Omelia (06-01-2015)
don Giovanni Berti
Un presepe senza confini

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La tradizione del presepe a casa mia c'è sempre stata. Quando mancava una decina di giorni a Natale si iniziavano a sistemare le semplici scenografie con la capanna, le casette, il ponticello e l'immancabile palazzo di Erode a Gerusalemme, aggiungendo poi il fondale e tutte le statuine. Ma non proprio tutte. Infatti la notte di Natale si aggiungeva Gesù bambino e in seguito quelle dei tre re magi.
Sono sempre stare queste ultime statuine le mie preferite, perché aggiungevano alla scena preparata qualcosa di movimentato e per me molto affascinante!
Infatti una volta sistemate le statuine e tutto il resto, nulla più veniva mosso e il presepe aveva un aspetto ovviamente molto statico, se non fosse per i giochi luminosi delle piccole luci decorative. L'unico movimento era proprio quello dei magi, che in maniera molto giocosa collocavamo fin dall'inizio, ma non nello spazio del presepe, ma fuori, con un movimento di avvicinamento progressivo e imprevedibile. Capitava di sistemarli su una porta in alto, oppure di trovarli più vicini ma in basso sul pavimento, oppure su un mobile, nascosti da un vaso. Ognuno di noi si divertiva a spostarli avvicinandoli pian piano alla scena, ma sempre fuori fino al 6 gennaio, quando sarebbero entrati e avrebbero avuto il posto più vicino a Gesù rispetto tutti gli altri personaggi.
L'evangelista Matteo ci racconta proprio così la nascita di Gesù. L'evangelista Luca ci presenta i pastori tra i primi ad accorrere dal bambino, avvertiti da un angelo, per poi ripartire a portare a tutti l'annuncio. Matteo sembra davvero "osare" di più, richiamando attorno alla Sacra Famiglia questi misteriosi personaggi che vengono da lontano e guidati da una stella e da un misterioso invito («Dov'è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo»)
Questi osservatori di stelle, mezzo astrologi e mezzo astronomi, la cui fede è misteriosa e di cui non si sa nulla se non che non sono del luogo, fanno un lungo viaggio mossi da un invito luminoso e estremamente attraente. Il loro cammino affronta molte difficoltà, non prima quella del lungo cammino mosso da pochi indizi e anche la difficoltà di una Gerusalemme tutto sommato ostile e di poco aiuto per loro.
Ma è la gioia "la benzina" che muove le loro gambe e non li scoraggia, ed è una gioia che non calerà anche di fronte ad un re dei giudei tutto sommato inaspettato rispetto alle aspettative di come dovrebbe essere un re. E finita la loro visita ripartono ancor più decisi e ispirati non più da una stella ma da un sogno rivelatore, che nella bibbia è segno della voce di Dio che parla al cuore. Sono cresciuti anche nella fede e nella conoscenza di Dio che ora parla loro in modo più chiaro e intimo.
E' davvero affascinante questo loro venire da lontano, fuori dagli schemi e imprevisti (e imprevedibili). La scena del Natale con questi magi ci racconta fin da subito che l'evento Gesù non si ferma a pochi eletti, ma fa diventare ogni essere umano eletto davanti a Dio e protagonista della sua storia di Salvezza.
Per il Vangelo la scena del presepe quindi si espande e coinvolge tutta la terra, ogni essere umano, da qualsiasi periferia del mondo e dell'esperienza umana provenga.
Quando facevamo il presepe a casa, appena concluse le feste natalizie, smontavamo tutto rimettendo scenografie e statuine nelle scatole fino al Natale successivo. Il gioco del progressivo avvicinamento dei magi non veniva fatto anche per la loro partenza e viaggio di ritorno (come è raccontato nel Vangelo), ma pensandoci sarebbe stato bello farlo, per completare il messaggio dell'Epifania, cioè della Manifestazione del Signore a tutti i popoli.
Ma se i presepi di gesso, legno o plastica rimangono un bel segno smontabile a fine feste, il messaggio di un presepe che non ha più barrire e che si espande fino agli estremi confini della terra lo possiamo tenere installato per sempre nel nostro cuore e nello stile della nostra vita di fede e comunitaria.

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