Omelia (11-01-2015) |
fr. Massimo Rossi |
Eccoci ad una nuova epifania di Dio: al battesimo di Gesù nelle acque del Giordano, intervengono due ospiti d'eccezione, niente meno che il Padreterno e lo Spirito Santo. Il giorno del Battesimo è un giorno importante per la vita di un uomo, è il giorno più importante; è cosa buona e giusta, che in un giorno così siano presenti le persone più care, quelle più importanti per la vita del neofita... Il Padre di Gesù non poteva mancare, con il suo Amore straordinario, talmente straordinario da assumete i connotati di una Persona... appunto, lo Spirito Santo. La versione riportata dall'evangelista Marco è concorde a quella di Luca, ma diversa rispetto a quelle di Matteo e Giovanni: mentre, nelle prime due, la voce dal Cielo parla direttamente e soltanto a Gesù, Matteo e Giovanni raccontano che il Padre parla a coloro che assistono al fatto; la teofania è dunque perfetta in Matteo e Giovanni, mentre Marco e Luca preferiscono sottolineare l'unione delle tre Persone che dialogano, per così dire, nel cerchio della Trinità, nell'intimità e nel segreto della loro relazione d'amore. Sappiamo tuttavia che questa relazione intima e segreta è una relazione feconda, la quale produce niente meno che la vita del mondo e di tutto ciò che esiste, così come canta Giovanni nel prologo del suo Vangelo. Ma torniamo sulle rive del Giordano: Gesù partecipa fisicamente all'evento, ma la sua presenza è del tutto silenziosa, passiva: Gesù lascia fare; il Padre parla, lo Spirito Santo spingerà subito dopo il Figlio di Dio nel deserto, ove dovrà misurarsi con il grande seduttore, il mentitore per eccellenza, satana. Tuttavia anche Gesù ci dà una lezione fondamentale, nonostante l'inerzia apparente: il Signore ci insegna a lasciar fare. Proprio Lui che è figlio di Dio, Dio in persona, dice al Battista e anche a noi: "Lascia fare, per ora! deve compiersi ogni giustizia." (cfr. Mt 3,15). Il senso e il fine del battesimo è quello di ricevere ufficialmente il mandato (di Dio) ad annunciare il Vangelo, con le parole, ma soprattutto con la testimonianza di fede vissuta fino in fondo, anche a costo della vita. A questo limite estremo del sangue si fa allusione, neanche troppo implicita, proprio nel racconto delle tentazioni di Gesù nel deserto: Marco riduce la vicenda all'osso: "Subito dopo lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e vi rimase quaranta giorni, tentato da satana; stava con le fiere e gli angeli lo servivano.". Matteo, invece, si dilunga, riportando un articolato dialogo tra il Figlio di Dio e il tentatore, e Luca conclude dicendo che allora il diavolo si allontanò per ritornare al tempo fissato. Sappiamo che il tempo fissato è l'ora della Passione. Senza voler demonizzare le realtà terrene, è piuttosto la constatazione realistica della fatica di perseverare nella fede, a motivo di tutto ciò che rema contro la fede: fatti, parole, persone,... Io non sono tra quelli che vedono il diavolo dappertutto... personalmente del diavolo non parlo mai, non perché non ci creda, ma perché la vita è talmente breve e il tempo corre talmente veloce, che ritengo sia più intelligente spenderlo parlando di Dio e di Gesù Cristo. E poi, parlando del diavolo, gli facciamo reclame... e ogni reclame, positiva o negativa, alimenta la curiosità, suscita interesse, attira l'attenzione... Un po' come la cronaca nera che appare sui quotidiani: un giornale che non riporti almeno una brutta notizia in prima pagina, con tanto di foto raccapriccianti, non vende... La cronaca bianca, invece, lo sappiamo tutti, non fa scena e se non fa scena, non interessa, non è eccitante, è addirittura noiosa! E così, basta che meno del 2% dei preti si macchi di crimini infami, e tutti i predi diventano persone delle quali è meglio non fidarsi troppo... Dell'altro 98% si tace. Lo stesso accade quando si parla e si scrive sulla famiglia, sull'onestà professionale degli impiegati statali, sulla serietà e competenza dei medici, sul valore educativo della scuola italiana, sulla forza edificante della nonviolenza... Non ho ancora detto che con la solennità del battesimo del Signore, termina il tempo di Natale. Da domani riprende il Tempo Ordinario. Analogamente accade a Gesù, tornato al suo paese, dopo il battesimo e la prova delle tentazioni: comincia, o meglio, riprende la vita quotidiana: l'Uomo delle Beatitudini comincia a parlare, insegna nelle piazze, ai crocicchi delle strade, predica nelle sinagoghe, opera guarigioni, familiarizza con pubblicani e prostitute... Finché qualcuno si accorge di lui. O forse è il contrario: è lui che si accorge di qualcuno e lo chiama a seguirlo... L'ideale della vita comune covava nel cuore di Gesù fin dall'inizio della sua vita pubblica: il disegno concepito all'interno della Trinità di chiamare l'uomo, tutti gli uomini a partecipare, a condividere lo stesso rapporto di amore fecondo che lega tra loro le tre Persone divine. Questo progetto diventa la Chiesa e la Chiesa si diffonde...una vera maledizione, una vera pandemia, per qualcuno - dai Romani in giù -... Per noi che, invece, dopo venti secoli, crediamo ancora nel Vangelo, la Chiesa rappresenta e manifesta la Gloria di Dio incarnata nell'uomo vivente! Questa è la dignità della Chiesa, questa è anche la dignità di ogni cristiano (che appartiene alla Chiesa). Consapevoli dunque di questa dignità, e chiamati a manifestare anche noi la presenza di Dio nel mondo, ritorniamo dunque alla vita consueta! Forse avrei dovuto dirlo prima di Natale, ma anche ora non è troppo tardi: le solennità che abbiamo celebrato rappresentano una full immersion, un tempo forte, come lo chiama la liturgia, per abbeverarci, per saziarci dei misteri di Cristo, esattamente come il tempo di Pasqua; ora non ci resta che portare al mondo la grazia che abbiamo attinto in questi misteri. Citando Raoul Follerau, "Cristo non ha mani, Cristo non ha piedi, Cristo non ha voce... ha soltanto le nostre mani, i nostri piedi, le nostre voci...". |