Omelia (06-01-2015)
CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie)
Commento su Is 60,1-6; Sal 71; Ef 3,2-3.5-6; Mt 2,1-12

Epifania è una parola che deriva dal greco e che significa rivelazione, manifestazione. Ma cosa rivela o manifesta questa festa liturgica? L'epifania è la solennità che celebra liturgicamente la manifestazione di Gesù ai Magi, ideali rappresentanti, non di un singolo popolo, ma di tutti i popoli della terra. Da dove venivano e da quale popolo non è chiaro.

Gli Evangeli raccontano che provenivano dall'oriente e che furono guidati da una stella.

Alcuni studiosi reputano che fossero dei sacerdoti di Zoroastro. Altri, giacché al tempo di Gesù, venivano chiamati Magi non solo i sacerdoti ma anche astrologi o maghi d'oriente, gli ritengono astrologi. Ma se stiamo al Vangelo di Matteo essi sono dei saggi pagani che partecipano al mistero della nascita di Gesù.

Oro, incenso e mirra sono profumi provenienti dall'Arabia, anch'essi sono testimonianza di un riconoscimento e di una salvezza universale. Attraverso questi tre elementi la chiesa ha visto il segno del Re, del sommo sacerdote e nella mirra, usata per imbalsamare, l'annuncio della morte e della resurrezione.


Nel tempo questa festività ha subito un processo di degradazione e da "Epifania" è diventata "Befana", cioè si fa beffe di noi costringendoci ad asservirci al consumismo, diventare multi nazionali dipendenti, come impone la politica della globalizzazione.

Considerata dal punto di vista liturgico, l'epifania è la solennità che corona tutto il tempo natalizio: la grande luce proveniente dal Figlio dell'eterno Padre dei cristiani, il messia degli israeliti, il Re dei re dei regnanti (Erode), il Dio di tutti gli uomini, senza alcuna distinzione.


La prima lettura è tratta dal c. 60 del libro del secondo Isaia, se non di lui personalmente certamente di un suo discepolo. Il capitolo non offre spunti per porlo in un determinato periodo storico. Con linguaggio poetico il profeta contempla il mondo immerso nelle tenebre in contrapposizione la città di Gerusalemme, quella messianica, investita dalla gloria divina perché centro mondiale del culto divino. Gerusalemme è, dal profeta, invitata a risorgere e a trasfigurarsi nello splendore di una "luce" abbagliante che gli viene dalla "gloria di Jahweh". Le tenebre che "ricoprono la terra e l'oscurità -che- avvolge i popoli", sono un metafora della mancanza della salvezza nel quale si trovano i popoli pagani. Il profeta invita il popolo a osservare le schiere di dispersi che fanno ritorno a Gerusalemme nonché l'infinito numero di carovane, di cammelli e dromedari di Madian e Efa' che giungono da Saba, portando oro, per i vasi sacri per il culto e incenso per le cerimonie del tempio di Gerusalemme. Inoltre le innumerevoli navi da trasporto che portano i tesori delle città marinare della Grecia e della Fenicia. In fine Gerusalemme è una madre che irradia felicità per il ritorno dei suoi figli e delle sue figlie: " i tuoi figli vengono da lontano, e le tue figlie sono portate in braccio.


Il salmista fa elogio del re che governa "con giustizia il... popolo e i...poveri con rettitudine". A questo re che, oggi contempliamo in una mangiatoia, tutti i popoli della terra renderanno onore e lo adoreranno.


In questi pochi vv. della lettera agli Efesini, san Paolo si rivolge ai destinatarie suo scritto, ricordando loro, il campo apostolico affidatogli da Dio a favore dei pagani, missione che loro, gli Efesini, ben conoscono, il cui fine è quello di riunire l'universo intero nel mistero di Cristo. Il mistero di Cristo consiste nell'inclusione degli ex-gentili e degli ex-ebrei nel corpo di Cristo, la Chiesa. Dopo la rivelazione di Cristo non ci sono più né giudei né greci ma membri di un medesimo corpo che beneficano delle stesse promesse. Questa unione di popoli, apportatrice di pace tra gli uomini, da essi desiderata ma mai realizzata, ora, con la venuta di Gesù, è alla nostra portata.


L'episodio dei magi, che oggi leggiamo nella liturgia, lo si trova solamente nel vangelo di Matteo, il cui secondo capitolo inizia così: " Nato Gesù a Betlemme di Giuda, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: "Dov'è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella, e siamo venuti ad adorarlo".

Matteo, abbiamo detto altrove, è certamente un ebreo che conosce molto bene la Scrittura e pertanto, il suo, è un Vangelo ricco di citazioni, di allusioni e di rimandi all'Antico Testamento. Nella benedizione di Giacobbe a Giuda leggiamo in Gn 49,10: " Non sarà tolto lo scettro da Giuda né il bastone del comando tra i suoi piedi, finché verrà colui al quale esso appartiene e a cui è dovuta l'obbedienza dei popoli". Ma questa profezia non è la sola che sta sullo sfondo del racconto. C'è anche la benedizione del profeta pagano Balaam, chiamato dal re di Moab per maledire Israele, ma che finisce, per intercessione divina, per benedirlo: " una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele " (Nm 24,17). Matteo ama citare avvenimenti e episodi della vita di Gesù come realizzazioni di antiche profezie contenute nell'Antico Testamento. Per quanto concerne la profezia di Balaam essa è di origine certamente pagana. Pertanto è facile che questa profezia la conoscessero anche i Maggi i quali allorché videro la stella conclusero che essa era il segno che era nato il gran re e decisero di andare in cerca di questo grande re, per offrigli doni degni Lui. Così, oggi come ieri, spesso sono gli altri a riconoscere in Gesù il messia, mentre per i suoi è solo una provocazione. Come del resto lo fu Gesù per Erode e gli abitanti di Gerusalemme.


Revisione di vita

- È anche per noi, oggi, Gesù una provocazione che ci lascia indifferenti?

- La stella che è sorta crediamo che sia sorta sol per gli altri e noi stiamo indifferenti?

- Quale è il nostro attaccamento alla verità? È una conoscenza soltanto oppure impegna il nostro essere per farla conoscere almeno ai nostri vicini?


Marinela ed Efisio Murgia - Cagliari