Omelia (25-12-2014) |
dom Luigi Gioia |
Oggi è nato per voi il Salvatore Anche noi in questa notte di Natale siamo un popolo nelle tenebre. Nella notte ci incamminiamo per recarci nelle nostre chiese, ed è una cosa inconsueta. Generalmente ci andiamo la domenica alla luce del sole, invece per Natale ci incamminiamo nel cuore della notte. Anche a noi, ad un certo punto, appare la luce - è il momento nel quale intoniamo il Gloria: Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini che Dio ama. Le nostre chiese si riempiono di luce, suonano le campane, un evento gioioso si rende presente. E' il momento nel quale - come dice la seconda lettura - appare per noi la grazia di Dio. Appare per noi, cioè si manifesta, si fa vedere la grazia di Dio. "Grazia di Dio" vuol dire dono di Dio, ma vuol anche dire bellezza di Dio. Quale dono il Signore ci fa, quale bellezza vediamo? Che apparizione abbiamo? Quando la gloria di Dio appariva nell'Antico Testamento, c'erano lampi, tuoni, suono di tromba. Tutti nascondevano la faccia ed avevano paura, proprio come i pastori del vangelo di questa notte. Qui invece, il segno che ci è dato è triplice: un bambino in una mangiatoia, uno straniero, un povero. Il Signore della storia, questo Dio che può tutto, lo vediamo qui, in questo contesto, apparentemente in balia degli eventi della storia. C'è un censimento che obbliga Maria e Giuseppe a lasciare la sicurezza di Nazareth, per recarsi in un luogo straniero e ostile proprio nel momento in cui Maria deve partorire. I genitori di Gesù si trovano in una situazione di emigrati, si trovano lontani dalla loro patria, e appunto perché stranieri suscitano sospetto, sono messi da parte, sono oggetto di pregiudizi: Da Nazareth può venire qualcosa di buono? Tutto questo succede nel momento di più grande fragilità, di più grande bisogno: proprio quando Maria deve partorire si trova lontana da casa, sola con Giuseppe, rifiutata. In cosa tutto ciò manifesta la gloria, la grazia, la bellezza, il dono di Dio? In cosa, attraverso eventi così tristi, vediamo la bellezza di Dio? Tutto dipende dall'immagine che ci facciamo di Dio. Pensiamo a lui come un Dio potente, come ad un imperatore romano che scomoda il mondo intero per misurare l'ampiezza del suo potere, facendo questo censimento, così da poter contare quanti milioni di sudditi ha e soprattutto può determinare quante tasse far pagare loro? Oppure l'idea che abbiamo di Dio è quella di un Dio di cui avere paura, come i pastori che sono presi da grande timore? O ancora abbiamo l'idea di un giudice inflessibile che, quando pecchiamo, è pronto a punirci? Oppure di un Dio lontano, che è difficile da raggiungere, che forse neanche ci ascolta? Non c'è niente di bello, niente di grazioso in un tale Dio che in realtà è un riflesso dell'uomo, della sua idea di Dio, è un idolo. Dio si è chiesto: "Come posso far percepire agli uomini la mia vera bellezza, cioè il mio amore per loro? Come posso far capire loro che vengo non per giudicarli, ma per salvarli, non per infierire su di loro, ma per curare le loro ferite, non per rimproverare loro le loro colpe, ma per liberarli dalla colpevolezza, dal peso che grava sulle loro spalle?" Dio si è chiesto: "Come posso far capire agli uomini qual è la mia vera bellezza? Aiutarli a superare i loro idoli, l'immagine falsa che si fanno di me?". Ebbene, quando Dio si è chiesto queste cose, ciò che ha deciso di fare, il modo nel quale ha deciso di farsi vedere, di apparire a noi - il modo nel quale la grazia, la bellezza di Dio ci è apparsa, è stato quello paradossale di un bambino, di un bambino immobilizzato in fasce, in una mangiatoia, pronto a farsi cibo per noi, cioè tutto offerto a noi, dono per noi. E poi, un bambino nella situazione di straniero. Infine, un bambino in una situazione di povertà. Che cosa straordinaria questa! Ce lo siamo ripetuti, lo abbiamo sentito tante volte, ma non lo avremo mai meditato abbastanza: il luogo che Dio ha scelto per farsi uomo è stato quello dell'emarginazione, della povertà. E' stato un luogo di rifugio, di riparo, perché non era voluto lì dove vivevano gli altri. E' questo il Signore. E' questo il Dio potente: sulle sue spalle c'è il potere. Grande sarà il suo potere. Però non è il potere che immaginiamo noi, quello che schiaccia, quello che pesa. E' il potere di colui che conquista per mezzo della sua debolezza. Che cosa c'è di potente, di bello, in un bambino immobilizzato in fasce in una mangiatoia? C'è di potente il fatto che questa notte, tutti celebriamo la sua nascita. Pensiamoci: 2000 anni fa nasceva un bambino da genitori sconosciuti, in un luogo sconosciuto, emarginato, povero, straniero, e da allora ne celebriamo ogni anno la nascita. C'è di potente il fatto che questo bambino fa rinascere in noi la speranza, il desiderio di cambiare la nostra vita, di ritornare al Signore, il pentimento. E' spesso questa la notte, l'occasione nella quale tutti o quasi tutti ci confessiamo, ci riconciliamo con Dio o piuttosto ci lasciamo riconciliare con lui. C'è di potente il fatto che vedendo Dio rendersi così indifeso, muto, inerme, siamo spiazzati - la nostra immagine, il nostro idolo di Dio è infranto. C'è di potente che di fronte a un Dio che si fa piccolo in questo modo, non sappiamo, non possiamo, non vogliamo più resistere. Un bambino ispira tenerezza per un po', ma poi ci si fa l'abitudine. Questo Dio-bambino invece, ha sconvolto la storia e ci commuove, ci seduce, ci scomoda nel cuore della notte, a mezzanotte, ci conquista da duemila anni. Questo bambino con le braccia aperte, questo Dio impotente, come può essere lui il salvatore? Eppure lo è. E' il salvatore, perché Dio non vince con la forza, ma con la persuasione. Non vince con la violenza, ma con la dolcezza. Non vince con la punizione, ma con il perdono e la misericordia. Questo bambino, questo Dio-bambino ci ripete: "Non abbiate paura. Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi darò riposo. Imparate da me che sono mite e umile di cuore". Ci ripete: "Non abbiate paura di chi è in una situazione di povertà. Non abbiate paura dello straniero, dell'immigrato". La crisi che attraversiamo, manipolata purtroppo da potenti spinte demagogiche, gioca sulle preoccupazioni normali cercando di esasperarle. Vuole farci avere paura di tutto ed in particolare di coloro che sono più inermi e poveri intorno a noi, e spesso proprio dello straniero e dell'immigrato. Vuole che li rigettiamo, che li rifiutiamo. Vuole perpetuare quello che in questa notte è stato fatto subire a Maria, a Giuseppe e a Gesù. Vuole ripetere la storia di duemila anni fa: non c'era posto per lui. Vuole condurci, ancora oggi, a rifiutare di accogliere Cristo: ogni volta che avrete rifiutato il povero, l'immigrato, lo straniero, avete rifiutato me. |