ma imparare a pronunciare sempre parole di benedizione per i nostri fratelli e sorelle che incontriamo.
Ma lo Spirito compie attraverso Balaam una cosa ancora più grande: egli, infatti, predice l'avvento di un personaggio misterioso, il quale spunta da Giacobbe come stella luminosa. È questo uno dei primi oracoli che la tradizione biblica ha poi riletto in chiave messianica, fino all' affermazione del Cristo stesso nell'ultimo libro della Bibbia: «Io sono la stella radiosa del mattino»
(Ap 22,16). Preghiamo con la Liturgia:
«O Astro che sorgi, splendore della luce eterna, sole di giustizia: vieni, illumina chi giace nelle tenebre e nell'ombra di morte» (Antifona O, dai vespri del 21 dicembre: Liturgia della ore vol I, p. 352). Anche Ignazio di Antiochia è un autorevole testimone di questa antica tradizione. Infatti, nel suo celebre "Inno della stella" riportato sotto, in uno squarcio poetico di grande effetto, vede brillare nel cielo un astro più luminoso di tutti gli altri: l'Uomo Nuovo, il Cristo Signore, Figlio di Dio e della Vergine Maria.
La voce di un grande Vescovo e Martire
«Un astro nel cielo brillò più di tutti gli astri.
E la sua luce era indicibile, e la sua novità destò stupore.
Tutte le altre stelle insieme col sole e la luna facevano coro intorno all'astro.
Ma esso era superiore a tutte con la sua luce»
Ignazio di Antiochia, agli Efesini 19, 1-2
Don Ferdinando Bergamelli - SDBf.bergamelli@tiscali.it
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